Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3344 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3344 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI (ITALIA) il 11/07/1958 NOME nata a NAPOLI il 19/12/1961
A.n.b.c.s
avverso il decreto del 16/07/2024 della Corte d’appello di Napoli sentita la relazione del Consigliere NOME COGNOME Lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso Letta la memoria di replica del difensore
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 16 luglio 2024, la Corte di appello di Napoli – Sezione misure di prevenzione ha parzialmente revocato il decreto del Tribunale di Napoli emesso il 18 ottobre 2021 con il quale, rigettata la richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, nei confronti di NOME COGNOME Ł stata disposta la confisca dei beni analiticamente indicati nel provvedimento a carico del predetto e della moglie, NOME Rendola.
All’esito del procedimento di appello Ł stata disposta la restituzione di alcuni beni specificamente indicati e contenuti in una cassetta di sicurezza e confermato, nel resto, il provvedimento impugnato.
In punto di pericolosità sociale di COGNOME, la Corte di appello ha evidenziato come si verta in tema di pericolosità, così detta, comune, ai sensi dell’art. 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 condividendo, sul punto, quanto esposto nel decreto impugnato.
Ha richiamato pronunce irrevocabili e gli esiti di procedimenti ancora in corso (relativamente ai fatti piø recenti del 2017 e 2018).
Si tratta di sentenze definitive per i delitti di rapina, commessa nel 1995, partecipazione ad associazione dedita al narcotraffico, accertata nel 1996, realizzazione e disponibilità di merce con marchi contraffatti risalenti al 1999, 2002, 2003, partecipazione ad associazione dedita alla contraffazione e commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti nel 2011 e nel 2012.
E’ stata valorizzata anche un’ordinanza di custodia cautelare del 2014 per reati legati, ancora una volta, alla vendita di prodotti con marchi non genuini, nonostante la, successiva, assoluzione del proposto.
Altri procedimenti (il primo definito con decisione di improcedibilità) per reati della medesima specie sono stati avviati all’esito di accertamenti compiuti nel 2017 e nel 2018.
Le risultanze dei procedimenti indicati, in alcuni dei quali sono stati coinvolti anche i figli del proposto, specie con riferimento all’attività illecita legata ai prodotti con marchi contraffatti, sono state giudicate tali da dimostrare l’acquisizione di proventi illeciti derivanti da reati contro il patrimonio, a partire dal 1995 al 2018 e la configurabilità della particolare ipotesi di pericolosità sociale (anche se carente del requisito dell’attualità) di cui all’art. 1, lett. b), d.lgs. n. 159 del 2011.
E’ stata anche segnalata la circostanza dell’assenza di dichiarazioni di redditi dal 1996 al 2012.
Sotto il profilo della disponibilità patrimoniale, la Corte di appello ha evidenziato l’assenza di contestazioni riferite alla ricostruzione dei beni nella disponibilità di COGNOME e della moglie, NOME COGNOME
Rispetto a quest’ultima Ł stata richiamata la giurisprudenza di questa Corte in punto di presunzione di disponibilità del relativo compendio patrimoniale da parte del proposto.
NOME COGNOME nel periodo interessato dagli acquisti dei beni sottoposti a confisca, 1999 e 2003, non era percettrice di reddito e le produzioni documentali della difesa, sul punto, sono state giudicate inidonee a dimostrare che le acquisizioni siano avvenute con fonti lecite.
In particolare, la Corte di appello si Ł soffermata sulle allegazioni difensive relative all’acquisto di un immobile in INDIRIZZO (quinto piano) a Napoli, avvenuto nel 1999, asseritamente effettuato con fondi acquisiti dalla COGNOME tramite una cognata, NOME COGNOME.
Altra allegazione disattesa Ł stata quella relativa ad un secondo immobile sito nel medesimo stabile, al piano terra, il cui acquisto Ł avvenuto nel 2003.
La documentazione prodotta dalla difesa Ł stata giudicata inidonea a dimostrare l’acquisto con fondi autonomi.
In ordine agli altri beni, Ł stata segnalata l’assenza di dichiarazioni fiscali dal 1996 al 2012 da parte della Rendola, ad eccezione del 2007.
Per quanto riguarda COGNOME Ł stata esclusa la disponibilità di entrate tali da giustificare gli acquisti.
La Corte di appello ha motivato, infine, sulla correlazione temporale tra la pericolosità (manifestatasi dal 1996 al 2018) e gli acquisti, segnatamente per quelli immobiliari del 1999 e del 2003, nonchØ per tutti gli altri relativi ad ulteriori beni oggetto di ablazione, ad eccezione di quelli per i quali Ł stata disposta la restituzione perchØ oggetto di regali da parte di terzi in occasione di cerimonie.
Avverso il provvedimento hanno proposto, con unico atto, ricorsi per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo dei comuni difensori, avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo hanno eccepito violazione di legge laddove la Corte di appello ha ritenuto indimostrato il requisito della liceità dell’acquisizione patrimoniale da parte della Rendola relativamente agli acquisti degli immobili del 1999 e del 2003.
A tale proposito, ha allegato di avere ottenuto la liquidazione di somme per prestazioni lavorative effettuate in favore della società costituita con NOME COGNOME e di avere effettuato la vendita di altro immobile nel 2003 acquisendo disponibilità tali da giustificare l’acquisto della seconda unità immobiliare di INDIRIZZO
2.2. Con il secondo motivo hanno eccepito il difetto di accertamento, da parte dei giudici di
merito, della ragionevole congruità delle acquisizioni illecite rispetto alle condotte criminose del soggetto pericoloso.
La Corte di appello si sarebbe limitata ad elencare le sentenze e i procedimenti che hanno visto coinvolto COGNOME, senza verificare se dai provvedimenti o dagli esiti dei procedimenti fossero emersi dati idonei a compiere quella verifica di congruità.
A tale proposto, ha evidenziato la (naturale) mancata produzione di profitti congrui per effetto dei delitti per i quali COGNOME ha riportato condanna, segnatamente per quelli di rissa del 1996, rapina del 1995 (profitto di soli undici milioni di lire), associazione dedita al narcotraffico del 1996, commercio di prodotti con marchi contraffatti del 1999.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Letta la memoria di replica del difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł complessivamente infondato.
Preliminarmente, si segnala come ,essendo stato formulato il ricorso con distinte censure riferibili, concretamente e distintamente, ai due ricorrenti (alla terza interessata, il primo motivo, al proposto, il secondo motivo) rimanga estranea al giudizio la rimessione alle Sezioni Unite, come da notizia di decisione n. 9 del 7 novembre 2024, della questione «se, in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo sia legittimato e/o abbia interesse a contestare i presupposti per l’applicazione della misura nei confronti del proposto quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, nonchØ la provenienza del bene stesso».
Il primo motivo di impugnazione Ł inammissibile.
In tal senso, depone, in primo luogo la sua mancata declinazione in termini di violazione di legge, unico vizio deducibile in questa sede di legittimità, tenuto conto che si verte in tema di misure di prevenzione.
La censura, in realtà, benchØ formalmente denominata quale «violazione di legge», maschera una critica all’impianto motivazionale del decreto, con particolare riferimento al passaggio riportato a pag. 13 in punto di liceità delle acquisizioni patrimoniali da parte della Rendola, per come già illustrata nel corso della fase di merito.
Con il ricorso, la ricorrente si limita a reiterare le difese e le allegazioni proposte nella fase di merito, oggetto di puntuale disamina da parte della Corte di appello.
Infatti, per entrambe le acquisizioni patrimoniali (relative agli immobili siti a Napoli, INDIRIZZO piano quinto e piano terra, rispettivamente avvenute nel 1999 e nel 2003), i giudici di merito hanno escluso la dimostrazione dell’acquisizione di provviste lecite, da parte della ricorrente.
Per il primo acquisto hanno escluso la disponibilità di somme pervenute alla Rendola per effetto di quanto a lei corrisposto dalla cognata NOME COGNOME quale corrispettivo dell’attività lavorativa svolta dal 1996 al 1999.
A tale proposito, Ł stata giudicata indimostrata documentalmente la capacità patrimoniale della Brancale a causa della mancata dimostrazione della redditività dell’attività economica svolta dalla stessa.
Per il successivo acquisto, la Corte ha segnalato il disallineamento tra l’epoca in cui la COGNOME ha svolto attività di vendita al dettaglio (dal 5 gennaio 2005 al 15 giugno 2007) e quella dell’acquisizione patrimoniale (novembre 2003).
Tali argomentazioni sono rimaste prive di effettiva contestazione da parte dei ricorrenti ed,
in particolare, della COGNOME alla quale Ł specificamente riferita la censura di cui al motivo in esame.
Lungi dall’articolare una critica in termini di violazione di legge, il ricorso si pone in termini puramente confutativi della motivazione del decreto impugnato, con conseguente inammissibilità del motivo.
Deve, infatti, essere ricordato e ribadito che «in tema di procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, Ł ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio» (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, MulŁ, Rv. 279284; conforme, con riferimento specifico al profilo del travisamento della prova, Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279435).
4. Il secondo motivo Ł infondato.
In punto di rapporto di congruità tra i delitti commessi da COGNOME e le acquisizioni patrimoniali, anche in relazione alla correlazione temporale tra pericolosità e acquisti dei beni confiscati, i ricorrenti richiamano il principio secondo cui «in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l’ablazione disposta ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per la ritenuta pericolosità generica del proposto, si giustifica, alla luce dei parametri definiti dalla Corte costituzionale con sent. n. 24 del 2019, se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti, in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare, la cui origine lecita il proposto non sia in grado di giustificare» (Sez. 6, n. 29157 del 12/04/2023, Valenti, Rv. 285039 – 02).
Nella motivazione di tale arresto, si legge:
«Se l’appartenenza ad un sodalizio mafioso Ł, di norma, considerata idonea a produrre profitti illeciti, nel caso di pericolosità generica si richiede un piø stringente raffronto tra “abituale commissione di delitti” ed accumulo di proventi illeciti, dovendosi accertare non solo lo svolgimento di attività criminose da parte del soggetto con riferimento al lasso temporale nel quale si Ł verificato l’incremento patrimoniale che la confisca intende neutralizzare, ma anche l’effettiva idoneità delle condotte illecite di produrre un profitto congruo rispetto agli acquisti effettuati. La confisca di prevenzione, infatti, introduce una presunzione relativa di illecito acquisto dei beni, che vale in quanto si possa ragionevolmente ipotizzare che i beni o il denaro confiscati costituiscano il frutto delle attività criminose nelle quali il soggetto risultava essere impegnato all’epoca della loro acquisizione, ancorchØ non sia necessario stabilirne la precisa derivazione causale da uno specifico delitto. Deve, pertanto, ritenersi che l’ablazione patrimoniale – con riguardo alla pericolosità generica ex art. 1, lett.b), d.lgs. n. 159 del 2011 – si giustifica se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute in passato dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti, in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che s’intendono confiscare, e la cui origine lecita egli non sia in grado di giustificare (così in motivazione, Corte cost., sent. n.24 del 2019)»
Sul punto, giova precisare che si pone in termini sostanzialmente convergenti, l’ulteriore principio secondo cui «in tema di misure di prevenzione patrimoniale, con riferimento alla c.d. pericolosità generica di cui all’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, la necessità di correlazione temporale tra pericolosità sociale del proposto ed acquisto dei beni presuppone l’accertamento del compimento di attività delittuose capaci di produrre reddito e non già di condotte genericamente devianti o denotanti un semplice avvicinamento a contesti delinquenziali» (Sez. 1, Sentenza n. 13375 del 20/09/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272702 e Sez. 1, n. 27366 del
28/01/2021, COGNOME, Rv. 281620 richiamata dal piø recente arresto sopra citato).
La Corte di appello non si Ł sottratta all’accertamento del requisito in questione, avendo espressamente evidenziato, fra l’altro, che «in presenza di una pericolosità semplice iniziata negli anni 1995 (rapina portavalori) nel 1996 partecipazione ad un’organizzazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti) nonchØ di una ‘virata’ realizzata dal COGNOME a favore di una specializzazione nel crimine della produzione con metodi industriali di beni recanti segni contraffatte per la successiva vendita (merci derivante dalla lavorazione della pelle) a partire da epoca precedente al maggio 1999 e così continuativamente fino al novembre 2018, gli acquisti del giugno 1999 e del maggio 2003 cadono pienamente nel periodo di manifestazione di pericolosità del soggetto pericoloso, al pari di quant’altro in sequestro acquisito a seguito del sequestro del giudice per le indagini preliminari di Napoli con ordinanza n° 28/14 del 15/1/2014».
D’altronde, Ł stata evidenziata la commissione, nell’arco temporale 1995 – 2018, di delitti contro il patrimonio che hanno generato profitti contribuendo a costituire una parte significativa del reddito del ricorrente COGNOME.
NØ, al fine di soddisfare il principio di diritto affermato da questa Corte nei termini sopra riportati, si ritiene indispensabile fornire la prova della entità del profitto derivante da ogni singolo reato commesso dal proposto il cui percorso deviante Ł stato ricostruito in termini ampi e coerenti nel contesto del provvedimento impugnato.
Alla luce di quanto esposto i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME