Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 148 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 148 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a TAURIANOVA il 05/09/1977
COGNOME NOME nato a SCIDO il 30/08/1980
avverso il decreto del 18/08/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Con decreto in data 9 luglio 2024 la Corte di appello di Reggio Calabria, in parziale riforma del decreto del Tribunale di quella stessa città in data 8 febbraio 2023, che aveva disposto nei confronti del proposto NOME COGNOME e della terza interessata NOME COGNOME la confisca di prevenzione della somma di Euro 281.690,00 e del libretto di deposito di risparmio nominativo n. NUMERO_DOCUMENTO, intestato a NOME COGNOME, ha disposto il dissequestro e la restituzione alla predetta terza interessata del libretto deposito nominativo di risparmio, confermando nel resto l’appellato decreto.
Il decreto emesso all’esito del giudizio di appello è stato impugnato con distinti ricorsi per cassazione, sottoscritti dai loro difensori di fiducia, da NOME COGNOME e da NOME COGNOME unitamente alla terza interessata NOME COGNOME
2.1. Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME sottoscritto digitalmente dal suo difensore e procuratore speciale, Avv. NOME COGNOME consta di due motivi (enunciati nei limiti stabiliti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.).
Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 193 cod. proc. pen. e il vizio motivazione illogica, contraddittoria – da travisamento delle evidenze poste a fondamento del provvedimento di prevenzione – e carente con riguardo al profilo della pericolosità sociale del proposto.
E’ dedotto che il giudice di appello avrebbe persistito nell’error in procedendo nel quale era incorso il giudice di primo grado, valorizzando gli elementi indiziari desunti da un procedimento penale (2169/2017 RGNR della DDA di Reggio Calabria DDA) i cui esiti erano tanto opinabili da avere comportato – in disparte, una diatriba sulla competenza tra la Procura della Repubblica di Reggio Calabria e quella di Palmi – una tardiva emissione dell’avviso di conclusione delle indagini (che aveva avuto luogo solo 1’11 novembre 2022) nei confronti del ricorrente, indagato per i delitti di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/1 commessi dal 2015 al 2016: opinabilità riverberatasi sul procedimento di prevenzione, nel quale erano, dunque, confluiti elementi desunti da mere informative di Polizia Giudiziaria e, come tali, non sottoposti al sindacato di alcun giudice quanto alla loro valenza indiziaria. In ogni caso, gli elementi predetti non sarebbero dotati della efficacia dimostrativa necessaria per dar conto della pericolosità sociale del ricorrente, come comprovato dall’annullamento del provvedimento di sequestro probatorio degli stessi beni sottoposti a confisca di prevenzione, disposto da questa Corte.
Il secondo motivo denuncia i medesimi vizi eccepiti con il primo motivo ma con riferimento al profilo della sussistenza dei requisiti per disporre la confisca di prevenzion del denaro rinvenuto nell’abitazione dei coniugi COGNOME–COGNOME.
E’ dedotto che il decreto impugnato sarebbe il frutto, quanto all’asserita sperequazione esistente tra l’ammontare della somma di denaro in contanti detenuta dal proposto e l’entità dei redditi leciti suoi e del proprio nucleo familiare, di un’errata valutazione d indici ISTAT e dei dati evincibili dalle dichiarazioni dei redditi posti a base d comparazione: segnatamente, i giudici della prevenzione sarebbero incorsi nel travisamento dei dati restituiti dalla documentazione versata in atti (erogazioni dell’AIMA, redditi da lavoro dipendente del proposto quale bracciante agricolo, redditi erogati dall’amministratore giudiziario dei terreni, risparmi personali, regali avuti in occasione d matrimonio, finanziamenti accesi da NOME, madre di NOME COGNOME, e NOME COGNOME, suocera del proposto), con la quale il ricorrente, in adempimento del proprio onere di allegazione, aveva dimostrato come la somma sequestratagli fosse di provenienza lecita o, comunque, proporzionata rispetto ai leciti introiti del suo nucleo familiare nell’arco temporale ricompreso tra il 2013 e il 2016; ciò, tanto più che l provenienza illecita del denaro e la sproporzione tra il valore dei beni posseduti dal soggetto socialmente pericoloso e i suoi redditi leciti costituiscono requisiti alternativi e concorrenti della confisca di prevenzione.
2.2. Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME sottoscritto digitalmente dal loro difensore di fiducia, Avv. NOME COGNOME consta di un solo motivo (enunciato nei limiti stabiliti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.) censure.
Con la prima censura sono denunciati la violazione degli artt. 125, comma 3, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e degli artt. 4 e ss. d.lgs. n. 159 del 2011 e, ai sen dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione carente manifestamente illogica e contraddittoria in riferimento al profilo della pericolosità socia di NOME COGNOME.
Le deduzioni cui il motivo è affidato riproducono sostanzialmente il contenuto di quelle sviluppate nel primo motivo del ricorso nell’interesse di NOME COGNOME sottoscritto dall’Avvocato NOME COGNOME Le stesse sottolineano, in particolare, come il decreto impugnato sia corredato da motivazione apparente, perché espressiva di una mancata disamina critica da parte della Corte di appello dei profili di doglianza evidenziati d soggetti incisi con il loro gravame; profili attinenti all’inutilizzabilità nel procedime prevenzione di elementi desunti da atti di polizia giudiziaria giammai sottoposti al vaglio d un’autorità giudiziaria e, comunque, privi di efficacia dimostrativa anche in seno a tale
procedimento, come comprovato dall’annullamento disposto da questa Corte del decreto di sequestro probatorio dei medesimi beni attinti da confisca di prevenzione.
Con la seconda censura è denunciata la totale carenza di motivazione in ordine alle contestazioni oggetto di gravame in punto di sussistenza dei requisiti della confisca: ciò con specifico riferimento al profilo della sperequazione tra i valori sequestrati ai coniug COGNOME – COGNOME ed i redditi leciti sui quali costoro potevano contare, posto che la difesa, in adempimento dell’onere di allegazione gravante sui soggetti incisi da una misura di prevenzione reale, aveva dimostrato in maniera completa e congrua come il denaro liquido sequestrato, detenuto dai coniugi predetti presso la loro abitazione, fosse di provenienza lecita e costituisse frutto del loro risparmio, custodito con le modalità descritte in atti in ragione del loro arretrato retaggio culturale e dell’intento di sottrarlo ad eventuali azi esecutive.
Con requisitoria in data 31 ottobre 2023, il Procuratore Generale presso questa Suprema Corte, in persona del Sostituto, Dottor NOME COGNOME ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Va preliminarmente rilevato come il ricorso presentato dall’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse della terza interessata NOME COGNOME non sia corredato dalla richiesta procura speciale, risultando, piuttosto, dall’atto in data 30 luglio 20 allegato al ricorso in originale, sottoscritto dalla predetta Avvocato, che la ricorrente si limitata a nominare l’Avvocato NOME COGNOME «quale difensore di fiducia» conferendole «ogni e più ampio mandato difensivo come per legge compreso quello di proporre impugnazione avverso il decreto n. 88/2024 emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria, Sezione Misure di Prevenzione».
Deve, al riguardo, farsi applicazione del principio di diritto secondo cui «È inammissibile il ricorso per cassazione proposto, avverso il decreto che dispone la misura di prevenzione della confisca, dal difensore del terzo interessato non munito di procura speciale, ex art. 100, cod. proc. pen.; né, in tal caso, può trovare applicazion disposizione di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. civ., per la regolarizzazione de di rappresentanza» (Sez. U, n. 47239 del 30/10/2014, Rv. 260894).
Ciò posto, va rilevato che entrambi i ricorsi nell’interesse di NOME COGNOME sono inammissibili, perché affidati a motivi non consentiti e, comunque, manifestamente infondati.
2.1. E’ destituita di giuridico fondamento l’eccezione di inutilizzabilità nel procedimento di prevenzione degli elementi di prova desunti dagli atti di indagine (come compendiati in informative di reato), compiuti sul conto di NOME COGNOME, indiziato del delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, con il ruolo d corriere delle stesse, e di vari reati-scopo (commessi tra il giugno 2015 e l’aprile 2016), nell’ambito del procedimento penale 2169/2017 R.G.N.R. D.D.A. presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, conclusosi con il rinvio a giudizio di Barca in data 26 febbraio 2024; eccezione sviluppata con il primo motivo del ricorso nell’interesse del solo Barca, tramite il richiamo alla violazione dell’art. 193 cod. proc. pen., e con il primo moti nell’interesse di entrambi i ricorrenti, tramite il richiamo alla violazione degli artt. artt comma 3 e 546, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. e degli artt. 4 e ss. d.lgs. n. 159 del 2011.
Invero, i giudici della prevenzione non sono incorsi in alcun errore di diritto, posto ch è pacifico il principio secondo cui, ai fini della formulazione del giudizio di pericolos funzionale all’adozione di misure di prevenzione, è legittimo avvalersi di elementi di prova o indiziari tratti da procedimenti penali, anche nel caso di processi definiti con sentenza d assoluzione irrevocabile, a condizione che degli stessi non sia effettuata una rilettura in termini del tutto divergenti sul piano del loro significato, valorizzandoli in chi accusatoria secondo criteri già giudicati incongrui nel processo penale (Sez. 2, n. 19880 del 29/03/2019, Rv. 276917; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Rv. 266364). E’, infatti, regola iuris unanimemente riconosciuta come vigente in materia quella secondo cui, in tema di misure di prevenzione, il giudice, attesa l’autonomia tra processo penale e procedimento di prevenzione, può valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale, al fine di giungere ad un’affermazione di pericolosità generica del proposto ex art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non solo in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato o di pronuncia di non doversi procedere, ma anche a seguito di sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., ove risultino delineati, con sufficiente chiarezza e nella loro oggettività, quei fatti che, ritenuti insufficienti – nel merito o per preclusioni processuali – per una condanna penale, possono, comunque, essere posti alla base di un giudizio di pericolosità (Sez. 2, n. 15704 del 25/01/2023, Rv. 284488; Sez. 2, n. 4191 del 11/01/2022, Rv. 282655): questo perché
– si è spiegato – l’elevato standard di legalità richiesto dalla giurisprudenza costituzionale per il procedimento di prevenzione, si riflette, non tanto sulle modalità di accertamento, quanto sull’oggetto della verifica di pericolosità generica, che deve appuntarsi sull’esistenza di elementi di fatto individuabili con adeguata precisione e puntualità.
Precisione e puntualità nell’individuazione e nella descrizione degli elementi di fatto, desunti dal procedimento penale dianzi indicato (il possesso da parte del proposto di una considerevole somma di denaro, tenuta occultata nella propria abitazione, composta da banconote di vario taglio e contenuta in involucri di plastica sottovuoto avvolti da nastro da imballaggio; i timbri sul passaporto del proposto attestanti visti in entrata e in usci per e dal Sud-America nell’anno 2015, luogo notoriamente conosciuto come fonte di approvvigionamento di grandi quantità di cocaina; i sequestri di droga a carico dei correi NOME COGNOME in data 12 giugno 2015, e NOME COGNOME in data 20 gennaio 2016, rispettivamente nipote e fratello del proposto; il contenuto delle intercettazioni telefonic e ambientali immediatamente successive al sequestro della somma, nel corso delle quali NOME COGNOME manifestava grande preoccupazione alla coniuge, NOME COGNOME anche in ordine al sequestro del suo passaporto e disprezzo nei confronti delle Forze dell’Ordine, elaborando con costei strategie atte a giustificare il possesso di denaro in contante di rilevante ammontare, quali prestiti familiari; il contenuto dell’intercettazi di conversazione telefonica nella quale NOME COGNOME riferiva ad un interlocutore ignoto che il fratello NOME COGNOME si era dato alla latitanza e che il denaro che gli era stat sequestrato non era di sua proprietà poiché “li teneva così, glieli ha portati, era pronto pe partire, in quel momento si stava preparando per partire”; il contenuto dell’intercettazione ambientale di conversazione nel corso della quale il carrozziere COGNOME riferendosi alla Fiat Bravo targata TARGA_VEICOLO in uso al proposto, indicata come “la macchina che faceva il servizio”, esplicitava la necessità di ripristinarla nell’originario assetto e cancellar modifiche apportate al veicolo per occultare la droga; il contenuto dell’intercettazione della conversazione intrattenuta dal proposto con tale NOME COGNOME dopo la scoperta di una cimice all’interno della macchina Fiat Bravo in suo uso, nel corso della quale COGNOME gli proponeva di utilizzare per i suoi spostamenti un’altra autovettura definita “più sicura l’utilizzo di una scheda telefonica statunitense da parte di NOME COGNOME rinvenuta inserita nel suo apparecchio telefonico mobile mentre egli era in procinto di partire in treno alla volta di Milano dalla stazione di Gioia Tauro; il contenuto dei tabulati telefonici de predetta scheda telefonica statunitense, che restituiva il dato di numerosi contatti con altre schede emesse da gestori americani; il contenuto dell’intercettazione della conversazione intrattenuta dal proposto con tale Emanuele, in cui il primo affermava che era meglio Corte di Cassazione – copia non ufficiale
programmare i percorsi con i treni perché “con i treni è più sicuro”; il contenuto dell’intercettazione della conversazione intrattenuta dal proposto con la moglie, in cui NOME COGNOME le riferiva di volere aiutare il fratello detenuto, NOME, ma di non poterlo fare agevolmente perché i soldi che aveva in casa non erano i suoi, così da non poterne disporre liberamente; l’annullamento con rinvio, disposto da questa Corte con sentenza del 7 giugno 2022, del decreto di sequestro adottato nel procedimento penale n.2169/2016, avente ad oggetto le medesime somme di denaro sottoposte a confisca di prevenzione, motivato dal difetto di adeguata motivazione in ordine alle esigenze probatorie che ne avevano giustificato l’adozione) che emergono ictu oculi dal tenore del provvedimento qui censurato e che sono tali da dar conto dell’esistenza di dati indiziari altamente sintomatici della pericolosità sociale del proposto, quale soggetto stabilmente inserito in un circuito organizzato di traffico di sostanze stupefacenti con il ruolo di corriere.
2.2. Né possono trovare ingresso in questa sede i rilievi di apparenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione sollevati nell’interesse di NOME COGNOME con il primo motivo dei ricorsi rispettivamente sottoscritti dall’Avvocato NOME COGNOME e dall’Avvocato NOME COGNOME
Premesso che, per quanto esposto nel punto che precede, il decreto impugnato non è affetto dal vizio di motivazione apparente, essendo tale solo quella che sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali e da decisive deduzioni difensive o che si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno dell decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Rv. 263100; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, Rv. 279435; Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Rv. 279284; Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Rv. 270080), va ricordato come il diritto vivente si sia espresso affermando che, nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3-ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575, di modo che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’ lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014,
Repaci, Rv. 260246). Da ciò consegue che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, come nel caso di specie.
3. Le doglianze in punto di sussistenza dei requisiti per disporre la confisca di prevenzione del denaro rinvenuto nell’abitazione dei coniugi COGNOME, articolate, sotto l’egida del vizio di violazione di legge e del vizio di motivazione, con il secondo motiv del ricorso nell’interesse di NOME COGNOME a firma dell’Avvocato NOME COGNOME e con il secondo motivo del ricorso nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME a firma dell’Avvocato NOME COGNOME, esulano dalla possibilità di sindacato di questa Corte, vuoi perché affidate a deduzioni – quelle che eccepiscono il travisamento degli elementi di fatto desumibili dalla documentazione prodotta dai ricorrenti ovvero l’incongruo utilizzo dei criteri di valutazione della sperequazione esistente tra i valori nella disponibi del proposto e i redditi leciti di questi e del suo nucleo familiare (segnatamente, gli indi ISTAT suscettibili di dispiegare una diversa valenza in riferimento alle spese delle famiglie dell’Italia meridionale) – non consentite (per quanto ricordato al punto 2.2. della part ‘Considerato in diritto’ della presente motivazione, cui si fa integrale e recettizio rinv vuoi perché manifestamente infondate.
In effetti il ragionamento sotteso al giudizio di sproporzione tra la somma di denaro oggetto della misura di prevenzione e le capacità reddituali del ricorrente NOME COGNOME e del suo nucleo familiare (per come ricostruibile dalla motivazione del provvedimento impugnato, che si è fatta carico di indicare le ragioni per le quali i documenti prodotti dal difesa non offrivano alcun elemento decisivo, atto, cioè, a scardinare i pilatri dell valutazione sul punto effettuata dal Tribunale: ossia, la pluriennale e costante disponibilit da parte dei coniugi COGNOMECOGNOME di redditi, risultanti dalle relative dichiarazioni, mala pena sufficienti per assicurare il sostentamento del loro nucleo familiare; l’assenza di evidenze indiscutibilmente atte a comprovare l’effettiva erogazione in favore di NOME COGNOME dall’AIMA per gli anni 1999-2004 di contributi agricoli per l’ammontare complessivo di Euro 108.805,58, a fronte di attendibili evidenze di segno contrario acquisite nell’ambito degli accertamenti effettuati in seno al procedimento di prevenzione; l’assenza di elementi di prova attestanti il riscatto di polizze assicurative contratte dai soggetti incisi e versamento dei relativi premi periodici; la labiale esistenza di regalie e donazioni familiari non esibisce alcun profilo di arbitrarietà e dimostra che il giudice censurato si è attenuto a
principio di diritto secondo cui, ai fini dell’applicabilità della misura della confisca di patrimoniali nella disponibilità di persone socialmente pericolose, è sufficiente che sussistano una sproporzione tra le disponibilità e i redditi denunciati dal proposto ovvero indizi idonei a lasciar desumere in modo fondato che i beni dei quali si chiede la confisca costituiscano il reimpiego dei proventi di attività illecite e che il proposto non sia riusci dimostrare la legittima provenienza del danaro utilizzato per l’acquisto di tali beni (Sez U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, COGNOME, in motivazione).
Ne viene che, nel caso al vaglio, in cui la Corte territoriale ha dato atto della inidoneit degli elementi adotti dal proposto e dalla terza interessata a costituire giustificazione del provenienza lecita della somma di Euro 281.690,00, occultata all’interno della loro abitazione casa e contenuta in involucri di plastica sottovuoto avvolti da nastro da imballaggio, non si è verificata alcuna inversione dell’onere della prova, perché è la legge stessa che ricollega a fatti sintomatici la presunzione di illecita provenienza dei beni, ch può essere vinta dal proposto con l’allegazione di elementi di segno contrario, come affermato dal diritto vivente con l’enunciazione del principio secondo cui, in tema di confisca di prevenzione, anche a seguito delle modifiche apportate all’art. 2-ter, comma terzo, primo periodo, della legge n. 575 del 1965, dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, spetta alla parte pubblica l’onere della prova della sproporzione tra beni patrimoniali e capacità reddituale del soggetto nonché della illecita provenienza dei beni, dimostrabile anche in base a presunzioni, mentre è riconosciuta al proposto la facoltà di offrire prova contraria. (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 2626061).
S’impone, pertanto, la dichiarazione d’inammissibilità dei ricorsi, cui consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 26/11/2024.