Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5094 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5094 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nata a Corleone il DATA_NASCITA
COGNOME NOMENOME nato a Palermo il DATA_NASCITA
COGNOME NOMENOME nato Palermo il DATA_NASCITA
avverso
il decreto della Corte di appello di Palermo del :15 maggio 2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; Letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la reiezione dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto descritto in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha dato integrale conferma alla confisca di prevenzione adottata ai danni di NOME COGNOME e caduta su diverse utilità (immobili, saldi di rapporti finanziari e polizze assicurative) intestati al suddetto o ritenuti riferibili alla disponibilità dello st pur risultando intestati ai terzi interessati NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME, rispettivamente moglie e figli del proposto.
Con una impugnazione unica hanno interposto ricorso NOME COGNOME e i detti terzi interessati.
2.1. Con il primo motivo si contesta violazione di legge e vizio assoluto di motivazione in relazione al profilo di correlazione temporale tra la pericolosità sociale qualificata del proposto, che andrebbe fatta risalire al 2006, e le utilità acquisite in precedenza a tale momento.
Si ribadisce, infatti, in linea con l’analogo motivo di appello, che prima del 2006 l’unico elemento apprezzabile a sostegno del giudizio di pericolosità sarebbe una condanna per favoreggiamento per fatti commessi nel :L994, la cui pena irrogata tuttavia, era stata sospesa sì che la stessa, a mente dell’ad 166 cod. pen, non poteva essere valorizzata per fondare l’applicazione di una misura di prevenzione. Aspetto questo trascurato dal Tribunale e solo apparentemente superato dalla Corte del merito malgrado il rilievo articolato sul punto, senza addurre validi elementi indicati a supporto della ritenuta conferma della decisione assunta in primo grado.
2.2. Con il secondo motivo, sempre prospettando i vizi sopra rassegnati, si evidenzia, con riferimento ai beni immobili acquistati nel 2004 dalla terza interessata NOME COGNOME, che le risultanze acquisite avevano dato conto di impieghi, provenienti da fonti lecite, tali da coprire il 75 % del valore complessivo degli sforzi finanziari affrontati per la relativa acquisizione, sicché la confisca non poteva che essere parametrata e riferita alla sola quota parte non coperta dagli impieghi legittimamente documentati dalle disponibilità finanziarie del nucleo familiare del proposto.
2.3. Con il terzo motivo, infine, si adduce violazione di legge con riferimento alla omessa restituzione di quota parte del prodotto finanziario indicato al n. 21 del decreto di primo grado intestato al terzo NOME COGNOME, in coerenza con le valutazioni rese dal Tribunale con riguardo al prodotto finanziario intestato al fratello NOME limitatamente ai versamenti resi per le annualità 2005, 2006 e dal 2015 in poi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili per le ragioni precisate di seguito.
Giova precisare che i primi due motivi hanno ad oggetto profili di giudizio (la correlazione temporale tra il momenti di acquisizione delle utilità fatte oggetto di ablazione e la pericolosità sociale del proposto nonché il giudizio di sproporzione tra i costi affrontati per una delle dette acquisizioni e le capacità finanziarie e reddituali del nucleo familiare di NOME COGNOME) diversi ed estranei al tema della disponibilità sostanziale dei beni ritenuti confiscabili al soggetto socialmente pericoloso in luogo della diversa titolarità formale.
Siffatto ultimo aspetto, infatti, non è stato devoluto alla Corte dal ricorso.
In particolare, con precipuo riguardo all’unico bene sul quale si è espressamente radicata l’impugnazione (quello attinto dal secondo motivo), la Corte del merito ha fatto riposare la relativa valutazione sul contenuto di una intercettazione (riportata alla pagina 31) ritenuta tale da fondare la disponibilità sostanziale del bene in capo al proposto a prescindere dalla autonoma capacità della terza intestataria (la moglie, NOME COGNOME) di sostenere autonomamente il costo affrontato per la relativa acquisizione.
Valutazione, questa, che il ricorso trascura integralmente di affrontare, così da rendere non più suscettibile di scrutinio il tema afferente alla disponibilità sostanziale (ormai coperto dal giudicato progressivo imposto dai limiti del devoluto privilegiato dalla difesa) e, al contempo, direzionare le critiche rivolte alla decisione gravata (prospettate dal secondo motivo di censura) al solo profilo della sproporzione reddituale riferibile alla posizione reddituale e finanziaria del proposto e del suo nucleo familiare.
Così definito il perimetro della regiudicanda devoluta alla Corte dai primi due motivi di COGNOME ricorso, va COGNOME pregiudizialmente COGNOME rilevata COGNOME l’inammissibilità dell’impugnazione con riguardo alla posizione dei terzi interessati odierni ricorrenti.
3.1. COGNOME Nella giurisprudenza di legittimità è infatti consolidata l’affermazione in forza della quale, in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati ad un terzo, questi può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità e la proprietà dei beni sottoposti a vincolo, mentre non legittimato a sostenere che il bene sia di effettiva proprietà del proposto, essendo del tutto estraneo ad ogni questione giuridica relativa ai presupposti per l’applicazione della misura nei confronti di quest’ultimo – quali la condizione di
pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato ed il reddito dichiarato, nonché la provenienza del bene stesso – e che solo costui può avere interesse COGNOME a COGNOME far COGNOME valere COGNOME (ex COGNOME multis, COGNOME tra COGNOME le COGNOME più COGNOME recenti, Sez. 1, n. 35669 del 11/05/2023, COGNOME Rv. 285202;Sez. COGNOME 5, COGNOME n. COGNOME 8984 COGNOME del 19/1/2022,n.m.;Sez. 5 n. 333 del 20/11/2020, dep. 2021,
Rv. 280249;Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, Rv. 277225).
Siffatta conclusione interpretativa muove da una equazione logica immediata: i temi deducibili dal terzo vengono ricostruiti guardando all’unico aspetto del contendere che lo coinvolge direttamente, quello della confutazione della prospettazione accusatoria secondo la quale, a dispetto del dato formale, l’utilità considerata dalla confisca dovrebbe ricondursi alla sostanziale diponibilità del proposto. Se, dunque, il nucleo del contendere che involge la posizione del terzo attiene unicamente al profilo della disponibilità del bene ablato, l’oggetto del procedimento, per tale contraddittore, finirà per ruotare solo ed esclusivamente intorno alla posizione sostanziale da difendere, essendo per esso irrilevanti (perché inidonei ad incidere sul tema relativo alla coincidenza tra titolarità formale e sostanziale del bene) tutti quei rilievi che riguardano esclusivamente la posizione del proposto, che solo costui potrebbe avere interesse a far valere, primo tra tutti quello afferente la pericolosità sociale, tema di esclusiva pertinenza del soggetto immediatamente attinto dall’azione di prevenzione.
3.2. COGNOME Siffatto orientamento, va detto, è largamente prevalente ma non univoco, dovendosi dare atto di una lettura a volta diversa data alla tematica in questione da altri arresti (Sez. 5, n. 12374 del 14/12/2017, dep. 2018, Rv. 272608; Sez. 1, n. 20717 del 21/01/2021, Rv. 281389) con i quali si è sostenuto che “…il terzo che si afferma proprietario non interposto possiede anche la legittimazione e l’interesse a cercare di demolire gli altri presupposti della confisca (pericolosità sociale del proposto e provenienza illecita dei beni). Se l’interesse è indubbio (diversamente dall’ipotesi in cui il terzo riconosca la sua posizione di mero interposto), sussiste nondimeno anche la legittimazione ad impugnare, che va commisurata, secondo i principi generali, in relazione alla forma e al contenuto del provvedimento aggredito, e non può essere selettivamente disaggregata sulla base dei motivi di censura”.
3.2.1. L’assunto non convince.
A seguirne pedissequamente il portato si dovrebbe sostenere che nella sostanzialmente analoga ipotesi della confisca allargata caduta su beni ritenuti nella disponibilità dell’indagato/imputato ma formalmente intestati a terzi, questi ultimi, ora immediatamente coinvolti nel giudizio penale- ai sensi del comma 1quinquies dell’art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen. aggiunto dal d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21, possano ritenersi legittimati a contestare i profili della responsabilità
inerenti al reato spia e se del caso ad impugnare sotto questo versante (l’eventuale decisione cautelare legata al sequestro o quella di merito che dispone la confisca) anche quando il tema non venga prospettato dal diretto interessato. Soluzione questa da sempre esclusa e che a ben vedere non si differenzia da quella ora scrutinata: la responsabilità penale dell’imputato, infatti, costituisce il presupposto legittimante della misura adottata nel processo penale, non diversamente da quanto è a dirsi, sul piano soggettivo, per la pericolosità sociale del proposto nel giudizio di prevenzione patrimoniale.
Vero è, piuttosto, che il limitato oggetto del contendere che riguarda la posizione del terzo finisce coerentemente per delimitare i profili della regiudicanda che lo riguarda, perimetrando i confini delle deduzioni dallo stesso prospettabili. Se, dunque, il terzo, laddove non contesti la natura solo formale della titolarità del bene da confiscare, non ha certamente interesse ad impugnare (perché mai potrebbe ottenere la restituzione del bene che ha pacificamente riconosciuto essere del proposto); parimenti, anche nel caso in cui abbia allegato elementi in fatto utili a smentire l’assunto sotteso alla iniziativa di prevenzione in relazion alla detta titolarità, non è comunque legittimato a contraddire su temi che lo riguardano solo su un piano effettuale indiretto ma al quale rimane totalmente estraneo perché unicamente riferibili alla persona del proposto.
3.3. COGNOME Tali considerazioni, infine, portano anche a non condividere l’ulteriore orientamento (sempre minoritario ma non isolato) recentemente espresso da taluni arresti di legittimità, in forza del quale se il terzo non può mettere in diScussione in sé la sussistenza della pericolosità sociale (o la responsabilità per il reato spia nell’ipotesi di cui all’ad 240 bis cp ), può tuttav contestare il profilo della correlazione temporaie tra la data di acquisizione dei beni da confiscare e i momenti dì espressione del citato profilo soggettivo che la legittima (in termini, seppur spesi con riferimento all’analogo tema della confisca allargata, Sez. 1, n. 19094 del 15/12/2020, dep. 2021, Rv. 281362, poi estesi alle misure di prevenzione da seguiti Sez. 5, n. 8984 del 16 marzo 2022, n.m.).
3.3.1. Siffatta soluzione intermedia non può ritenersi appagante perché finisce per provare troppo.
Ricostruisce, infatti, il profilo della parametrazione temporale differenziandolo da quello della pericolosità sociale, del quale, piuttosto, rappresenta un momento essenziale e imprescindibile: in materia di prevenzione patrimoniale l’aspetto constatativo della pericolosità assume rilievo, infatti, solo in funzione della correlazione temporale del citato requisito soggettivo rispetto alla data di entrata del bene nella sfera patrimoniale del proposto, restando altrimenti indifferente. Si tratta di due momenti inscindibili di un unico giudizio al quale rimane estraneo il terzo, destinato a patirne le conseguenze indirette ma sempre e solo se trovi
conferma l’aspetto inerente alla titolarità solo formale del bene attinto dall’azione di prevenzione, sul quale finiscono per concentrarsi le relative prerogative difensive. Che poi il tema non risulti contestato dal proposto è evenienza che a ben vedere non si differenza da quella di fondo, relativa al giudizio speso in ordine alla pericolosità sociale: come non potrebbe contraddire sugli estremi fattuali legati alla ritenuta pericolosità sociale del proposto, il terzo deve parimenti ritenersi non legittimato a contrastare l’ambito di relativa perimetrazione temporale, aspetto intrinsecamente assorbito dal primo.
Da qui la inammissibilità dei motivi di ricorso addotti per primo e secondo dai terzi interessati.
4.Del resto, anche a prescindere da tale profilo pregiudiziale, riferibile unicamente ai terzi interessati, i primi due motivi di ricorso, nel contenuto che li connota, sono inammissibili per altre concorrenti ragioni, destinate a rilevare con precipuo riferimento alla posizione del proposto.
4.1. Il primo motivo è inammissibile perché replica analoga la censura svolta in appello senza effettivamente confrontarsi con le argomentazioni spese dalla Corte del merito nel datare, al 1994, i primi momenti sintomatici della appartenenza mafiosa ascritta al COGNOME.
4.1.1. Dalle indicazioni puntualmente offerte dai giudici del merito emerge che il proposto è stato sottoposto a una misura di prevenzione personale nel 2009, per appartenenza mafiosa; misura divenuta definitiva nel 2010 ed espiata nel 2013. Tanto per condotte (tentata estorsione aggravata dall’agevolazione mafiosa), realizzate nel 2006, rispetto alle quali è stato condannato in primo e secondo grado.
Emerge anche che COGNOME, per fatti commessi nel 1995, ha patteggiato la pena con riguardo a una condotta di favoreggiamento parimenti aggravata (per aver agevolato la latitanza di NOME COGNOME). La relativa pena venne sospesa; e per tale ragione una prima misura di prevenzione proposta ai suoi danni, correlata alla detta vicenda giudiziale definita ai sensi dell’art 444 cod. proc. pen., venne rigettata, in considerazione del disposto di cui all’ad 166 cod. pen.
Fermandosi a tqle quadro descrittivo, ne emergerebbe una clistonia temporale tra il perimetro temporale della pericolosità alla misura personale già irrogata a NOME COGNOME COGNOME le acquisizioni relative a beni riferiti alla disponibili del proposto entrati nel relativo patrimonio prima del 2006.
4.1.2. La Corte di appello, rispondendo all rilievo interposto sul tema della correlazione temporale dal gravame di merito, ha superato il dato legato alla definitività della decisione assunta sulla prima richiesta di applicazione di una misura di prevenzione personale ai danni di COGNOME ge ha ricostruito – alla luce di una serie di elementi non valorizzati nel detto procedimento (legato al citato
patteggia mento inerente al favoreggiamento consumato nel COGNOME 1995)l’appartenenza mafiosa del ricorrente in termini di risalente compenetrazione nel circuito criminale di relativo riferimento territoriale, lungo un arco temporale continuativo corrente dal 1994 (quantomeno sino) al 2013.
Ciò in ragione di una verificata compenetrazione di NOME COGNOME nella rete relazionale dei principali esponenti mafiosi nel territorio palermitano e corleonese, rivestendo, secondo un continuativo crescendo, ruoli nevralgici giustificati dalla consolidata consistenza del rapporto fiduciario occorso con NOME COGNOME e dalle relazioni intrattenute con altri soggetti apicali (COGNOME, COGNOME e COGNOME), di cui il proposto costituiva puntuale referente materiale nell’ambito delle estorsioni e del controllo territoriale.
In particolare, assumono rilievo centrale le osservazioni, stese anche ad integrazione del decreto di primo grado, ricavate dalla informativa del 2018 (richiamata alla pagina 13 del decreto gravato) destinate a disvelare in modo più puntuale e completo la situazione complessiva che portò all’arresto, nel 1997, del COGNOME nel contesto processuale che fece da sfondo alla citata condanna per favoreggiamento relativa alle condotte del 1995.
Contesto che ha consentito di evidenziare la costante partecipazione del ricorrente a riunioni mafiose nonché di rimarcare i rapporti fiduciari che già all’epoca lo legavano ai vertici del sodalizio, secondo una linea di continuità che ha trovato puntuale riscontro nelle risultanze di successive diverse indagini (tutte puntualmente riassunte alle pagine 14 e 15 del decreto), dando conto di un sostanziale raccordo tra le condotte del 1995 e il fatto estorsivo del 2006 posto a fondamento della misura di prevenzione personale già applicata al ricorrente, senza effettive soluzioni di continuità.
Aspetti, questi, integralmente pretermessi dai rilievi critici prospettati dal ricorso, che ben legittimano il superamento del dato ostativo rassegnato dalla difesa alla luce del diverso e ben più complesso contenuto fattuale diretto a sostenere la statuizione ora scrutinata rispetto alla originaria valutazione resa, negativamente esitata sul presupposto della pena patteggiata e sospesa per i fatti di favoreggiamento resi nel 1995.
Da qui la inammissibilità del primo motivo per l’estrinseca aspecificità del ricorso in parte qua.
4.2. Ad una soluzione non diversa si perviene con riferimento al secondo motivo di ricorso, inerente al giudizio di sproporzione messo in discussione con esclusivo riguardo all’immobile acquistato nel 2004, formalmente in testa alla moglie del proposto; acquisto realizzato subentrando alla posizione dell’originario assegnatario di un alloggio realizzato da una RAGIONE_SOCIALE edilizia, corrispondendo
l’acconto dovuto e pagando negli anni successivi le rate del mutuo all’uopo contratto per la relativa acquisizione.
4.2.1.11 ricorso è inammissibile, in parte qua, perché muove da considerazioni in fatto che vengono date per scontate ma che non trovano conforto nelle emergenze acquisite valorizzate dai giudici del merito.
4.2.2. Si afferma da parte della difesa che quanto versato a titolo di acconto e di una parte del mutuo non pagato dall’originario assegnatario sarebbe stato coperto da fondi garantiti alla COGNOME dal padre della stessa mentre la gran parte della rate di mutuo successive al rogito sarebbero maturate in anni coperti da proporzione reddituale, avuto riguardo alla capacità produttiva del nucleo familiare del proposto così come fotografata dalle emergenze acquisite nel corso del procedimento.
4.2.3. La lettura della decisione gravata rassegna un quadro fattuale tutt’altro che convergente con l’assunto difensivo. Emerge, in particolare, che il perito nominato in appello ebbe a dare conto di conclusioni, fatte proprie dalla Corte del merito, all’evidenza diverse rispetto alla prospettazione difensiva, non contrastate dall’impugnazione che occupa.
In particolare, quanto all’importo versato nel subentrare alla posizione dell’originario assegnatario, si è segnalato che l’asserita provvista garantita dalla erogazione di fondi da parte del padre della COGNOME non avrebbe trovato puntuale conferma probatoria: gli assegni allegati dalla difesa non supporterebbero, infatti, le dichiarazioni del padre della terza interessata, perché sarebbero state allegate le sole matrici, prive di causale, così da mettere in crisi l’assunto difensivo.
Del resto, anche a voler assecondare la tesi difensiva (tabella 18 riportata alla pagina 34 del provvedimento impugnato), l’acconto residuo versato (secondo la difesa in misura di 14.500 euro) a carico del nucleo familiare del proposto negli anni 2004 e 2005 sarebbe stato pagato in anni caratterizzati da una sproporzione negativa, incompatibile con la sostenuta dazione lecita del dovuto.
Conclusione, questa, che, alla luce di quanto messo in evidenza dal provvedimento gravato all’esito delle non contrastate risultanze peritali, va infine estesa anche alle rate di mutuo, versate sino al 2015.
Se è vero, infatti, che, guardando ai redditi prodotti anno per anno e alle accumulazioni conseguenti, il relativo risultato scalare indicato dal perito ha assunto un contenuto positivo in alcune annualità (segnatarnente dal 2006 al 2008), è altrettanto vero che, muovendo dalla medesima valutazione globale dei relativi dati finanziari, l’esito finale, anno per anno, è stato sistematicamente negativo (per nove anni su 12 monitorati), così da rendere marcatamente
prevalente la quota parte di investimenti veicolati nel bene in questione di provenienza non giustificata.
Da qui la coerente soluzione adottata dalla Corte del merito, non adeguatamente contrastata dal ricorso.
5.L’ultimo motivo di ricorso, prospettato nell’esclusivo interesse del terzo NOME COGNOME, è inammissibile perché, in disparte l’estrema genericità dell’assunto, introduce un tema di giudizio non devoluto con il gravame di merito e non prospettabile, dunque, per la prima volta in sede di legittrmità.
6.Alla inammissibilità dei ricorsi seguono le pronunce di cui all’ad 616 cod. proc. pen., determinate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.