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Confisca di prevenzione: legittima anche con legge nuova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un individuo contro la confisca di prevenzione di un suo immobile. Il ricorrente sosteneva l’applicazione retroattiva di una legge a lui sfavorevole, ma la Corte ha chiarito che le misure di prevenzione, a differenza delle pene, sono regolate dalla legge in vigore al momento della loro applicazione. La sentenza ha confermato la legittimità della confisca basata sulla pericolosità sociale del soggetto, desunta dalla sua abitudine a vivere con i proventi di attività delittuose, e sulla sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca di Prevenzione: la Legge Applicabile è Quella Vigente

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di misure di prevenzione patrimoniali, stabilendo che la confisca di prevenzione è regolata dalla legge in vigore al momento della decisione giudiziaria, e non da quella esistente all’epoca dei reati che ne costituiscono il presupposto. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sulla natura di questo strumento e sulla sua distinzione rispetto alle sanzioni penali, specialmente riguardo al principio di irretroattività.

I Fatti del Caso: Confisca Immobiliare e Ricorso in Cassazione

Il caso esaminato riguarda il ricorso di un individuo contro un decreto della Corte d’Appello che confermava la confisca di un immobile di sua proprietà. La misura era stata disposta sulla base della sua ritenuta ‘pericolosità sociale generica’, in quanto si presumeva vivesse abitualmente con i proventi di attività illecite. La difesa del ricorrente si basava principalmente su quattro motivi, contestando la legittimità della confisca sotto diversi profili.

I Motivi del Ricorso: Retroattività e Presunta Carenza di Prove

Il ricorrente ha impugnato la decisione dei giudici di merito lamentando:
1. Violazione del principio di irretroattività: Si sosteneva che al tempo dei reati presupposto (risalenti al 2005), la legge non consentiva la confisca per la sua specifica categoria di pericolosità.
2. Mancata prova della pericolosità: Secondo la difesa, non era stato adeguatamente dimostrato che le passate condotte criminose fossero state la fonte effettiva di profitti illeciti e che, in ogni caso, la sua pericolosità non fosse più attuale.
3. Errato giudizio di sproporzione: Si contestava che i giudici non avessero considerato tutte le fonti di reddito lecite, incluse quelle della moglie e quelle derivanti da società, eredità e risarcimenti.
4. Violazione del diritto alla prova: Veniva criticata la scelta della Corte d’Appello di non ammettere una perizia tecnica per valutare la sproporzione patrimoniale.

La Decisione della Cassazione sulla Confisca di Prevenzione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e in parte inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni precise che distinguono nettamente la natura delle misure di prevenzione da quella delle sanzioni penali.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso. In primo luogo, ha ribadito che la confisca di prevenzione non è una pena, ma una misura di sicurezza. Come tale, ad essa non si applica il rigido principio di irretroattività della legge penale (art. 25 Cost.), bensì il principio tempus regit actum previsto per le misure di sicurezza (art. 200 c.p.). Ciò significa che il giudice deve applicare la legge in vigore al momento in cui adotta la misura, anche se più sfavorevole per il proposto rispetto a quella vigente all’epoca dei fatti.

Riguardo alla pericolosità sociale e alla sproporzione, la Cassazione ha ritenuto che la valutazione della Corte d’Appello fosse logica e sufficientemente motivata. I giudici di merito avevano correttamente collegato temporalmente i reati lucrativi commessi dal soggetto (come ricettazioni di merce per valori ingenti) con l’acquisto dell’immobile, creando una solida presunzione di provenienza illecita dei fondi. Spettava al ricorrente fornire una prova contraria convincente e specifica, cosa che, secondo la Corte, non era avvenuta, poiché le sue allegazioni erano rimaste generiche e non supportate da prove adeguate a vincere la presunzione di illecita accumulazione.
Infine, la richiesta di perizia è stata giudicata inammissibile perché formulata in modo generico sia in appello che in Cassazione, senza specificare perché sarebbe stata indispensabile per la decisione.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale: la confisca di prevenzione è uno strumento flessibile, orientato a contrastare l’accumulazione di ricchezza illecita sterilizzandone gli effetti nel presente. La sua natura di misura di sicurezza la svincola dal principio di irretroattività penale, consentendone l’applicazione sulla base della normativa vigente al momento del giudizio. La decisione sottolinea inoltre l’onere per il proposto di fornire prove concrete e specifiche per dimostrare la legittima provenienza dei propri beni, qualora l’accusa abbia costruito un quadro presuntivo solido circa la loro origine illecita.

La confisca di prevenzione può essere disposta in base a una legge entrata in vigore dopo la commissione dei reati presupposto?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la confisca di prevenzione è una misura di sicurezza, non una pena. Pertanto, si applica la legge in vigore al momento della decisione del giudice e non quella del tempo in cui sono stati commessi i reati, in base al principio ‘tempus regit actum’ sancito dall’art. 200 del codice penale.

Cosa deve dimostrare l’accusa per ottenere una confisca di prevenzione per pericolosità generica?
L’accusa deve provare, anche tramite presunzioni, l’esistenza di una sproporzione tra il patrimonio del soggetto e la sua capacità reddituale, nonché l’illecita provenienza dei beni. Deve inoltre dimostrare la pericolosità sociale del soggetto, ossia che egli viva abitualmente con i proventi di attività delittuose.

Quale prova deve fornire il proposto per superare la presunzione di illecita provenienza dei beni?
Il proposto ha la facoltà di offrire una prova contraria. Tuttavia, non bastano allegazioni generiche. Deve fornire dimostrazioni concrete, specifiche e documentate della provenienza lecita delle risorse economiche utilizzate per acquisire i beni, in modo da superare il quadro indiziario presentato dall’accusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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