Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20309 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20309 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CERIGNOLA( ITALIA) il 11/09/1969
avverso il decreto del 17/10/2024 della CORTE APPELLO di BARI udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette/tentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari, nel procedimento di prevenzione a carico di NOME COGNOME ha parzialmente accolto i gravami del proposto e di NOME COGNOME terza interessata, moglie del suddetto, avverso il decreto del Tribunale di Bari, Sezione Misure di Prevenzione, col quale era disposta, per quanto di interesse in questa sede, la confisca, ai sensi dell’art. 24 d. Igs. 6 settembre 2011, n.159, di un fabbricato destinato ad uso abitativo della famiglia COGNOME, intestato alla COGNOME, di un terreno sempre intestato a quest’ultima e, infine, della società “RAGIONE_SOCIALE e dei relativi compendio aziendale e quote sociali. E per l’effetto ha disposto il dissequestro del fabbricato di cui sopra nella misura di due terzi, confermando nel resto il decreto impugnato.
Avverso il decreto della suddetta Corte di appello propone ricorso per cassazione, tramite i propri difensori, avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME premettendo che la propria impugnazione investe tutti i capi e i punti del decreto di appello, di cui chiede integrale riforma.
2.1. Con il primo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 4, comma 1, lett. b) del summenzionato decreto legislativo in relazione all’art. 1, comma 1, lett. b), del medesimo decreto.
La difesa si duole che, una volta riconosciuta la pericolosità sociale di Rubbio come generica, riconducendo il proposto alla categoria (prevista dalla norma in ultimo menzionata) di coloro che per la condotta e il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi delle attività delittuose, la Corte di appello non ne abbia approfondito, a fronte dei rilievi difensivi, la perimetrazione temporale (e quindi la congruenza temporale tra la consumazione dei delitti produttivi di profitti e l’acquisto dei beni) come richiesto per detto tipo di pericolosità (Sezioni Unite Spinelli del 26/06/2014 n. 4880, dep. 2015).
Lamentano i difensori che neppure è stata approfondita la ragionevole congruenza quantitativa tra profitti illeciti conseguiti nel
periodo considerato e il valore dei beni confiscati (come richiesto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, che ha introdotto in relazione alla confisca di prevenzione l’ulteriore limite della proporzione). Rilevano, in particolare, che i reati compresi in detto periodo non possono essere assunti a fonti di disponibilità inquinate utilizzate negli investimenti immobiliari incriminati.
2.2. Col secondo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., per omessa e/o apparente motivazione in relazione alle ragioni di esclusione dalle fonti lecite disponibili per l’acquisto dell’immobile di Cerignola di INDIRIZZOla cui successiva rivendita avrebbe contribuito a fornire la provvista per le annualità successive) del prestito di 15.000 euro ricevuto dal padre della COGNOME, della somma di 44.000 euro relativa ai regali di nozze ricevuti dal proposto e dalla moglie; nonché in relazione al calcolo delle spese sulla base degli indici ISTAT, secondo il c.d. parametro mediano.
Si dolgono i difensori che la Corte di merito, in maniera del tutto apodittica ed assertiva, sostenga, con riferimento al suddetto prestito, che lo stesso sarebbe confluito in quello complessivo di euro 80.000 che il padre della COGNOME ebbe a versare in favore della ditta costruttrice dell’immobile. E ciò senza confrontarsi col dato documentale (consulenza tecnica di parte) che il finanziamento è stato acceso il 6.11.2007 p, ovverosia oltre quattro mesi dopo l’emissione dell’assegno circolare di euro 80.000, avvenuta in data 16.7.2007, e una settimana prima dell’atto di compravendita dell’immobile di INDIRIZZO, avvenuto in data 14.11.2007. Dato, che comprova che i genitori della COGNOME, nell’imminenza dell’atto di acquisto del suddetto immobile si fossero attivati per recuperare le somme indispensabili al versamento del corrispettivo; e che consente di riconoscere identica finalità anche al finanziamento di euro 15.000 ottenuto da NOME COGNOME poco prima di detto atto (in data 6.11.2007), e ceduto alla figlia.
Lamentano che con riguardo alla somma di denaro di euro 44.000, che sarebbe proveniente da regali di nozze come da dichiarazioni autenticate dei diversi donanti, del tutto ipotetica è l’affermazione della Corte, meramente ripetitiva di quella del Tribunale, secondo cui il matrimonio ha comportato dei costi idonei ad azzerare l’ammontare di detti regali in contante; e ciò in assenza di un principio di accertamento in ordine ai costi sostenuti per il matrimonio ed alla provenienza della necessaria provvista.
Rilevano che il calcolo delle spese sulla base degli indici ISTAT secondo il c.d. parametro mediano compiuto dalla Corte territoriale, e ancor prima dal Tribunale, si basa su dati congetturali e presuntivi e non si confronta con l’elaborato del consulente di parte COGNOME, di cui la stessa Corte riconosce la correttezza metodologica, che dava conto della sicura capienza reddituale del nucleo familiare del ricorrente e della sostenibilità dell’investimento.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si rileva violazione di legge e in particolare degli artt. 19, 24 e 26 del suddetto decreto legislativo.
Si osserva che la Corte territoriale escludendo, diversamente dal Tribunale, la sproporzione in riferimento agli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019, quindi con riferimento al pagamento di sette rate, e disponendo il dissequestro del fabbricato nella misura di due terzi, ha ritenuto di mantenere la confisca sul rimanente terzo sul presupposto che il proposto e il suo nucleo familiare non avrebbero avuto la disponibilità economica per effettuare il pagamento delle restanti rate di euro 20.000 relative alle annualità 2020 e 2021. Ma non ha tenuto conto del fatto che l’indagine patrimoniale si è arrestata al periodo 2007-2020, restando pertanto l’annualità del 2021 fuori del perimetro di pericolosità sociale.
I difensori insistono, alla luce di detti motivi, per l’annullamento del decreto impugnato.
Propone, altresì, ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME
3.1. Col primo motivo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., per omessa e/o apparente motivazione in relazione alle ragioni di esclusione dalle fonti lecite disponibili per l’acquisto dell’immobile di Cerignola di INDIRIZZOla cui successiva rivendita avrebbe contribuito a fornire la provvista per le annualità successive) del prestito di 15.000 euro ricevuto dal padre della COGNOME, della somma di 44.000 euro relativa ai regali di nozze ricevuti dal proposto e dalla moglie; nonché in relazione al calcolo delle spese sulla base degli indici ISTAT, secondo il c.d. parametro mediano.
Vengono svolti gli stessi rilievi di cui al secondo motivo di impugnazione di Rubbio, da intendersi integralmente richiamati in questa sede.
3.2. Col secondo motivo di ricorso si denuncia violazione di legge e in particolare degli artt. 19, 24 e 26 del suddetto decreto legislativo.
Risultano articolate le medesime censure di cui al terzo motivo di impugnazione di Rubbio, da intendersi integralmente qui richiamate.
Il difensore conclude, alla luce di detti motivi, per l’annullamento del decreto impugnato.
Presenta, infine, memoria di replica alla requisitoria del Sostituto Procuratore generale sopra indicata, nell’interesse di NOME COGNOME l’avv. NOME COGNOME che, dopo avere ripercorso le argomentazioni di detta requisitoria sui singoli motivi di ricorso, insiste per l’annullamento del decreto impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che l’assetto normativo in tema di sindacabilità della motivazione dei provvedimenti emessi in materia di misure di prevenzione – personali e patrimoniali – è rimasto ancorato al profilo della «assenza» di motivazione, posto che il Giudice delle leggi ha dichiarato la infondatezza (sentenza numero 106 del 15 aprile 2015) della questione di legittimità costituzionale che era stata sollevata – sul tema – dalla V Sezione Penale di questa Corte di legittimità in data 22 luglio 2014.
Resta fermo, pertanto, il criterio regolatore secondo cui il ricorso per cassazione in tema di decisioni emesse in sede di prevenzione non ricomprende – in modo specifico – il vizio di motivazione (nel senso della illogicità manifesta e della contraddittorietà), ma la sola violazione di legge (art. 4, comma 11, I. n. 1423 del 1956/ art. 10, comma 3 d. Igs. n. 159 del 2011).
Da ciò, per costante orientamento di questa Corte, deriva che è sindacabile la sola «mancanza» del percorso giustificativo della decisione, nel senso di redazione di un testo del tutto privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità (motivazione apparente) o di un testo del tutto inidoneo a far comprendere l’itinerario logico seguito dal giudice (tra le altre, Sez. I, 26.2.2009, Rv. 242887).
Fondato è il ricorso di NOME COGNOME e parzialmente fondato quello di NOME COGNOME.
A tale ultimo riguardo va osservato che generica e reiterativa è la censura circa l’inesattezza della perinnetrazione della pericolosità sociale
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del proposto, di cui al primo motivo di impugnazione nell’interesse dello stesso, a fronte delle argomentazioni della Corte territoriale al riguardo.
Invero, detta Corte – pur escludendo rilievo alle condotte delittuose di ricettazione di un’autovettura e di estorsione, asseritamente commesse nel 2006, nonché di illecita percezione di contributi, asseritamente commessa nel 2008, valorizzate dal decreto del Tribunale, sul presupposto che delle denunce di cui si parla, sia nella proposta del Questore che in detto decreto, in atti non vi è traccia – dopo avere ripercorso i precedenti penali e giudiziari per delitti lucrogenetici a carico di Rubbio (furto del 2012, truffa, falso e appropriazione indebita del 2013, ricettazione del 2015, riciclaggio del 2018, ricettazione del 2019) rilevanti ai fini della sua collocazione nella categoria di pericolosità sociale generica prevista dall’art. 1 lett. b), di «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose», sottolinea come la pericolosità sociale del proposto, già riconosciuta fino al 2006 (come da decreto di applicazione della misura di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e precedenti per delitti lucrogenetici a partire dal 1995), sia continuata per tutto il periodo oggetto di considerazione (2007-2020), commettendo il suddetto sistematicamente reati contro il patrimonio (accertati in via definitiva o comunque in primo grado da parte degli organi giurisdizionali), nonostante la misura di prevenzione applicatagli nel 2006 e i periodi di detenzione sofferti.
Fondati, invece, sono i restanti rilievi difensivi di cui ai ricorsi.
Invero, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l’ablazione disposta ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per la ritenuta pericolosità generica del proposto, si giustifica, alla luce dei parametri definiti dalla Corte costituzionale con sentenza n. 24 del 2019, se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti, in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare, la cui origine lecita il proposto non sia in grado di giustificare (Sez. 6, n. 29157 del 12/04/2023, Valenti, Rv. 285039 – 02).
Inoltre, in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità e la proprietà dei beni sottoposti a vincolo, assolvendo al relativo onere di allegazione, ma non è legittimato a contestare i presupposti per l’applicazione della misura, quali la
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condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, nonché la provenienza del bene stesso, che solo il proposto può avere interesse a far valere (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2024, COGNOME, Rv. 286441; Sez. U, 27 marzo 2025, Putignano ed altri, come da informazione provvisoria).
Nel caso in esame la Corte di appello di Bari nel decreto impugnato, dopo avere premesso che la disamina dei motivi di appello formulati dalla COGNOME, tutti relativi all’esistenza della sproporzione, è possibile solo in quanto richiamati nell’atto di appello proposto da NOME COGNOME nel valutare la sproporzione, con riguardo all’acquisto dell’immobile di INDIRIZZO di Cerignola, avvenuto nel luglio 2011 per un importo di 200.000 euro da corrispondere in dieci rate di 20.000 euro entro il 3 febbraio di ogni anno dal 2012 al 2021, intestato alla moglie del proposto e destinato ad abitazione della famiglia Rubbio, modifica in me/ius il decreto di confisca del Tribunale, che ha ritenuto la sproporzione in relazione a tutti gli anni di versamento delle rate, tranne che per il 2013, 2014 e 2015 (pur non dissequestrando parte dell’immobile).
Invero, detta Corte esclude la sproporzione giustificativa della confisca di prevenzione, oltre che per gli anni 2013, 2014 e 2015, anche per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019 (si vedano p. 18 – 20) e conseguentemente dissequestra il fabbricato nella misura di due terzi, corrispondente alle rate che si assumono pagate con denaro di provenienza lecita.
Ma non si confronta, se non con un generico richiamo alla pagina 42 della CTU, con le tabelle allegate all’accertamento peritale, richiamate ed esaminate dal decreto del Tribunale che ha ritenuto di modificare, e non spiega per quale motivo la sproporzione non venga meno anche per gli altri beni confiscati e per quale motivo nel percorso argomentativo sia coinvolto anche il pagamento della rata del 2021, per il quale non viene esclusa la sproporzione, nonostante lo stesso si collochi fuori della ritenuta perimetrazione temporale della pericolosità sociale (2007-2020). Incorre, in tal modo, anche nel confronto con il decreto di primo grado, nell’assenza motivazionale.
La Corte di merito incorre nell’apparenza motivazionale anche laddove si limita ad affermare del tutto apoditticamente, con riferimento al finanziamento di euro 15.000, ricevuto da NOME COGNOME poco prima della stipula dell’acquisto dell’immobile di INDIRIZZO di Cerignola (poi rivenduto per acquisire disponibilità economiche per l’acquisto del
fabbricato di INDIRIZZO), che, anche a volerlo ritenere destinato all’aiuto del padre alla figlia per l’acquisto della casa, si dovrebbe
considerare confluito nel versamento complessivo della somma di euro
E
80.000 da Compierchio alla RAGIONE_SOCIALE
anche laddove, con riguardo alla somma di denaro di euro 44.000, proveniente da regali
di nozze come da dichiarazioni autenticate dei diversi donanti, afferma, ancora una volta in modo del tutto congetturale, che detta somma
sarebbe servita a coprire le spese del matrimonio, in assenza di un principio di accertamento in ordine ai costi sostenuti per il matrimonio e
alla provenienza della necessaria provvista. O, infine, laddove, nell’insistere, al pari del Tribunale, sul calcolo delle spese in base agli
indici ISTAT secondo il c.d. parametro mediano, non si confronta con l’elaborato del consulente di parte COGNOME, se non per definire irrealistico
il criterio di calcolo dallo stesso proposto.
3. Si impongono, pertanto, l’annullamento del decreto impugnato e il rinvio per nuovo giudizio, rispettoso dei principi di diritto sopra individuati, alla Corte di appello di Bari.
P. Q. M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2025.