Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32845 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6   Num. 32845  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
 NOME, nato a Rossano il DATA_NASCITA
 NOME, nato a Bologna il DATA_NASCITA
avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Bologna, Sezione Misure di prevenzione il 14/02/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto disporsi il rigetto dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe la Corte d’appello di Bologna – Sezione misure di prevenzione, confermava quello depositato il 4 luglio 2024, con cui il Tribunale della stessa città ha disposto la confisca del bene immobile di INDIRIZZO di Calderara di Reno e di quote societarie di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, meglio descritte nel corpo dello stesso provvedimento.
NOME COGNOME e NOME hanno proposto ricorso, con atto unico del loro difensore, in cui deducono i seguenti motivi:
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 7, commi 4 e 9, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, e 666 cod. proc. pen., per inosservanza del contraddittorio e per la mancata discussione delle parti all’udienza del 13 maggio 2024 tenuta dinanzi al Tribunale di Bologna.
La Corte di merito ha ritenuto correttamente instaurato il contraddittorio innanzi al giudice di primo grado, per avere il difensore del proposto e del terzo interessato concluso, riportandosi integralmente ai propri scritti depositati ed acquisiti dal Collegio, sebbene il Tribunale, dopo essersi riservato la decisione sulle istanze istruttorie e sul merito, acquisita ulteriore documentazione integrativa, avesse disatteso tali istanze ed assunto la decisione senza consentire alle parti alcuna ulteriore interlocuzione.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 24, comma primo, d.lgs. n. 159 del 2011, quanto all’applicazione della confisca.
La Corte ha ritenuto che l’atto di compravendita dell’immobile di cui in premessa si fosse consolidato nel 2014, allorchè si è verificata l’estinzione del mutuo acceso per il pagamento del prezzo, sebbene l’acquisto si fosse perfezionato nel 2003, in un periodo di conclamata pericolosità del proposto.
Per converso, la Corte di appello:
ha ignorato la documentazione comprovante la legittima provenienza del predetto immobile – in tesi accusatoria, di valore manifestamente sproporzionato rispetto al reddito o all’attività economica lecita del proposto -, documentazione costituita dalla dichiarazione autentica dei genitori di NOME COGNOME del 14 ottobre 2023, attestante l’elargizione in suo favore, dal 2010 al 2020, della somma di complessivi euro 30.000,00;
ha disatteso la richiesta di audizione dell’AVV_NOTAIO, il quale avrebbe potuto testimoniare di avere assistito il proposto in relazione ad un sinistro verificatosi il 16 aprile 1997, da cui egli avrebbe ricevuto un risarcimento.
Le richieste produzioni documentali ed attività istruttorie comproverebbero che il ricorrente disponeva della provvista necessaria per il pagamento delle rate del mutuo.
 Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ha depositato requisitoria scritta, in cui ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi, redatti in atto unico, sono entrambi infondati.
Il primo motivo, con cui si deduce la violazione del contraddittorio, è infondato.
La difesa ha rassegnato le proprie conclusioni innanzi al Tribunale e, dunque, non vi è stata alcuna lesione delle prerogative difensive.
L’art. 23 del d.lgs. n. 159 del 2011 disciplina il procedimento applicativo delle misure di prevenzione patrimoniali, operando un rinvio alle disposizioni relative al procedimento dettato per le misure personali e, dunque, all’art. 7, stesso decreto. Tale disposizione a sua volta richiama, per quanto non espressamente previsto dal decreto legislativo n. 159 cit., l’art. 666 cod. proc. pen., disposizione che prevede un iter destrutturato.
Non è, dunque, affatto necessario che il Tribunale definisca in primis le questioni istruttorie e, solo all’esito della loro valutazione – previa ulteriore audizione del parti in contraddittorio – il merito del giudizio.
L’articolazione in due tempi della sequenza procedimentale, ove siano formulate richieste istruttorie, non emerge dal contenuto della norma codicistica, la quale richiede esclusivamente, al comma 5 dell’art. 666 cit., che l’assunzione della prova – ove disposta – avvenga nel contraddittorio delle parti.
Peraltro, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, il dispiegarsi del contraddittorio è comunque consentito, in tale ambito, mediante l’esame degli atti, la possibilità di piena conoscenza del loro contenuto e della loro valenza dimostrativa, nonché dalla possibilità di formulare controdeduzione (Sez. 6, n. 40552 del 19/07/2017, Maggi, Rv. 271055 – 01, in motivazione): istanze, queste, la cui formulazione è stata garantita nella specie, posto che la difesa ha potuto acquisire piena conoscenza di tutti gli atti posti a fondamento della misura e chiedere integrazioni documentali.
Dunque, e conclusivamente sul punto, non era precluso al Tribunale di riservarsi sulle formulate richieste istruttorie e, al tempo stesso, sul merito della proposta, sciogliendo la riserva, dopo aver valutato superflua l’integrazione istruttoria proposta, direttamente decidendo il merito.
3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Deve considerarsi che, in tema di misura di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, a norma dell’art. 10 d. Igs. n. 159 del 2011, richiamato dall’art. 27 del medesimo decreto, quanto alle misure di prevenzione patrimoniali. Nel vizio di violazione di legge sono ricompresi, per principio consolidato, sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a
sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01).
Per contro, la difesa ha dedotto, più che una violazione di legge – pur nell’ampia accezione sopra intesa – mere carenze nnotivazionali del decreto impugnato, che in realtà si mostra esente da illogicità e privo di apparenza argomentativa.
In realtà, la Corte di appello ha posto in evidenza, dopo avere esaminato diverse annualità di reddito, l’assenza di retribuzioni e, comunque, la percezione di redditi minimi ed inidonei a coprire la provvista, in capo al proposto, il quale non risulta avere percepito altre entrate.
La ritenuta irrilevanza delle integrazioni probatorie – prodotte o richieste dalla difesa – è stata linearmente argomentata nei termini di seguito riportati.
Quanto alla dichiarazione autentica dei genitori del proposto, i quali avrebbero, in tesi difensiva, regolarmente donato denaro al proprio figlio, si tratta di una scrittura, resa nel 2023, postuma, e di molti anni, rispetto al periodo cui risalgono le erogazioni, le quali, cessate nel 2010 (dunque diversi anni prima della estinzione del mutuo), non sono corroborate da ulteriori riscontri, dimostrativi della capacità economica dei pretesi donanti.
La Corte di merito ha, dunque, fatto corretta applicazione del principio secondo il quale, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l’onere di allegazione difensiva in ordine alla legittima provenienza dei beni non può essere soddisfatto con la mera indicazione della esistenza di una provvista sufficiente per concludere il negozio di acquisto degli stessi, dovendo invece indicarsi gli elementi fattuali dai quali il giudice possa dedurre che il bene non sia stato acquistato con i proventi di attività illecita, ovvero ricorrendo ad esborsi non sproporzionati rispetto alla sua capacità reddituale. (v. Sez. 6, n. 21347 del 10/04/2018, Salanitro, Rv. 273388 – 01, in cui la Corte ha precisato che l’acquisto di un immobile mediante l’accensione di un mutuo non costituisce dimostrazione della legittima provenienza della provvista, dovendosi fornire la prova della disponibilità di risorse lecite e sufficienti a sostenere il pagamento delle rate mensili, nel caso di specie mancanti in quanto il nucleo familiare del proposto non disponeva di redditi);
Quanto alla richiesta di audizione del legale che, avendo patrocinato il ricorrente nella vertenza civile, avrebbe potuto riferire della somme percepite da NOME COGNOME a titolo risarcitorio, si è posto in luce il carattere assolutamente generico ed esplorativo della richiesta stessa, posto che, da un lato, non è stato indicato l’importo che sarebbe stato erogato in suo favore, dall’altro, la
dichiarazione testimoniale non avrebbe potuto surrogare la prova documentale di una erogazione che, ove resa per quella causale, risulterebbe di certo tracciabile.
Non sono stati evidenziati, dunque, elementi per ritenere addirittura mancante, perché privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, il ragionamento seguito dai Giudici di merito nel disattendere le deduzioni difensive.
 Al rigetto consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16 giugno 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
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Il Presidente