Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22233 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22233 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nata a PATTI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a TORTORICI il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 01/12/2022 della Corte d’appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibirità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con il decreto impugnato in questa sede, la Corte d’appello di Messina ha rigettato l’impugnazione proposta avverso il decreto del Tribunale di Messina, emesso in data 20 marzo 2022, con il quale era stata disposta la confisca di un fabbricato in corso di costruzione, intestato a COGNOME NOME, ritenuto nella disponibilità di COGNOME NOME, soggetto qualificato come portatore di pericolosità sociale.
Ha proposto ricorso per cassazione nell’interesse di COGNOME NOME NOME l’AVV_NOTAIO con unico articolato motivo, deducendo la violazione di legge, in relazione agli artt. 1, comma 1, lett. b); 4, comma 1, lett. c); 24 d. Igs. 159/2011. La Corte d’appello aveva ritenuto sussistente il requisito della pericolosità sociale del proposto in modo errato, facendo leva su dati processuali privi delle necessarie caratteristiche dimostrative della pericolosità generica, poiché tratti da una sentenza di proscioglimento per prescrizione (in difetto, quindi, dell’accertamento della sussistenza dei fatti di reato e della loro attribuzione al proposto); aveva, altresì, omesso di rilevare la discrasia tra l’ambito cronologico rilevante in ordine all’acquisto del bene oggetto di confisca (avvenuto tra l’anno 2009 e l’anno 2012) e l’ipotizzata manifestazione della pericolosità (2011-2012) ai fini della dimostrazione della corrispondenza tra i due momenti temporali, e quindi della presunzione di derivazione del bene dai proventi dell’attività delittuosa; aveva, infine, omesso di valutare la capacità patrimoniale di COGNOME NOME NOME, idonea a giustificare l’acquisto del terreno e le spese per la realizzazione dell’immobile confiscato.
Ha proposto ricorso per cassazione nell’interesse di COGNOME NOME l’AVV_NOTAIO, con motivi e argomenti testualmente riproducenti il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono entrambi inammissibili.
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è reiterativo, oltre che manifestamente infondato.
La dedotta violazione di legge, infatti, è smentita dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che riconosce al giudice del procedimento di prevenzione la possibilità di valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale, al fine di giungere ad un’affermazione di pericolosità generica del proposto ex art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato e sin anche in ipotesi di assoluzione dagli addebiti, «ove risultino delineati, con sufficiente chiarezza e nella loro oggettività, quei fatti che, pur ritenuti insufficienti – nel merito o per preclusioni processuali per una condanna penale, possono, comunque, essere posti alla base di un giudizio di pericolosità» (in questi termini, da ultimo, Sez. 2, n. 15704 del 25/01/2023, COGNOME, Rv. 284488 – 01; nonché, Sez. 2, n. 4191 del 11/01/2022, COGNOME, Rv. 282655 – 01; Sez. 2, n. 33533 del 25/06/2021, COGNOME, Rv. 281862 – 01).
Quanto alla valutazione degli elementi processuali considerati, il motivo risulta del tutto reiterativo delle censure formulate in appello, senza alcun reale confronto con la motivazione della Corte d’appello (pagg. 7-8) che ha indicato puntualmente i dati fattuali, tratti dagli atti processuali, in grado di dimostrare sia l’esistenza elementi a supporto dell’attribuzione di condotte di reato (individuate nella partecipazione ad un’ associazione finalizzata allo sfruttamento della prostituzione), sia la ragionevole e documentata realizzazione di profitti illeciti, per un apprezzabile arco temporale, costituenti – per le modestissime capacità reddituali del ricorrente – fonte primaria di arricchimento per il proposto.
La Corte d’appello ha individuato il periodo di manifestazione della pericolosità (in connessione con lo svolgimento dell’attività criminale associata “risalente almeno dall’anno 2008 … protratta sino all’ottobre 2012”: pag. 7) e la contestuale realizzazione di consistenti profitti illeciti, attraverso la documentazione bancaria acquisita; ha valutato la sicura sproporzione tra questi introiti e i redditi percepiti, dichiarati come provenienti da attività di lavoro. Ha, poi, individuato l’arco temporale in cui furono eseguiti prima l’acquisto del terreno (2008) e poi l’attività di edificazione del fabbricato (2010-2012), apprezzando la corrispondenza con il periodo di manifestazione della pericolosità.
2.1. Nella parte in cui il ricorso censura il giudizio sulla valutazione della capacità patrimoniale della figlia del proposto, astrattamente idoneo a giustificare la titolarità del bene confiscato, esso è evidentemente carente di interesse: è stato affermato che «nel caso di confisca di un bene ritenuto fittiziamente intestato a terzi, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso per cassazione del proposto che si limiti a dedurre l’insussistenza del rapporto fiduciario e, quindi, la titolarit effettiva del bene in capo al terzo intestatario, mentre è ammissibile il ricorso del proposto che, senza negare l’esistenza del rapporto fiduciario, alleghi di aver acquistato i beni lecitamente, essendo portatore, in questo caso, di un interesse proprio all’ottenimento di una pronuncia che accerti la mancanza delle condizioni legittimanti l’applicazione del provvedimento» (Sez. 1, Sentenza n. 20717 del 21/01/2021, COGNOME, Rv. 281389 – 01; Sez. 6, n. 45115 del 13/09/2017, COGNOME, Rv. 271381 – 01).
3. Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nella parte in cui la difesa censura i presupposti per l’adozione della misura della confisca, è all’evidenza privo di interesse; è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che il terzo, titolare del bene oggetto della confisca in sede di prevenzione, può contraddire rispetto al provvedimento applicativo della misura patrimoniale esclusivamente in ordine alla dimostrazione della titolarità effettiva del bene,
acquisito attraverso risorse finanziarie di lecita provenienza derivanti dal patrimonio del terzo, mentre non ha alcun titolo per censurare il provvedimento impugnato quanto ai presupposti concernenti quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, la verifica della perimetrazione cronologica della pericolosità e della corrispondenza tra detto periodo e quello di acquisto del bene nonché la provenienza del bene stesso, che solo il proposto può avere interesse a far valere (Sez. 6, Sentenza n. 5094 del 09/01/2024, COGNOME, Rv. 286058 – 01; Sez. 6, n. 48761 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285650 – 01; Sez. 1, n. 35669 del 11/05/2023, COGNOME, Rv. 285202 – 01).
3.1. Quanto alle censure rivolte all’errata valutazione della capacità patrimoniale della ricorrente, esse finiscono per denunciare un vizio della motivazione in modo inammissibile, in difetto delle condizioni per affermare l’inesistenza, o la mera apparenza, della motivazione (Sez. Unite, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246 – 01); il motivo, infatti, prospetta una differente valutazione dei dati, considerati e valutati dalla Corte territoriale, riguardanti le fonti del patrimonio della ricorrente e la loro coerenza con la situazione personale; giudizio che la Corte d’appello ha svolto compiutamente con argomenti logici, evidenziando il difetto di supporti documentali alle affermazibni della ricorrente oltre che l’evidente contrasto tra le fonti reddituali provenienti dall’attività di lavor della COGNOME e del convivente, rispetto agli impieghi che si assumono essere stati operati dalla stessa sia per l’acquisto del terreno, che per la successiva attività edificatoria.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 12/4/2024