Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10891 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10891 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a TAURIANOVA( ITALIA) il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a NICOTERA il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugNOME la Corte di appello di Catanzaro ha confermato il decreto di confisca adottato dal Tribunale di Catanzaro in data 20 giugno 2022 nei confronti di COGNOME NOME e di COGNOME NOME.
Il ricorso per cassazione nell’interesse dei soggetti incisi dalla misura ablatoria indic consta di un solo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 4, comma 2, I. n. 1423 del 1956 come richiamato dall’art. 3-ter, comma 2, I. n. 575 del 1965.
E’ dedotto che la Corte di appello non avrebbe considerato le allegazioni difensive circa la mancanza di connessione tra le somme di denaro, trovate in possesso di COGNOME nel corso del 2019, e l’attività delittuosa da lui posta in essere nello stesso frangente; assenza di connessio dimostrata dalla restituzione in suo favore di quelle somme, sequestrategli nell’ambito di u procedimento penale cui era stato sottoposto nello stesso periodo. Il giudice di appello no avrebbe, inoltre, dato conto di quali fossero gli elementi fattuali capaci, comunque, di esclude che la somma di Euro 16.700,00 rinvenuta presso l’abitazione della madre convivente di COGNOME, COGNOME NOME, non fosse che il residuo della polizza assicurativa riscossa nel 2014, a seguito della morte di un loro prossimo congiunto.
Con requisitoria in data 22 gennaio 2024, il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona del Sostituto, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
La Corte territoriale ha escluso la legittima provenienza della somma di Euro 16.700,00, oggetto di confisca di prevenzione in danno di COGNOME NOME, soggetto attinto da giudizio di pericolosità sociale generica dispiegatasi negli anni 2011, 2012, 2013 e 2019, evidenziando come la detta somma, rinvenuta presso l’abitazione della di lui madre convivente, COGNOME NOME – intervenuta nella procedura nella veste di terza interessata – non potesse dirsi il residuo della polizza assicurativa del valore di Euro 105.000,00, riscossa nel 2014 a seguito della morte del padre del proposto (nonché marito della terza interessata), perché, comparate, a partire dal 2014 – quando risultava «un differenziale economico positivo pari ad Euro 81.243,29», corrispondente all’introito effettivamente percepito dalla riscossione della polizza -, le movimentazioni economico-finanziarie del nucleo familiare in uscita con le legittime fonti di reddito del nucleo stesso nel medesimo arco temporale, risultava una sperequazione mai inferiore ad Euro 20.000,00, pari nel 2019 ad Euro 27.854,83.
Donde, tenuto conto della continuità e della rilevanza della sproporzione economica (registrata come detto in tutti gli anni di riferimento) nonché della distanza temporale tra
momento di liquidazione del premio assicurativo (anno 2014) e il momento del sequestro (anno 2019), la Corte di merito ha ritenuto, basandosi su massime di esperienza generalizzate, che la somma rinvenuta in possesso del proposto non costituisse accantonamento del residuo del premio assicurativo riscosso nel 2014, ma, invece, accumulo della provvista illecita derivante dall’attività criminosa (esteriorizzatasi in delitti co patrimonio) da lui posta in essere nel corso del 2019.
Si tratta di motivazione per nulla apparente, perché dà conto dell’itinerario logico seguito dal giudice di merito per giungere alla decisione assunta (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692), di modo che la deduzione difensiva protesa a censurare le conclusioni cui la Corte è pervenuta si colloca fuori dal perimetro delle censure consentite con il ricorso per cassazione avverso provvedimenti assunti in tema di misure di prevenzione. Secondo il diritto vivente, infatti, nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3-ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575, con la conseguenza che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Rv. 260246).
Il motivo è, comunque, inammissibile anche nella parte in cui deduce il contrasto tra quanto ritenuto nell’ambito del procedimento penale istaurato a carico del ricorrente COGNOME, in seno al quale la somma di cui si discute, sequestratagli, gli era stata restituita pe difetto di correlazione con l’attività criminale oggetto di investigazione, e quanto ritenu nell’ambito del procedimento di prevenzione, in seno al quale la somma di Euro 16.700,00 gli è stata confiscata poiché ritenuta frutto di traffici illeciti.
Richiamata, infatti, l’ermeneusi di questa Corte secondo cui, nel procedimento di prevenzione, dalla statuizione giudiziale, peraltro definitiva, resa in procedimenti diversi pu derivare una forma di preclusione processuale operante a condizione che sussista identità del compendio probatorio e del “thema decidendum” con riguardo sia all’oggetto che ai presupposti di esso (Sez. 6, n. 7072 del 14/07/2021, dep. Rv. 283462), deve darsi atto che il ricorso al riguardo è del tutto generico, sia perché non delinea con precisione, i adempimento dell’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione, quale sia stato l’oggetto della censura articolata con il gravame, come lumeggiata nelle memorie depositate nel giudizio di appello (Sez. 2, n. 9029 del 05/11/2013, dep. 2014, Rv. 258962), sia percfié omette di allegare al ricorso stesso i provvedimenti cautelari reali che avrebbero escluso la provenienza illecita del denaro sequestrato, tanto impedendo al Collegio di valutare l’identità,
rispetto ai diversi procedimenti, sia del compendio probatorio che del theme decidendum, con riguardo all’oggetto e ai presupposti.
Per tutto quanto esposto, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili: segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/02/2024.