Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47266 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47266 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Genova il 22/04/1983;
avverso il decreto della Corte di appello di Napoli del 23/04/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria del difensore avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Napoli – decidendo sulla impugnazione proposta dal terzo interessato NOME COGNOME avverso il decreto del Tribunale della stessa città in data 29 settembre 2021, che, sul presupposto della pericolosità sociale di NOME COGNOME – aveva disposto la confisca dei beni immobili (vale a dire il 50% del fabbricato sito in Sant’Arcangelo Trimonte, Benevento, contrada INDIRIZZO.n.c., foglio 4, particella 529 sub 5; il 50% del terreno sito in Sant’Arcangelo Trimonte, Benevento, INDIRIZZORAGIONE_SOCIALE, foglio 4, particella 853 – oggi 884 sub 5) formalmente intestati al COGNOME, ritenendolo solo proprietario fittizio degli stessi in realtà riferibili al sopra indicato sogge socialmente pericoloso – ha respinto l’appello del terzo interessato confermando il decreto del Tribunale.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto infondate le doglianze circa la lamentata omessa indagine, da parte del primo giudice, rispetto alla effettiva titolarità dei beni confiscati in capo all’appellante ed alla sua reale capacità economica di acquistarli
Avverso il predetto decreto NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Egli denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. la violazione dell’art. 26 d.lgs. n.159/2011 da parte della Corte territoriale che – per confermare la confisca dei beni – anziché richiamare elementi fattuali gravi, precisi e concordati in ordine alla riferibilità dei beni al soggetto pericoloso, si è limitata a dare risalto a mere anomalie e congetture incorrendo in tal modo nella lamentata violazione di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Occorre premettere che, nel procedimento di prevenzione, secondo il disposto dell’art. 4 I. n. 1423/56, richiamato dall’art. 3-ter, comma 2, I. n. 575/65 (disposizioni confermate dall’art. 10, comma 3, d.lgs. n. 159/2011), il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione nella quale va
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ricompresa la motivazione inesistente o GLYPH meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo, prospettato da una parte, che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mule’, Rv. 279284;.Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, COGNOME e altro, Rv. 270080).
2.1. È, quindi, esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità, l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e) , cod. proc. pen. (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci ed altri, Rv. 260246), così come è estraneo al procedimento di legittimità il vizio di travisamento della prova per omissione ai sensi dell’articolo citato, a meno che il travisamento non abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente, riconducibile alla violazione di legge (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 279435).
2.2. Deve poi ricordarsi che in tema di misure di prevenzione patrimoniali, non può porsi a carico del terzo, ritenuto fittizio intestatario dei beni oggetto della richiesta di confisca, l’onere probatorio di dimostrazione della legittima provenienza delle risorse utilizzate per gli acquisti, non essendo egli, per definizione, il soggetto portatore di pericolosità, poiché il primo passaggio della dimostrazione della scissione tra titolarità formale del bene e impiego delle risorse spetta comunque alla pubblica accusa (Sez. 5, n. 8984 del 19/01/2022, Rv. 283979 – 02).
Ciò posto, deve evidenziarsi che, al contrario di quanto sostenuto con la impugnazione, il decreto della Corte territoriale ha dato conto della sussistenza dei requisiti sopra richiamati senza incorrere nella lamentata violazione di legge.
3.1. Infatti, ha confermato la legittimità della confisca nei riguardi dell’odierno ricorrente dando rilievo, mediante motivazione adeguata ed esente da vizi logici, con rilievo assorbente, al fatto che, dalle indagini patrimoniali, era emerso che l’assegno bancario non trasferibile utilizzato da NOME COGNOME per la corresponsione del prezzo di acquisto che, sulla base del rogito notarile del 10 dicembre 2012, risultava versato alla venditrice (NOME COGNOME cognata di NOME COGNOME, la quale a sua volta l’aveva acquistato dalla sorella NOME COGNOME moglie del soggetto pericoloso, mediante un atto di vendita dell’8 gennaio 2007 ritenuto anche esso fittizio), era risultato successivamente annullato.
Al riguardo la difesa aveva sostenuto che detto assegno era stato annullato per non meglio precisate ragioni fiscali e che il prezzo era stato comunque corrisposto,
in contanti, dall’odierno ricorrente alla venditrice nel corso degli anni ed aveva chiesto alla Corte di appello di esercitare i propri poteri istruttori per accertare l’effettuazione di detti pagamenti in contanti. Tale richiesta è stata respinta dalla Corte territoriale, la quale – in modo non contraddittorio – ha evidenziato che dagli estratti del conto corrente intestato a NOME COGNOME si poteva avere unicamente conferma delle somme prelevate, ma non già dell’eventuale beneficiario delle medesime.
3.2. Quanto poi alla deduzione difensiva secondo cui NOME COGNOME sarebbe stato in grado di acquistare gli immobili avendo egli ricevuto nel 2008 un indennizzo per un sinistro stradale di cui era stato vittima, si rileva che ciò non fa venir meno la mancanza di prova dell’effettiva corresponsione del prezzo da parte sua come sopra evidenziato e che, inoltre, egli non contesta in modo specifico Oa ritenuta assenza di significativi redditi nel quinquennio anteriore all’acquisto per cui si procede.
In conclusione, il ricorrente – pur lamentando la violazione di legge – in realtà chiede a questa Corte una differente valutazione degli elementi processuali coerentemente esaminati dal giudice a quo per confermare la confisca dei beni considerati riconducibili al soggetto pericoloso, che però è operazione preclusa in sede di legittimità.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024.