Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14695 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14695 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME, nato a Bari il DATA_NASCITA
NOME, nata a Bari il DATA_NASCITA
avverso il decreto della Corte di appello di Bari del 26/01/2023;
visti gli atti e il decreto impugnato; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari, con decreto in data 26 gennaio 2023 (motivazione depositata il successivo 16 febbraio), ha rigettato l’appello proposto da NOME e NOME COGNOME (quest’ultima quale terza interessata) avverso il decreto del Tribunale di Bari del 15 giugno 2022 che ha disposto la confisca di un immobile sito in Bari, in INDIRIZZO (fgl. 17, p.11e 183 e 186 sub. 18) e acquistato in data 15/07/2011 al prezzo dichiarato di euro 130.000,00 da NOME COGNOME, moglie di NOME NOME, e di quanto all’interno dello stesso contenuto.
Nei confronti del COGNOME, il Tribunale barese: a) formulava giudizio di pericolosità sociale ai sensi dell’art. 1 lett. b) d.lgs. n. 159 del 2011, per i periodo 1993-2003, alla luce delle risultanze del certificato penale e dei carichi pendenti; b) riteneva che l’acquisto dell’immobile fosse, in realtà, frutto del reimpiego del corrispettivo della vendita (avvenuta in data 08/07/2011 e per il prezzo di euro 160.000,00) di altro immobile sito in Bari, INDIRIZZO, acquistato dalla COGNOME, al prezzo effettivo di 60.000,00 euro dalla madre del proposto e pagato con denaro donatole dai propri genitori con atto di donazione contestuale a quello di vendita; c) affermava, sulla base degli accertamenti patrimoniali in atti, la sproporzione dei redditi leciti dichiarati dal nucleo familiare del proposto, dai genitori della NOME e dai genitori del proposto, estendendo l’indagine, con riferimento a questi ultimi, anche al quinquennio precedente all’acquisto dell’immobile in INDIRIZZO (avvenuto nell’anno 1997).
Avverso il decreto di appello – che ha confermato le statuizioni dei primi giudici della prevenzione – i ricorrenti hanno, a mezzo dei propri difensori, proposto ricorso nel quale deducono violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla “illegittima provenienza” dei redditi e alla asserita “sproporzione tra i redditi leciti del padre del proposto, NOME, e l’acquisto dell’immobile di INDIRIZZO“. In particolare si eccepisce che la Corte di appello: a) non ha fornito alcuna risposta in merito alla richiesta di approfondimento istruttorio relativo alle condizioni patrimoniali del proposto al decennio precedente l’acquisto; b) ha “sbrigativamente affrontato il tema della
sproporzione sull’acquisto del 1997 tra redditi e investimenti … omettendo di trattare gli specifici rilievi difensivi in merito alla reale capacità reddituale sin all’acquisto del 1997 del nucleo familiare di COGNOME NOME, in pensione dal 1991 e prima lavoratore dipendente per 40 anni, nonché alla reale capacità di risparmio di tale nucleo familiare”; c) ha errato nel ritenere la sproporzione, non considerando che l’acquisto dell’immobile era intervenuto tra la madre del proposto e la nuora (NOME COGNOME) ma che l’atto era stato parzialmente simulato avendo la madre del proposto donato il 50% dell’importo di 60.000 euro alla nuora i cui genitori a loro volta avevano donato il residuo 50% e che tutto ciò era avvenuto in un “contesto familiare”; d) ha erroneamente valutato l’onere di allegazione della Difesa, che aveva invece provveduto ai depositare documentazione RAGIONE_SOCIALE del padre del proposto; e) ha “illogicamente mescolato” le ragioni poste nell’atto di appello a sostegno dei due differenti acquisti del 1997 e del 2003; f) ha “strumentalmente lamentato” l’assenza di riferimenti circa la tracciabilità degli importi corrisposti per gli acquisti, avendo i ricorrent “depositato tutti gli atti pubblici di compravendita” e non essendo possibile esigere la tracciabilità di somme utilizzate per acquisti avvenuti oltre trenta anni prima; ha erroneamente valutato il rapporto di parentela tra il proposto e il terzo interessato, atteso che la moglie era provvista di effettiva capacità economica.
3.1. Infine, si eccepisce la totale carenza di motivazione in ordine al motivo di appello relativo alla confisca anche dei beni mobili contenuti nell’appartamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
Come più volte affermato da questa Corte, nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammissibile solo per violazione di legge, con la conseguenza che il vizio della motivazione del decreto può essere dedotto solo qualora se ne contesti l’inesistenza o la mera apparenza (ex multis, Sez. 6, n. 24272 del 15/01/2013, PG in proc. Pascali, Rv. 256805 – 01) e il vizio di travisamento della prova per omissione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. è estraneo al procedimento di legittimità, a meno che il
travisamento non abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente, riconducibile alla violazione di legge (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, PG in proc. Noviello, Rv. 279435 – 01).
Ciò premesso, rileva il Collegio che in riferimento alla confisca dell’immobile i ricorrenti eccepiscono, in modo generico e comunque reiterativo, la violazione di legge e il vizio di “motivazione apparente con riferimento al requisito della illegittima provenienza e della sproporzione” (pag. 2), non confrontandosi con la motivazione, certamente non illogica, del decreto impugnato che evidenzia una serie di elementi di fatto che rendono non concludenti le contrarie deduzioni dei ricorrenti.
3.1. In particolare, la Corte territoriale, ha rilevato a fondamento della conferma del decreto appellato i seguenti profili: l’appartamento di INDIRIZZO, “acquistato” dalla NOME nel 2003 era già abitato, a titolo di comodato gratuito, dalla coppia sin da poco dopo il matrimonio, avvenuto nel 1998; l’acquisto formale si colloca nel “periodo di massima espansione criminale” del proposto (e vengono indicati le numerose condanne, per reati assai gravi, riportate e i procedimenti pendenti, nonché la circostanza che nel luglio del 1999 a suo carico veniva disposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale); vi è una evidente sproporzione tra il denaro utilizzato per l’acquisto del 2003 e i redditi leciti della coppia (indicati analiticamente a partire dal 1998 e totalmente sproporzionati anche rispetto agli acquisti di autovetture) ed è certo che l’acquisto del 2011 è stato effettuato grazie all’alienazione dell’appartamento acquistato nel 2003 con denaro di illecita provenienza.
Trattasi di motivazione non illogica e dunque insindacabile nella sede di legittimità. Pertanto, il ricorso è, per quanto attiene alla confisca all’immobile sopra indicato, inammissibile.
Fondato è, invece, il motivo relativo alla confisca dei mobili contenuti nell’abitazione.
Nel ricorso, si evidenzia (pag. 10) che, nonostante con i motivi di appello si fosse censurata la confisca dei beni mobili, la Corte barese “nulla scrive sul punto confermando la confisca anche di tali beni senza addurre una sola parola
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di motivazione in risposta alla specifica censura”. In effetti, nell’atto di appello presentato il 5 ottobre 2022, il difensore degli odierni ricorrenti aveva eccepito che in riferimento ai beni mobili “nessun accertamento investigativo è stato fatto sul valore degli stessi e, di conseguenza, sulla sproporzione tra i redditi del proposto e della terza interessata e gli acquisti dei predetti beni; nessuna motivazione, inoltre, il Tribunale ha offerto sui presupposti per ritenere di estendere la confisca anche ai beni mobili contenuti nell’immobile”.
4.1. Sul punto, come dedotto dai ricorrenti, il decreto impugnato non si è pronunciato; emerge, dunque, una mancanza assoluta di motivazione che rileva quale violazione di legge e che impone, limitatamente a detti beni, l’annullamento con rinvio alla Corte territoriale affinchè esamini la doglianza pretermessa.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato relativamente ai beni mobili contenuti nell’immobile confiscato e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Bari. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Così deciso il 1° febbraio 2024
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Il Presidente