Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8119 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8119 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Roma COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Roma
avverso il decreto del 18/04/2023 della Corte di appello di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 18/04/2023 la Corte di appello di Roma ha confermato quello del Tribunale di Roma in data 24/10/2022, integrato da provvedimento del 03/11/2022, con cui è stata applicata a NOME COGNOME la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni due con obbligo di soggiorno nel comune di Roma ed è stata disposta la confisca di
prevenzione nei confronti del predetto di una somma giacente su conto cointestato al predetto e a NOME COGNOME, di un motoveicolo intestato a NOME COGNOME, della somma di euro 77,445,00, di collane, anelli, orologi, bracciali e uno smartphone, di un libretto di risparmio.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 1 e 4 d.lgs. 159 del 2011.
La pericolosità qualificata era stata ancorata alle risultanze del procedimento penale 4194/12 e alla partecipazione ad un clan COGNOME, di fatto inesistente, non essendo stata comunque verificata l’attualità.
L’unico reato idoneo ad essere valutato ai fini della misura di prevenzione era quello di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. 309 del 1990, per cui era stata inflitta condanna nel procedimento denominato “Hampa”, mentre la successiva ordinanza di custodia cautelare riguardava episodi di cessione e non era connessa con l’altro procedimento.
Relativamente al delitto di estorsione il ricorrente era stato assolto nel giudizio di appello, ferma restando l’esclusione del metodo mafioso.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in ordine al requisito dell’attualità della pericolosità.
L’attualità avrebbe dovuto essere verificata al momento dell’applicazione della misura, non essendo sufficiente la mera potenzialità e occorrendo che la stessa fosse desumibile da comportamenti in atto, mentre i profili di pericolosità valorizzati nel provvedimento impugnato si fermavano al 2014, indebitamente essendo stati valutati elementi acquisiti in sede di perquisizione nel dicembre 2020, non sintomatici di attività in itinere.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione ai presupposti della confisca ex art. 24 d.lgs. 159 del 2011.
Con riferimento a beni e somme di denaro la difesa aveva fornito elementi specifici, da cui poter desumere la legittimità degli stessi, in particolare con riguardo al conto corrente Unicredit cointestato con il fratello NOME, all’orologi Rolex, alla collana e agli orecchini con brillanti, appartenenti ai genitori del proposto.
Il Tribunale aveva dissequestrato solo una parte della somma giacente sul conto corrente, ma senza confrontarsi con le censure formulate.
Non era stato dimostrato che i beni preziosi fossero pervenuti illegittimamente nella disponibilità del ricorrente e non erano stati considerati gli elementi fattuali, volti a dimostrare che i beni appartenevano originariamente ai genitori, ravvisandosi per questa parte mancanza o apparenza di motivazione.
Relativamente al conto cointestato Unicredit era stato dedotto che per la parte non dissequestrata erano stati effettuati versamenti a mezzo assegni e non in contanti, ma la Corte aveva ritenuto insufficiente tale allegazione al fine di dimostrare la lecita provenienza, quando invece la difesa aveva dimostrato la causa lecita delle operazioni.
Relativamente al motoveicolo era stato dedotto che era stata utilizzata la provvista giacente sullo stesso conto, mentre la Corte aveva rilevato che la difesa non aveva dimostrato la liceità della provenienza delle somme, non comprendendo il senso della doglianza, incentrata sul fatto che si era finito per confiscare non solo la somma di euro 26.698,47, giacente sul conto, ma la complessiva somma di euro 35.698,47, proveniente dallo stesso conto e in parte destinata all’acquisto del veicolo, quando era stato quantificato in euro 26.698,47 l’importo non giustificato.
Orologio, collana ed orecchini erano appartenuti ai genitori ed erano state acquisite fotografie e testimonianze sul punto, ma i giudici avevano reputato le allegazioni inidonee ad attestare la provenienza lecita e il provvedimento impugnato si era limitato ad affermare che era esaustiva la valutazione del Tribunale, stante l’insufficienza delle dichiarazioni dei parenti circa l’appartenenza dei preziosi ai genitori e circa la liceità dell’acquisto.
Censura il ricorrente tale giudizio, non potendosi far riferimento all’insufficienza patrimoniale del terzo, ma dovendosi dimostrare l’effettiva riconducibilità del bene al proposto.
Inoltre, si era rilevato che la pericolosità del proposto era stata fatta risalir al 2006, mentre collana ed orecchini si assumevano acquistati in occasione delle nozze di argento dei genitori, cioè negli anni ’90, profilo non valutato.
Censura, infine, il ricorrente la confisca del libretto di risparmio 000045688025.
A fronte della mancanza di motivazione del decreto di primo grado, la Corte aveva ribadito la confisca, rilevando che la difesa non aveva giustificato la provenienza lecita della provvista, quando era stato segnalato che il libretto era stato aperto nel 2015 alla morte del padre con una somma proveniente da altro conto intestato al padre e al fratello del ricorrente.
Ha presentato ricorso NOME COGNOME tramite il suo difensore.
Con unico motivo denuncia violazione di legge in relazione ai presupposti per la confisca di prevenzione.
Propone quale terzo interessato argomenti corrispondenti a quelli di NOME COGNOME COGNOME ordine alla confisca del conto corrente cointestato e alla confisca del
motoveicolo, nonché in ordine alla confisca dell’orologio, della collana e degli orecchini, appartenuti ai genitori.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha inviato la requisitoria, concludendo per l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi del ricorso di NOME COGNOME sono inammissibili, perché generici e manifestamente infondati.
La Corte, peraltro richiamando l’analisi compiuta dal Tribunale, ha rilevato come il ricorrente sia inquadrabile nella figura soggettiva di pericolosità qualificata, di cui all’art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 159 del 2011, e come, in ogni caso, egli risulti soggetto che vive di proventi di attività delittuosa lucrogenetica, in assenza di una diversa fonte di reddito.
In particolare si è dato rilievo ai fatti che hanno condotto alla pronuncia di sentenza di condanna anche per il reato di partecipazione ad associazione dedita al narcotraffico, in un quadro di relazioni che vedono il ricorrente vicino a NOME e NOME COGNOME, ritenuti esponenti di primario rilievo del crimine organizzato, e alla circostanza che in sede di recente esecuzione di ordinanza applicativa di custodia cautelare per reati in materia di stupefacenti, siano stati rinvenuti a seguito di perquisizione sia denaro e valori sia un blocchetto di appunti con nomi e somme di denaro, oltre che un foglietto di carta con l’indicazione di persone e luoghi in Olanda: considerate la rilevanza delle somme poste accanto ai nomi indicati nel blocchetto e l’assenza di lecita attività lavorativa del ricorrente, si è non illogicamente ritenuto che il materiale rinvenuto fosse idoneo ad attestare la continuità dell’attività delittuosa del ricorrente, tale da suffragare non solo l sua appartenenza a categoria criminologica tipizzata, ma anche l’attualità della sua pericolosità, al momento dell’applicazione della misura di prevenzione.
A fronte di ciò i motivi di ricorso prospettano una diversa natura e datazione delle attività illecite, ma senza confrontarsi con la valenza degli elementi valorizzati nel provvedimento impugnato, idonei a dar conto di una persistente attività delittuosa lucrogenetica, non limitata ad iniziative individuali ma calata in un più ampio contesto.
Relativamente al terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME e al ricorso di NOME COGNOME, aventi ad oggetto la misura di prevenzione patrimoniale, deve in primo luogo rimarcarsi che la Corte, ribadendo quanto osservato dal Tribunale, ha ritenuto che i beni confiscati dovessero considerarsi nella disponibilità di NOME
COGNOME e che ricadessero nell’ambito temporale della ravvisata pericolosità del predetto, essendo inoltre manifesta la sproporzione reddituale, a fronte della pressoché totale mancanza di redditi leciti da parte del proposto e del suo nucleo familiare.
Deve inoltre rimarcarsi come NOME COGNOME abbia proposto ricorso quale terzo interessato, ciò che peraltro assume concretezza solo con riguardo al conto corrente cointestato, le deduzioni del predetto risultando per il resto inammissibili per difetto di interesse.
In concreto è stata prospettata una violazione di legge con riguardo alla confisca del conto cointestato, del motoveicolo, dell’orologio Rolex, dei monili e del conto di risparmio.
Orbene, con riguardo al conto il Tribunale, avendo preso atto del saldo, aveva provveduto a restituire una parte, confiscando il residuo, pari ad euro 26.698,47, in quanto non idoneamente giustificato dal riscontro di entrate lecitamente acquisite.
La Corte, a fronte delle deduzioni difensive, ha rilevato come il conto fosse alimentato da entrate di cui non era stata attestata la liceità e come non valesse a dimostrare il contrario la produzione di assegni versati sul conto, in assenza di concreta dimostrazione della relativa causale.
Posto che in materia di misure di prevenzione il ricorso è consentito solo per violazione di legge, comprensiva dell’assenza o della mera apparenza della motivazione (sul punto Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246), deve ritenersi che nel caso di specie la motivazione del provvedimento impugnato in parte qua non possa dirsi assente o solo apparente, risultando al contrario coerente con il dato probatorio, a fronte delle deduzioni difensive.
Quanto al motoveicolo, intestato a NOME COGNOME, da ritenersi al riguardo unico interessato, è stato prospettato che lo stesso era stato acquistato con fondi provenienti dal conto citato, cosicché la confisca della solo residua somma di euro 26.698,47 avrebbe dovuto comportare il riconoscimento della liceità della provvista per tutto il resto.
Si tratta in realtà di argomentazione inidonea a vulnerare il decisivo rilievo dell’assenza di risorse lecite in capo al ricorrente, tali da giustificare l’acquisto d ciclomotore: non è sufficiente il rilievo della provenienza della somma dal conto, che in realtà era alimentato, secondo la ricostruzione dei Giudici di merito, da entrate di cui non era stata comprovata la liceità, al di là di quanto ritenuto con
riguardo al saldo, di cui solo una minima parte è stata considerata residuo di una provvista lecita.
Con riguardo all’orologio e ai monili, le deduzioni difensive risultano infondate.
E’ stato prospettato sulla base di alcuni dati probatori che i beni fossero appartenuti ai genitori del ricorrente.
Ma i Giudici di merito hanno ritenuto che le dichiarazioni dei parenti non fossero idonee a dimostrare che i beni fossero stati lecitamente acquisiti.
In tale prospettiva è stato dato conto della sicura disponibilità degli stessi da parte del ricorrente e si è in particolare rilevato come gli oggetti, di ingente valore, fossero stati rinvenuti unitamente ad una cospicua somma di denaro in sede di perquisizione e come gli stessi fossero occultati sotto il camino in una cavernetta, insieme con altri oggetti di valore.
Alla luce di tale elemento, tale da contestualizzare specificamente, nell’attualità, la disponibilità di quei beni, si è aggiunto che i genitori del ricorren disponevano a loro volta di redditi modesti, ben potendo dunque operare nel quadro di stretti rapporti familiari una presunzione di riferibilità di quei beni a proposto.
Deve in proposito osservarsi che, come correttamente rileva il ricorrente, il giudizio di sproporzione va pur sempre effettuato con riferimento ai redditi del proposto: ma nel caso di specie, la sproporzione ha assunto un indiretto rilievo probatorio, sul piano sintomatico, costituendo il riscontro della effettiva riferibilit dei beni a risorse illecite di cui poteva disporre il proposto.
Su tali basi il ragionamento alla base della disposta confisca si sottrae alle censure difensive, essendo il risultato di una motivazione non apparente, con cui è stata reputata subvalente la concludenza delle prove difensivamente invocate, ed è stata suffragata la sussistenza dei presupposti della confisca di prevenzione.
Con riguardo, infine, al conto di risparmio deve rimarcarsi l’apparenza della motivazione, limitata all’assunto della mancata dimostrazione della lecita provenienza, che pretermette l’esame delle deduzioni difensive.
In conclusione si impone l’annullamento del provvedimento impugnato limitatamente al conto di risparmio, con rinvio per nuovo giudizio su tale punto alla Corte di appello di Roma.
Il ricorso di NOME COGNOME va rigettato nel resto, mentre quello di NOME COGNOME, deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla
causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro tremila in favore de Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Annulla il decreto impugnato limitatamente alla confisca del libretto d deposito, rinviando per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Roma Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME NOME.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e lo condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 23/01/2024