Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37756 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37756 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/09/2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME COGNOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME NOME
Presidente Ð
Relatore –
Sent. n. sez.1301/2025
CC Ð 30/09/2025
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME, nato a Gioia Tauro il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Gioia Tauro il DATA_NASCITA
NOME, nata a Vibo Valentia il DATA_NASCITA
NOME NOME, nato a Polistena il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 18/06/2024 della Corte di Appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi di COGNOME NOME e di COGNOME NOME e lÕinammissibilitˆ dei ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, La Corte di Appello di Reggio Calabria, sezione per le misure di prevenzione, in parziale riforma del decreto emesso dal Tribunale di Reggio Calabria in data 1 febbraio 2023, ha disposto la revoca parziale del sequestro e della confisca dei beni interessati dalla misura di prevenzione avanzata nei confronti di NOME COGNOME, della moglie
NOME COGNOME, del figlio NOME COGNOME, di NOME COGNOME e della moglie NOME COGNOME, ed ha confermato nel resto la confisca dei residui beni, costituiti da plurime RAGIONE_SOCIALE e relativo compendio aziendale, beni mobili, immobili, prodotti finanziari e saldi attivi di conti correnti bancari.
La Corte ha rilevato che il Tribunale non ha disposto la misura di prevenzione personale nei confronti dei proposti COGNOME e NOME COGNOME per mancanza di attualitˆ della pericolositˆ sociale in quanto dispiegatasi fino al 2018, in particolare il Tribunale ne aveva perimetrato la sussistenza dal 2015 al 2017 con riferimento alla pericolositˆ qualificata riconosciuta nei confronti del solo COGNOME, oltre che della pericolositˆ generica, riconosciuta per entrambi i proposti a decorrere dal 2010 al 2018.
La pericolositˆ qualificata è stata esclusa nei confronti di COGNOME, non essendo contestata nei suoi confronti lÕaggravante mafiosa, contestata al solo COGNOME nel pendente processo penale per associazione a delinquere per esercizio abusivo di giochi e scommesse di cui allÕart. 4 l. 401/89.
In sostanza, sono stati valorizzati ai fini della perimetrazione della pericolositˆ generica ex art. 1, lett. b), del codice antimafia le risultanze del procedimento penale per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla raccolta di scommesse illecite ed ai connessi reati tributari di evasione fiscale e truffa ai danni dello Stato, pendente in primo grado, oltre alle dichiarazioni rese dal coimputato COGNOME (che ha patteggiato la pena) e le risultanze delle intercettazioni e delle altre chiamate in correitˆ, autonomamente valutate nel procedimento di prevenzione.
Per NOME COGNOME è stata ritenuta sussistente la pericolositˆ quale indiziato di reati aggravati dalla finalitˆ di agevolazione dellÕassociazione mafiosa facente capo al clan di RAGIONE_SOCIALE ÒCOGNOMEÓ.
la Corte di appello, a fronte dellÕiniziale proposta formulata in relazione alla figura soggettiva di cui allÕart. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 159 del 2011, derivante dalla contestazione in sede penale del delitto di cui allÕart. 416 cod. pen., aggravato dalla finalitˆ di agevolare un sodalizio di ÔRAGIONE_SOCIALE, ha condiviso la decisione del Tribunale in merito alla possibilitˆ di qualificare, su sollecitazione del Pubblico Ministero, la pericolositˆ anche ai sensi dellÕart. 4, comma 1, lett. c), in relazione allÕart. 1 lett. b), ritenendo che nei confronti di COGNOME la pericolositˆ qualificata dovesse essere ravvisata per il periodo dal 2015 al 2017 e quella non qualificata a partire dal 2010 fino al 2018, e che nei confronti di COGNOME dovesse ravvisarsi la pericolositˆ non qualificata per lÕintero periodo.
NellÕinteresse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i difensori (AVV_NOTAIO COGNOME e NOME AVV_NOTAIO), hanno proposto ricorso articolando i seguenti motivi per violazione di legge e carenza assoluta della motivazione.
2.1. Con il primo motivo deducono violazione di legge in relazione alla mancata assunzione delle prove testimoniali richieste dalla difesa in primo grado.
Si adduce che la modifica legislativa dellÕart. 7, comma 4bis , d.lgs 159/2011 che prevede che il tribunale ÒÉammette le prove rilevanti, escludendo quelle vietate dalla legge o superflueÓ, ha introdotto il principio dellÕoralitˆ e del contraddittorio nellÕassunzione delle prove anche nel procedimento di prevenzione.
Ne deriva la nullitˆ del decreto di confisca per violazione della regola del contraddittorio, essendo stato imposto alla difesa di ricorrere ad indagini difensive per assumere i testi a discarico con conseguente produzione dei verbali, e ci˜ in particolare anche con riferimento alla consulenza tecnica di parte del consulente tecnico COGNOME.
Più specificamente, erano state appellate le ordinanze del Tribunale del 22 settembre e del 17 novembre 2021, con cui dapprima era stata respinta la richiesta di audizione orale dei testi COGNOME e COGNOME e del consulente di parte COGNOME e poi, in parziale revoca, era stata ammessa la testimonianza di NOME, essendosi per contro confermato il rigetto della richiesta per la parte restante, nel presupposto che la difesa avrebbe potuto se del caso produrre indagini difensive o avvalersi della relazione del consulente.
La Corte aveva respinto il motivo di appello, rilevando che non era ravvisabile alcuna nullitˆ e che il contraddittorio impone che alla difesa sia consentito di interloquire in contraddittorio.
In tal modo era stata rinnovata la dedotta violazione di legge, a fronte di quanto disposto dallÕart. 7, comma 4-bis d.lgs. 159 del 2011, in ordine allÕammissione delle prove rilevanti e allÕesclusione di quelle vietate o superflue, formulazione che non consente al giudice della prevenzione di imporre modalitˆ di diverse di assunzione delle prove e che prevede il solo vaglio specificamente previsto.
NŽ avrebbe potuto argomentarsi circa il fatto che la difesa non avesse indicato lÕindispensabilitˆ dellÕassunzione della prova orale, a fronte dellÕesposizione delle circostanze e dellÕimpossibilitˆ di imporre il ricorso allo strumento delle indagini difensive. E neppure avrebbe potuto prospettarsi che il sistema non contempla la prova orale.
La richiesta costituiva espressione del diritto alla prova in contraddittorio di fronte al giudice terzo, modalitˆ tale da accrescere la forza e la rilevanza
dellÕassunzione, nel quadro di un procedimento caratterizzato da piena giurisdizionalizzazione.
Ci˜ valeva dunque sia per il teste COGNOME, anche se la rilevanza di questÕultimo era venuta meno, in ragione della diversa perimetrazione della pericolositˆ da parte della Corte di appello, sia per il consulente prof. COGNOME, posto che, contrariamente agli assunti della Corte, proprio lÕaudizione orale avrebbe consentito di focalizzare meglio taluni profili di carattere tecnico, nel contraddittorio tra le parti e con lÕeventuale richiesta di chiarimenti da parte del Giudice.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la nullitˆ del decreto per il disposto allargamento della valutazione della categoria della pericolositˆ, essendo stata considerata non solo quella specifica di cui allÕart. 4, comma 1, lett. b) Codice antimafia, ma anche quella generica e comune che non era stata considerata nella proposta inziale di applicazione.
In violazione del diritto di difesa e della prevedibilitˆ delle conseguenze della contestazione originaria era stata ritenuto ammissibile che la pericolositˆ del proposto fosse inquadrata anche nellÕalveo della pericolositˆ generica di cui allÕart. 4, comma 1, lett. c) d.lgs. 159 del 2011: ci˜ era in contrasto con la giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione e con lÕesigenza di assicurare i presidi garantistici del sistema penale a tutela delle facoltˆ costituzionalmente protette.
Avrebbe dovuto aversi riguardo alla chiarezza e precisione dei presupposti applicativi e alla regola dellÕaddebito in forma chiara e precisa, nel rispetto del principio di correlazione, essendo irrilevante che la qualificazione non si fosse basata su elementi nuovi senza variazione della piattaforma indiziaria.
Del resto il riferimento alla pericolositˆ generica implicava il riferimento ad un settore connotato da ancor maggiore tensione con i principi generali, a fronte dello sforzo della Corte costituzionale e della Corte Edu di conferire maggiore precisione alle residue fattispecie di pericolositˆ generica.
NŽ avrebbe potuto rilevare la circostanza che in sede di prevenzione non si pongono problemi di strategia processuale rispetto allÕaccesso a riti alternativi, a fronte della rilevanza dei richiamati principi generali.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 1 e 4 d.lgs. 159 del 2011, 125 cod. proc. pen., 4, comma 9, legge 1423 del 1956, 24 e 111 Cost. per lÕassenza di motivazione in relazione ai presupposti della pericolositˆ generica e qualificata, nonchŽ in relazione al requisito della perimetrazione temporale.
Si adduce che la Corte di appello ha omesso di confrontarsi con le deduzioni dellÕappello con cui si evidenziava che il collaboratore COGNOME negli
interrogatori del 13 giugno 2018 e 18 settembre 2018 ha fornito una versione opposta a quella resa negli interrogatori del 5 maggio e 5 luglio 2018 valorizzati nel decreto di confisca.
In particolare, risultava che NOME il 13 giugno e il 18 settembre avesse parlato di un progetto di attivitˆ riferita ad un lecito EMAIL.it, che comunque non era andato in porto, aveva chiarito che NOME si muoveva nella legalitˆ, che era NOME a fare Òdei trafficiÓ con NOME che si era ripromesso di convertirlo alla religione cristiana, aspetti tali da smentire gli assunti accusatori e rimasti privi di esame.
Quanto al collaboratore COGNOME, che aveva parlato di COGNOME COGNOME riferimento economico della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la Corte aveva omesso di motivare sulle censure formulate, con cui era stato segnalato il carattere de relato delle dichiarazioni ed era stata fornita una smentita documentale, mediante apposita produzione, riguardante passaggi delle dichiarazioni rese per scienza diretta.
Erano stati dedotti, inoltre, elementi idonei a smentire la rilevanza delle dichiarazioni di COGNOME in merito alla mediazione operata da tale NOME COGNOME e in merito al supporto dei COGNOME, anche in ragione dello stato detentivo di NOME COGNOME al momento della locazione commerciale dellÕimmobile in cui era stata avviata lÕattivitˆ di bowling e sarebbe avvenuto lÕepisodio dello scarico di pellet , elementi che la Corte aveva omesso di valutare.
Altrettanto avrebbe dovuto dirsi per le censure riguardanti le conversazioni intercettate, che erano state valorizzate dai giudici di merito.
Con riguardo alla valutazione delle dichiarazioni rese dal teste assistito COGNOME (patteggiante per gli stessi reati) che avrebbe smentito le sue prime versioni dei fatti, valorizzate dal Tribunale e ritenute più coerenti e credibili da parte della Corte di appello, si osserva che alla luce del principio di giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione, affermato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, con estensione dei principi del giusto processo, avrebbe dovuto riconoscersi quale principio cardine quello della formazione della prova in contraddittorio con conseguente riconoscimento della maggiore forza e affidabilitˆ di una prova acquisita dinanzi al giudice terzo e imparziale per il principio della preminenza che deve riconoscersi alle prove assunte oralmente nel contraddittorio e davanti al giudice terzo.
A seguire il ricorrente evidenzia che la pericolositˆ generica è stata rapportata a delle categorie di reati comuni (quelli di cui allÕart. 4 l. 401/89, reati tributari e truffe ai danni dello Stato) desunte dalle dichiarazioni rese da COGNOME circa la gestione delle scommesse illecite, senza un serio corredo indiziario mentre con riferimento al delitto di infedele dichiarazione di imposta trattandosi di procedimento definito con lÕestinzione per esito positivo della messa alla prova è
mancata un accertamento degli elementi di prova, sia in sede giudiziaria e sia in sede di procedimento di prevenzione. Rileva il ricorrente che qualora fossero condivisi solo i rilievi incentrati sulla configurabilitˆ della pericolositˆ generica, dovrebbe comunque ritenersi violato il principio di correlazione temporale, poichŽ il decreto impugnato ha invocato la pericolositˆ generica per coprire il periodo dal 2010 al 2015, anteriore a quello in cui è stata ravvisata la pericolositˆ qualificata.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, in relazione agli artt. 1, 4, 7, 24 d.lgs. 159 del 2011, 125 cod. proc. pen., 4, comma 9, legge 1423 del 1956, 24, 41 e 111 Cost., con riguardo allÕaffermazione del requisito della sproporzione e della sua consistenza quantitativa.
Si osserva e si richiamano i motivi di appello con i quali si erano evidenziate le incongruenze del prospetto elaborato dalla G.d.F sugli importi presi in esame circa la sperequazione tra entrate lecite e uscite, oltre a non spiegare lo scarto esorbitante tra lÕimporto della sperequazione ed il valore del patrimonio confiscato.
Erano state formulate ragioni di doglianza anche alla luce delle controdeduzioni del consulente prof. COGNOME in ordine al tema delle fonti, cui avrebbero dovuto aggiungersi euro 48.953,19, e a quello degli impieghi, da cui avrebbero dovuto detrarsi euro 55.977,14, con la conseguenza di un saldo a favore del proposto di euro 104.930,43, tale da ridurre fortemente la rilevata sproporzione, tuttavia del tutto azzerata alla luce delle considerazioni riguardanti il tema del costo della vita, che avrebbe potuto ridimensionarsi fino al 30%.
La Corte si era parzialmente soffermata solo su tale ultimo tema, in relazione ai dati RAGIONE_SOCIALE, rilevando che anche a voler limitare il paniere alla sola spesa alimentare la sperequazione sarebbe stata significativa, ma pretermettendo le altre considerazioni critiche.
Era rimasta priva di motivazione la censura riguardante: lÕacquisto del motociclo Yamaha, avvenuta a mezzo di finanziamento bancario; la mancata decurtazione, tra gli impieghi del 2011, della somma di euro 40.840,00, pagata mediante assegno circolare con provvista tratta dal conto della ditta RAGIONE_SOCIALE di NOME RAGIONE_SOCIALE, profilo rilevante anche al fine di valutare lÕincidenza di ci˜ sullÕacquisto di un immobile nel 2011; la RAGIONE_SOCIALE, a fronte di acquisto per lÕimporto di euro 40.800,00 coperto con somme erogate a titolo di prestito da Banco di Napoli in favore di NOME COGNOME.
Si rileva, inoltre, che pur a fronte del dissequestro di beni anteriori al 2010, la Corte non aveva proceduto al ricalcolo della sperequazione, espungendo le somme che nel prospetto erano state escluse dalle fonti lecite, con conseguente mantenimento della sperequazione sulla base di un prospetto che retroagiva al 1992, che non dava conto dellÕeffettiva consistenza patrimoniale, ci˜ anche alla luce di quanto rilevato nellÕatto di appello in ordine allo scarto esorbitante tra
valore del patrimonio confiscato e misura della sperequazione e in ordine al fatto che talune fonti erano state comunque indebitamente escluse dal Tribunale.
Tanto più in ragione di tali rilievi, rimarcano i ricorrenti che non erano state valutate ulteriori censure difensive, riguardanti: lÕimmotivata esclusione dalle fonti della somma di euro 34.661,19, risultante da due libretti a risparmio intestati ai coniugi COGNOME, con saldo calcolato sia al 2000 che al 2002; lÕesclusione dalle fonti del 2014 di euro 14.292,00, di cui era stata offerta prova documentale dal prof. COGNOME, costituendo anticipazione dalla RAGIONE_SOCIALE, relativamente alla quale era stata revocata la misura ablativa; lÕacquisto della Fiat 500 L, avvenuto nel 2014 per euro 10.000,00, a fronte del fatto che a quellÕepoca il bene era di proprietˆ di RAGIONE_SOCIALE, di cui era stata revocata la confisca, e che solo nel 2018 il bene era stato ceduto a NOME COGNOME; le posizioni finanziarie intestate a RAGIONE_SOCIALE, cioè al RAGIONE_SOCIALE, riferibile a investimenti di RAGIONE_SOCIALE, dissequestrata dalla Corte di appello.
Analoghi rilievi vengono ribaditi in ordine alla verifica dellÕammontare della sproporzione, in rapporto alle maggiori fonti di cui il nucleo familiare avrebbe dovuto essere accreditato in ragione delle disponibilitˆ rivenienti dal dissequestro dei beni acquisiti prima del 2010, con specifico riferimento alla costituzione nel 2011 della RAGIONE_SOCIALE, posto che lÕinvestimento ammontava per NOME ad euro 500,00 e per NOME NOME NOME in favore di NOME, ad euro 9.500,00, importo compatibile con le disponibilitˆ dellÕepoca.
Quanto al fabbricato intestato a NOME in Gioia Tauro (al punto 13 dellÕelenco), la Corte aveva omesso di considerare che solo una minima parte del prezzo era stata corrisposta nel 2011, proveniente dal finanziamento bancario di euro 40.800,00, in capo a NOME, mentre le altre tranches erano state corrisposte nel 2010, annualitˆ che si colloca fuori della perimetrazione operata nel giudizio di appello.
NellÕinteresse di COGNOME NOME, il suo difensore, AVV_NOTAIO COGNOME, ha proposto ricorso articolando i seguenti motivi per violazione di legge e carenza assoluta della motivazione.
3.1. con il primo motivo eccepisce la nullitˆ del decreto per il disposto allargamento della valutazione della categoria della pericolositˆ, essendo stata considerata quella specifica di cui allÕart. 4, comma 1, lett. b) Codice antimafia, ma quella generica e comune che non era stata considerata nella proposta inziale di applicazione. Nel caso di specie la decisione non era stata preceduta dalla alcuna forma di contraddittorio, non rilevando che lÕipotesi della riqualificazione fosse stata formulata giˆ dal Tribunale, a fronte della eventuale necessitˆ di recuperare
documenti bancari o di fornire ricostruzioni reddituali originata da una iniziativa risalente non allÕavvio del procedimento ma allÕesito del giudizio di primo grado.
La proposta, infatti, non implicava la necessitˆ di recuperare documentazione risalente al 2010 o ad annualitˆ pregresse.
3.2. Con il secondo motivo si osserva che è mancato lÕaccertamento della derivazione di redditi da attivitˆ illecite ascrivibili al ricorrente, non essendo specificata alcuna indicazione sulla quota degli utili illeciti attribuiti al NOME COGNOME dalle dichiarazioni generiche sul punto rese da NOME COGNOME.
In pratica, è stato ritenuto che nel periodo compreso dal 2010 al 2018 il proposto abbia concorso con NOME nella illecita attivitˆ di raccolta di scommesse integrante fattispecie contravvenzionale, mentre rispetto ai reati tributari è mancato ogni accertamento sul superamento delle soglie di punibilitˆ, nŽ risulta che tali profitti abbia rappresentato una componente significativa del reddito del proposto.
La Corte aveva omesso di motivare in ordine ad una qualsiasi condotta ascrivibile al proposto, posto il riferimento al sito FSA.com semmai avrebbe potuto valere ad attribuirgli il ruolo di socio onorario o comunque un mero status .
Inoltre, il giudicante aveva fondato il convincimento su un automatismo, in relazione alla raccolta abusiva di scommesse, quale base della commissione di reati tributari e truffe, tali da legittimare la misura.
Avrebbe potuto ricavarsi che il ricorrente era inserito nellÕaffare riguardante la gestione di un sito illegale di raccolta di scommesse, ma senza alcun riferimento alla quota di partecipazione e alla produzione di profitti illeciti anche in relazione alle modalitˆ e periodicitˆ della partecipazione agli utili.
Era mancata una valutazione dellÕeffettivo volume di affari, al fine di dar conto della rilevanza penale degli illeciti tributari, in rapporto al superamento delle soglie di punibilitˆ.
3.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione allÕart. 1, lett. a) e b) d.lgs. n. 159 del 2011.
Si osserva che è mancato lÕaccertamento delle condotte di reato, atteso che solo per la pericolositˆ qualificata è sufficiente la qualitˆ di indiziato di uno dei reati considerato dallÕart. 4 del d.lgs 159/11.
Per la pericolositˆ comune il termine ÒabitualmenteÓ postula invece la necessitˆ di accertamento in sede penale della ripetizione dei reati dai quali siano stati tratti i proventi del sostentamento. Diversamente si confonde il presupposto della pericolositˆ qualificata estendendo a quella generica la mera veste di indiziato con conseguente applicazione distorta della misura di prevenzione sulla base delle risultanze di procedimenti penali pendenti e non ancora definiti.
La pericolositˆ generica era stata ravvisata solo sulla base di mere risultanze di indagini, afferenti a procedimenti penali pendenti, senza che peraltro i reati lucro-genetici fossero stati specificamente contestati.
Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte concludendo per il rigetto dei ricorsi di NOME COGNOME e di COGNOME NOME e per lÕinammissibilitˆ dei ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
I ricorsi di NOME, NOME COGNOME e NOME NOME sono inammissibili.
Il ricorso di NOME COGNOME è parzialmente fondato con riguardo a dei profili dedotti nellÕappello e non adeguatamente esaminati dalla sentenza impugnata relativi alla ravvisata sproporzionalitˆ di alcuni degli incrementi patrimoniali sottoposti a confisca, dovendo essere rigettato nel resto.
Con riguardo ai ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME, rispettivamente coniuge e figlio del proposto NOME COGNOME, avendo costoro dedotto unicamente motivi concernenti i presupposti per l’applicazione della confisca, quali la condizione di pericolositˆ del proposto, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, si deve rilevare che nella loro qualitˆ di terzi interessati avrebbero potuto impugnare la confisca solo adducendo lÕeffettiva titolaritˆ dei beni che sono stati ritenuti loro intestati per interposizione di persona.
Secondo quanto recentemente affermato dalle Sezioni Unite nel caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo pu˜ rivendicare esclusivamente l’effettiva titolaritˆ dei beni confiscati, senza poter prospettare l’insussistenza dei presupposti applicativi della misura, deducibile soltanto dal proposto (Sez. U, n. 30355 del 27/03/2025, Putignano, Rv. 288300).
Peraltro, nel caso di specie i predetti ricorrenti hanno impugnato solamente la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale nei confronti del proposto senza neppure contestare o censurare il carattere interposto della intestazione dei beni, implicitamente riconoscendo la effettiva intestazione dei beni in capo al proposto, con il conseguente evidente difetto di legittimazione ad impugnare la confisca di beni di proprietˆ altrui.
I motivi di ricorso dedotti da COGNOME con riferimento alle dedotte violazioni dei principi del Ògiusto processoÓ, che si assumono validi anche per il
procedimento di prevenzione, sono infondati per la non condivisibile assimilazione delle regole proprie del processo penale di cognizione a quelle del procedimento di prevenzione.
A tale riguardo pur essendo indubbio che il procedimento di prevenzione abbia subito nel corso dellÕevoluzione giurisprudenziale nel rispetto delle fonti sovranazionali una serie di correttivi – recepiti sul piano legislativo attraverso il c.d. codice antimafia di cui al d.lgs. 6 settembre 2011, n.159 – volti ad assicurare il rispetto di determinate garanzie essenziali per la difesa COGNOME il diritto alla pubblica udienza nella fase di merito ( ex art. 7, co. 1, D. Lgs 6 settembre 2011, n.159), il diritto alla difesa tecnica obbligatoria, il diritto alla conoscenza dellÕoggetto della proposta di prevenzione ( ex art. 7, comma 2, cit.), il diritto di richiedere prove a discarico ( ex art.7, comma 4-bis, cit.), tuttavia, resta comunque netta la distinzione tra il procedimento di prevenzione ed il giudizio penale di responsabilitˆ, che discende dalla diversitˆ dellÕoggetto dellÕaccertamento e dalla diversitˆ delle finalitˆ perseguite con lÕapplicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali.
Si è più volte osservato che la natura e le finalitˆ delle misure di prevenzione spiegano anche la reciproca autonomia dei due processi e il fatto che nel procedimento di prevenzione il giudice è legittimato a servirsi di elementi probatori e indiziari tratti generalmente dai procedimenti penali, prescindendo dalla conclusione alla quale si è pervenuti in tale sede, facendosi carico di individuare le circostanze di fatto rilevanti e ivi accertate per rivalutarle nell’ottica del giudizio di prevenzione (fra le tante, Sez. 1, n. 5786 del 21/10/1999, dep. 2000, Castelluccia, Rv. 215117; Sez. 1, n. 5522 del 03/11/1995, COGNOME, Rv. 203027).
Sebbene, quindi, sia consentito assumere direttamente i mezzi di prova nel procedimento di prevenzione, appare evidente che una caratteristica propria di tale procedimento è rappresentata dalla fisiologica utilizzazione degli stessi mezzi istruttori assunti nella fase delle indagini preliminari o del giudizio penale, che vengono acquisiti e posti a base della proposta di applicazione della misura avanzata dai soggetti che hanno titolo per promuovere lÕapplicazione delle misure di prevenzione ex art. 5 del cit. D.lgs. n.159/2011.
In assenza di una disciplina specifica che regoli lo svolgimento dellÕistruttoria, è previsto, inoltre, il richiamo al procedimento di esecuzione ex art. 666 cod. proc. pen. (art. 7, co. 9 del d.lgs. cit.) e non anche alle regole del processo di cognizione, e ci˜ comporta che non trovino applicazione le regole dettate per il dibattimento penale nellÕassunzione delle prove attraverso lÕesame ed il controesame, essendo evidentemente ammessa lÕacquisizione e la piena utilizzazione di verbali di dichiarazioni rese anche nella fase delle indagini preliminari o attraverso le
investigazioni difensive, senza neppure la necessitˆ del consenso del difensore dellÕimputato che non abbia preso parte allÕassunzione della prova.
La giuridizionalizzazione del procedimento di prevenzione, certamente coerente alla sua attitudine ad incidere sui diritti costituzionali della libertˆ personale (art. 13 Cost.) e del diritto di proprietˆ ed iniziativa economica (artt. 41 e 42 Cost.) se giustifica il richiamo ai principi del Ògiusto processoÓ (cfr. Sez. U, n. 25951 del 24/02/2022 Lapelosa, Rv. 283350, in tema di applicazione al procedimento di prevenzione del motivo di ricusazione previsto dall’art. 37, comma 1, cod. proc. pen.), tuttavia non pu˜ portare ad estendere ad esso tutte le regole proprie del processo penale, e ci˜ soprattutto nella materia di acquisizione delle prove, senza vanificare gli scopi e le finalitˆ delle misure di prevenzione.
Il differente oggetto dellÕaccertamento, che non è quello di verificare la responsabilitˆ penale per un specifico fatto di reato, ma valutare la pericolositˆ del proposto e lÕorigine illecita dellÕaccumulo di ricchezza, sulla base di una valutazione autonoma e distinta da quella del processo penale, comporta necessariamente una differente disciplina nellÕassunzione delle prove per il minore livello di garanzie processuali connaturale alla esigenza di maggiore celeritˆ del rito, coessenziale alla finalitˆ di prevenzione della commissione di altri reati, che lo contraddistingue e lo avvicina maggiormente al procedimento previsto per lÕapplicazione delle misure cautelari nel giudizio penale.
La diversitˆ dellÕoggetto dei due procedimenti si coglie anche con riferimento alla confisca di prevenzione che lungi dal costituire una misura sanzionatoria applicata attraverso un procedimento semplificato si connota proprio per il suo carattere ripristinatorio, non sanzionatorio ma di prevenzione, con riguardo ai beni che si assumono essere frutto dellÕaccumulazione illecita di ricchezza, assoggettata non giˆ alla prova del preciso importo del profitto di un determinato reato, ma alla dimostrazione di una abituale attivitˆ delittuosa produttiva di illeciti guadagni accompagnata dallÕulteriore dato costituito dall’assenza di adeguate lecite fonti di reddito.
La giurisprudenza di legittimitˆ è, infatti, consolidata con riferimento allÕapplicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti di appartenenti ad associazioni mafiose, nel ritenere ammissibile che gli elementi emergenti dal procedimento penale possano essere valutati autonomamente sotto il profilo delle esigenze proprie del processo di prevenzione e che in tale sede non sia richiesto che la chiamata di correo sia necessariamente accompagnata da quei riscontri estrinseci individualizzati necessari per la sua utilizzazione ai fini della formazione della prova dibattimentale in ragione anche della ravvisata affinitˆ tra i giudizi indiziari e prognostici propri dell’emissione delle misure cautelari e
dell’applicazione delle misure di prevenzione (Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277438; Sez . 5, n. 17946 del 15/03/2018, COGNOME, Rv. 273036).
DÕaltra parte, sostenere il contrario porterebbe alla creazione di un procedimento speculare a quello penale e alla creazione di un inutile doppione, frustrando le finalitˆ proprie di questo istituto.
Resta fermo, tuttavia, che una tale autonomia di giudizi non pu˜ certamente portare a esiti contraddittori, potendo tale eventualitˆ conseguente ad una anticipazione dellÕesito del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale, trovare adeguato componimento nellÕistituto della revocazione della confisca previsto dallÕart. 28, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 159/2011 in riferimento allÕaccertamento giudiziale di fatti con sentenze penali definitive che escludano lÕesistenza dei presupposti per lÕapplicazione della confisca, in applicazione del principio di non contraddizione dellÕordinamento implicante che i fatti per i quali sia intervenuta sentenza definitiva di assoluzione non possono assumere rilievo COGNOME elemento indiziante ai fini del giudizio di pericolositˆ (S ez. 6, n. 45280 del 30/10/2024, COGNOME NOME, Rv. 287312).
Ci˜ premesso, con riferimento alla prima questione afferente alla mancata ammissione di alcune prove testimoniali richieste dalla difesa, appare del tutto infondata la eccepita nullitˆ del decreto di confisca per violazione della regola del contraddittorio nellÕassunzione delle prove.
La previsione della facoltˆ di chiedere lÕammissione di prove testimoniali anche nel procedimento di prevenzione con lÕintroduzione del comma 4bis dellÕart.7 del cit. d.lgs. n. 159/2011 non comporta che debbano trovare applicazione le regole del dibattimento per lÕassunzione della prova.
Nel caso di specie occorre evidenziare che la mancata ammissione della prove dichiarative richieste dalla difesa è stata adeguatamente motivata sul piano della superfluitˆ del loro esame diretto, a fronte della perdita di rilevanza della testimonianza di COGNOME riconosciuta dalla stessa difesa (dopo il rigetto della misura di prevenzione personale per difetto dellÕattualitˆ del giudizio di pericolositˆ) e della disposta acquisizione della consulenza tecnica del AVV_NOTAIO, senza che siano state neppure specificate le ragioni che ne avrebbero dovuto giustificare lÕesame diretto da parte del Tribunale e poi della Corte di appello.
Con riguardo al secondo motivo, per le stesse ragioni si ritiene di dovere dare seguito al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale nel procedimento di prevenzione, non si configura una violazione del principio di correlazione tra contestazione e decisione qualora il provvedimento applicativo
della misura ritenga sussistente una categoria di pericolositˆ sociale diversa da quella indicata nella proposta (nella specie, la pericolositˆ generica in luogo di quella qualificata ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159), purchŽ la nuova definizione giuridica sia fondata sui medesimi elementi di fatto posti a fondamento della proposta, in relazione ai quali sia stato assicurato alla difesa un contraddittorio effettivo e congruo (Sez. 1, n. 8038 del 05/02/2019, COGNOME, Rv. 274915, che ha, altres’, escluso l’applicabilitˆ nel procedimento di prevenzione dei principi affermati dalla Corte Edu nella sentenza Drassich c. Italia del 11 dicembre 2007 e, dunque, la necessitˆ che la difesa sia chiamata ad interloquire sulla diversa qualificazione della categoria di pericolositˆ sociale).
Peraltro, nel caso di specie lÕampliamento dellÕoggetto della proposta è stato fatto propria dal Pubblico Ministero ed è stato anche oggetto di valutazione da parte del proposto e della sua difesa attraverso il rimedio dellÕappello, con la conseguente sostanziale osservanza anche dei principi più rigorosi elaborati dalla giurisprudenza con riferimento alla modifica del titolo di reato oggetto dellÕimputazione nel processo penale.
é infondato anche il terzo motivo dedotto in relazione ai presupposti della pericolositˆ generica e qualificata nonchŽ in relazione al requisito della perimetrazione temporale.
In ragione dellÕautonoma valutazione dei presupposti della misura di prevenzione è certamente possibile che il giudice della prevenzione proceda ad una verifica della pericolositˆ qualificata, COGNOME anche di quella generica, sulla base delle risultanze investigative e probatorie acquisite in un procedimento penale prima che sia intervenuta la sentenza che definisce il giudizio penale per attingere da esso e ricostruire gli “elementi di fatto” su cui fondare tale accertamento.
Infatti, l’autonomia del giudizio penale, relativo alle medesime evidenze in fatto, si sostanzia anche in termini di indipendenza del relativo esito, sia questo pregresso o parallelo al procedimento di prevenzione.
Inoltre, va anche considerato che ai fini della valutazione della pericolositˆ generica non sono sufficienti meri indizi, perchŽ la locuzione utilizzata va considerata volutamente diversa e più rigorosa di quella utilizzata dallÕart. 4 del d.lgs. n. 159 del 2011 per lÕindividuazione delle categorie di cosiddetta pericolositˆ qualificata, dove si parla di ÇindiziatiÈ.
é stato più volte affermato nella giurisprudenza di legittimitˆ che in sede di verifica della pericolositˆ di soggetto proposto per l’applicazione di misura ai sensi dell’art. 1, comma, 1, lett. b) d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il giudice della prevenzione, in assenza di giudicato penale, pu˜ ricostruire in via autonoma la rilevanza penale di condotte emerse durante l’istruttoria, dando conto in
motivazione della ricorrenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice idonea alla produzione di proventi illeciti ( ex multis, Sez. 1, n. 43826 del 19/04/2018, R., Rv. 273976).
Orbene, nel caso di specie, tenuto conto di detti principi, non si ravvisano i dedotti vizi di carenza radicale ed assoluta di motivazione, i soli che potrebbero giustificare lÕaccoglimento del ricorso proponibile in questa materia solo per violazione di legge.
Con riferimento alla valutazione delle dichiarazioni rese dal collaboratore COGNOME è evidente la genericitˆ della dedotta discordanza tra le circostanze riferite negli interrogatori del 13 giugno 2018 e 18 settembre 2018 rispetto a quelle descritte negli interrogatori del 5 maggio e 5 luglio 2018 valorizzati nel decreto di confisca.
Il fatto che il COGNOME abbia riferito di un progetto di attivitˆ di gestione delle scommesse attraverso un lecito EMAIL.it, che comunque non era andato in porto, non contraddice quanto riferito dallo stesso collaboratore rispetto al carattere illecito delle parallele attivitˆ di raccolta delle scommesse attraverso il sito FSA.com, gestito dal COGNOME insieme al complice COGNOME.
Quanto al collaboratore COGNOME, che aveva parlato di COGNOME COGNOME riferimento economico della RAGIONE_SOCIALE, le doglianze difensive non assumono rilevanza decisiva rispetto al nucleo fondamentale del presupposto di fatto della confisca, che appare incentrato sullÕattivitˆ delittuosa collegata alla gestione illecita delle scommesse on-line , sia essa mafiosa o meno, che assorbe anche il periodo riferito alla c.d. pericolositˆ qualificata, rendendo tali censure non significative per escludere la pericolositˆ generica che copre lÕintero periodo dal 2010 al 2018, comprensivo anche di quello più ridotto di pericolositˆ qualifica (2015-2017).
Orbene, la base probatoria analizzata dal Tribunale e confermata dalla Corte di appello risulta incentrata anche sulle dichiarazioni rese dal coindagato NOME COGNOME, che hanno trovato riscontro nelle intercettazioni che dimostrano i rapporti di affari tra NOME COGNOME ed esponenti della ÔRAGIONE_SOCIALE nella gestione delle attivitˆ connesse ai siti che operavano nella raccolta delle scommesse illecite senza versare le quote di guadagno dovute allo Stato.
Al contrario di quanto dedotto dal ricorrente, nellÕordinanza impugnata vengono prese in esame le censure volte a svilire da un lato le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME e dallÕaltro quelle rese da NOME nel corso degli interrogatori assunti prima che il predetto definisse la
propria posizione con una sentenza di patteggiamento, non più ribadite durante lÕassunzione diretta in sede di procedimento di prevenzione da parte del Tribunale.
La Corte di appello per respingere le censure difensive ha fatto esplicito riferimento allÕordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di COGNOME confermata anche allÕesito del ricorso per cassazione deciso con la sentenza del 2 luglio 2019, relativa alle condotte di partecipazione ad un’associazione per delinquere, operante tra il 2015 e il 2017 in Reggio Calabria e altri luoghi italiani e esteri, costituita allo scopo di commettere una pluralitˆ di delitti in materia di esercizio abusivo di attivitˆ di gioco e scommesse, di dichiarazione infedele dei redditi e dell’iva, di truffa aggravata ai danni dello Stato, di riciclaggio, auto riciclaggio e reimpiego di proventi di delitto, con l’aggravante di aver agito per agevolare le attivitˆ della ‘RAGIONE_SOCIALE.
Il contenuto delle intercettazioni autonomamente apprezzate dai Giudici della prevenzione, poste a base anche dellÕordinanza cautelare predetta, avrebbero riscontrato le cointeressenze di esponenti mafiosi (COGNOME e COGNOME) con NOME COGNOME e NOME COGNOME, essendo emerso che per aprire quattro nuove sale per la raccolta delle giocate nel crotonese il COGNOME, nell’agosto del 2016, aveva dovuto chiedere l’assenso del COGNOME, giˆ indicato dallo COGNOME, in altra captazione del maggio del 2016, COGNOME la persona che si era occupato dell’apertura delle sale nel reggino; che, per versare la percentuale dovuta al clan RAGIONE_SOCIALE, era stata ‘creata’ un’apposita cassa, nella quale far confluire quel denaro, denominata gergalmente ‘Rucolabet’; e che, ad un certo punto, il COGNOME e il COGNOME avevano assunto un ruolo direttivo, iniziando anche a gestire in prima persona la raccolta delle scommesse con un ‘brand’ a loro direttamente riferibile, anche utilizzando canali di gioco on line all’estero.
La Corte di appello ha, perci˜, motivatamente escluso che tali consistenti e solide risultanze probatorie potessero essere ritenute inficiate nella loro valenza dimostrativa dalle dichiarazioni dello stesso COGNOME, attraverso il richiamo alle valutazioni operate in sede cautelare e confermate in sede di impugnazione anche di legittimitˆ, rispetto a delle mere manifestazioni di intenti secondo le quali il COGNOME avrebbe voluto, per personali ragioni religiose, “tenersi fuori dalle dinamiche illecite”.
Le censure appiano, perci˜, volte ad evidenziare non giˆ unÕomessa valutazione delle risultanze istruttorie analizzate ma a sollecitare una loro rilettura senza fare emergere vizi di coerenza logica o omissioni di circostanze di fatto obiettivamente rilevanti e decisive per supportare una diversa valutazione.
Con riguardo alla valutazione delle dichiarazioni rese dal teste assistito COGNOME (patteggiante per gli stessi reati) che ha smentito le prime dichiarazioni,
valorizzate dal Tribunale e ritenute più coerenti e credibili da parte della Corte di appello, si deve innanzitutto ribadire la infondatezza della prospettata applicazione delle regole proprie del dibattimento penale e della preminenza delle dichiarazioni assunte direttamente dal Tribunale della prevenzione rispetto a quelle assunte in sede di indagini preliminari da parte del Pubblico Ministero.
La valutazione della ravvisata inattendibilitˆ della ritrattazione di NOME è stata, al contrario di quanto dedotto dal ricorrente, attentamente e puntualmente motivata dalla Corte di appello, che ha dato conto delle ragioni dellÕassoluta incongruenza della nuova versione dei fatti, volta a sminuire il ruolo di NOME COGNOME nella gestione della RAGIONE_SOCIALEEMAILRAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso non potendo evidentemente sindacare la coerenza e logicitˆ della motivazione sul punto si limita a dedurre una pretesa violazione di legge, attraverso lÕestensione al procedimento di prevenzione della disciplina processuale che regola lÕassunzione delle prove dichiarative nel dibattimento penale e che rende sostanzialmente non utilizzabili le dichiarazioni predibattimentali rese dal teste e non confermate nel dibattimento.
Anche con riferimento a tale assunto, si ritiene che la giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione non possa giustificare la sua assimilazione al processo penale per le ragioni giˆ sopra esposte, non esistendo unÕastratta presunzione di maggiore attendibilitˆ delle dichiarazioni assunte ex novo nel procedimento di prevenzione da parte del giudice rispetto a quelle assunte negli interrogatori espletati nel corso delle indagini preliminari, imponendosi un raffronto delle stesse attraverso un vaglio che dia conto della ritrattazione e delle ragioni per le quali sia stata accordata preferenza allÕuna o allÕaltra versione.
Si tratta di una ipotesi assimilabile, del resto, a quella della ritrattazione in sede di giudizio abbreviato delle dichiarazioni accusatorie rese da un collaboratore di giustizia, ove si pu˜ legittimamente assegnare peso probatorio alle prime dichiarazioni, previo un controllo più incisivo, possibilmente esteso ai motivi della variazione del dichiarato, potendosi anche giungere a ritenere che la ritrattazione inattendibile o mendace si traduce, proprio perchŽ tale, in un ulteriore elemento di conferma delle accuse originarie (Sez. 4, n. 53568 del 05/10/2017, Pardo, Rv. 271706).
Con riferimento alla ulteriore questione dellÕerrata valorizzazione delle risultanze del procedimento relativo al delitto di infedele dichiarazione di imposta definitosi con lÕestinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, si deve ritenere che anche per esso valga la regola dellÕautonoma valutazione da compiersi nel procedimento di prevenzione.
A tale riguardo sebbene sia risultata effettivamente carente una autonoma valutazione da parte dei Giudici della prevenzione delle risultanze istruttorie di quel procedimento penale definitosi con la estinzione del reato senza un accertamento pieno della responsabilitˆ dellÕimputato, si tratta di una censura che anche se fondata non pregiudica la rilevanza della base probatoria complessiva posta a base della pericolositˆ generica, incentrata COGNOME detto sulle attivitˆ delittuose ritenute produttive di ingenti profitti (truffe ai danni dello Stato ed esercizio abusivo di attivitˆ di gioco e scommesse) che si collocano temporalmente, per COGNOME emerge dalle dichiarazioni confessorie di NOME, dal 2010 fino al 2018.
Il quarto motivo che investe la verifica del requisito della sproporzione e della sua consistenza quantitativa è parzialmente fondato, nei limiti e per le ragioni seguenti.
Non appaiono fondate le censure mosse alla congruenza del prospetto elaborato dalla G.d.F. (riportato alle pagg. 44 e 45 del decreto impugnato) sugli importi presi in esame per determinare la sperequazione tra entrate lecite e uscite.
LÕanalisi delle entrate lecite e delle uscite, svolta anche con lÕapporto del consulente di parte prof. COGNOME, ha riguardato un periodo molto ampio che va oltre quello più ristretto entro il quale si è manifestata la pericolositˆ del proposto, assunto quale parametro temporale di riferimento per valorizzare lÕassenza di proventi leciti adeguati agli incrementi patrimoniali verificatisi nel predetto periodo.
Come si evince chiaramente dalla motivazione dellÕordinanza impugnata tale prospetto dimostra COGNOME dal 1989 fino al 2018 le entrate lecite siano costantemente risultate, anno per anno, inferiori alle uscite considerate unicamente con riferimento alla sola spesa alimentare del nucleo familiare di COGNOME.
La circostanza che per alcune annualitˆ tale rapporto sia risultato talvolta positivo non inficia la complessiva valutazione dellÕassenza di redditi leciti in grado di giustificare gli investimenti patrimoniali che hanno richiesto esborsi che non sono stati ovviamente conteggiati nel computo della sperequazione.
Quindi, che lÕimporto della sperequazione tra entrate lecite e spese alimentari, calcolato nella cifra di euro 158.867, sia risultato inferiore allÕimporto degli incrementi patrimoniali ritenuti privi di giustificazione, non assume alcuna rilevanza, posto che lÕanalisi della sperequazione tra redditi e costo della vita è stata operata senza considerare le spese necessarie per gli investimenti finanziari e gli altri acquisiti di beni sottoposti a confisca, ma al solo fine di dare conto di COGNOME le entrate dichiarate non fossero nel loro complesso neppure sufficienti a
sostenere gli esborsi per la spesa alimentare calcolata secondo gli indice RAGIONE_SOCIALE del costo della vita.
La circostanza che la perimetrazione temporale della pericolositˆ sia stata poi rivista e rapportata ad un periodo più ristretto di quello considerato ai fini dellÕanalisi della sperequazione tra entrate e uscite per i fabbisogni di vita del nucleo familiare del proposto, ovvero compreso tra lÕanno 2010 e lÕanno 2018, non inficia la sussistenza della rilevata sperequazione tra entrate lecite ed uscite, proprio perchŽ limitate alla verifica del solo consumo alimentare, atteso che le maggiori entrate addotte dal ricorrente potrebbero al più servire a pareggiare il raffronto tra entrate e spese alimentari, senza incidere sulla prova della provenienza lecita delle maggiori entrate necessarie per giustificare gli incrementi patrimoniali sottoposti a confisca.
NŽ rileva ai fini del computo della sperequazione che alcuni dei beni acquistati nel periodo antecedente a quello di pericolositˆ siano stati dissequestrati, in assenza di allegazioni precise che dimostrino che da quei beni o attivitˆ fossero derivati dei redditi leciti non considerati ai fini del computo delle entrate poste a base del calcolo della sperequazione.
Deve perci˜ escludersi Ð COGNOME correttamente argomentato nel decreto impugnato – che le controdeduzioni in ordine al tema delle fonti o a quello degli impieghi siano tali da incidere sulla valutazione della rilevata sproporzionalitˆ, perchŽ la sperequazione Ð riferita alle sole uscite per spese alimentari – potrebbe al più essere azzerata ma senza arrivare a dare giustificazione lecita agli ulteriori e maggiori esborsi serviti per gli acquisti dei beni mobili ed immobili confiscati.
Appaiono, invece, fondate le censure per le quali il ricorrente lamenta con ragione la mancata valutazione in riferimento agli specifici acquisti di beni confiscati, di seguito indicati:
acquisto del 100% delle quote della RAGIONE_SOCIALE per lÕimporto di euro 40.800,00 coperto con somme erogate a titolo di prestito da Banco di Napoli in favore di NOME COGNOME.
autovettura Fiat 500 L, acquistata nel 2014 per euro 10.000,00, a fronte del fatto che a quellÕepoca il bene era di proprietˆ della RAGIONE_SOCIALE, di cui era stata revocata la confisca, e che nel 2018 il bene era stato ceduto a NOME COGNOME;
posizioni finanziarie intestate alla RAGIONE_SOCIALE giˆ dissequestrata, rispetto alle quali andrˆ verificato se si tratta di intestazioni fittizie di acquisti di fondi di investimento operati senza una provvista lecita, rispetto alle quali non rileva il dato che la RAGIONE_SOCIALE sia stata dissequestrata ma il momento in cui è stato operato lÕacquisto del fondo, se nel periodo di pericolositˆ o meno.
fabbricato intestato ad NOME, acquistato nel 2011 sito in Gioia Tauro in SS18, in parte con un finanziamento bancario di euro 40.800 ed in parte con due assegni bancari emessi nel 2010 sul suo conto, quindi con pagamenti che si assumono eseguiti nel 2010 prima dellÕinizio del periodo di pericolositˆ.
Con riferimento a tali punti è effettivamente mancata una valutazione da parte della Corte di appello, con la conseguenza che tale omissione si risolve in una carenza assoluta di motivazione che giustifica lÕannullamento con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per colmare detta lacuna.
Al riguardo, nel giudizio di rinvio dovrˆ comunque tenersi conto del principio, che vale per la confisca allargata COGNOME per quella di prevenzione, secondo cui non rileva, ai fini della giustificazione della provenienza del bene, che la provvista impiegata per l’acquisto del bene sottoposto a sequestro sia costituita da somme erogate a titolo di mutuo, nel caso in cui il denaro destinato all’adempimento dell’obbligazione nascente da tale contratto provenga dallo svolgimento di attivitˆ criminosa ( ex multis , Sez. 6, n. 21347 del 10/04/2018, Salanitro, Rv. 273388 01; Sez. 5, n. 33038 del 08/06/2017, Valle, Rv. 271217 – 01; Sez. 6, n. 31751 del 09/06/2015, COGNOME, Rv. 264461 – 01).
Dovrˆ, infine, anche tenersi conto della regola secondo cui non pu˜ essere disposta l’ablazione di un bene immobile nella sua interezza ove il pagamento del prezzo di acquisto sia avvenuto in parte con redditi di provenienza lecita, salvo il caso in cui la preponderanza della provvista proveniente da disponibilitˆ prive di giustificazione sia tale da rendere irrisoria, anche per la peculiare natura e consistenza economica del bene, la quota di conferimento lecita (cfr. Sez. 6, n. 35893 del 20/06/2019, COGNOME, Rv. 276832).
Va, pertanto, disposto l’annullamento del decreto impugnato limitatamente alla confisca disposta nei confronti di NOME COGNOME per i beni ad esso riferibili anche per interposizione fittizia, con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio sul punto.
11. Inammissibile è il ricorso di NOME COGNOME per genericitˆ di tutti i motivi dedotti.
Con riguardo al primo motivo è sufficiente richiamare le considerazioni giˆ esposte con riguardo alla medesima doglianza dedotta nel secondo motivo del ricorso di COGNOME, con riferimento alla eccepita nullitˆ del decreto per il disposto allargamento della valutazione della categoria della pericolositˆ, essendo stata considerata non quella specifica di cui allÕart. 4, comma 1, lett. b), Codice antimafia, ma quella generica e comune che non era stata considerata nella proposta iniziale di applicazione.
A tale riguardo basta aggiungere che essendo tale modifica stata decisa nel primo grado, la parte interessata avrebbe potuto adeguatamente difendersi rispetto anche alla necessitˆ di provare la congruenza dei propri redditi per tutto il periodo di pericolositˆ interessato attraverso la richiesta di integrazioni documentali in sede di appello, che non risultano al contrario essere state avanzate.
Con riferimento al secondo motivo si deve ricordare che per la confisca di prevenzione non occorre lÕaccertamento della precisa quota degli utili derivanti dalle attivitˆ illecite ascrivibili al ricorrente, a fronte della accertata condivisione dellÕattivitˆ di gestione illecita delle scommesse in concorso con NOME COGNOME e e NOME COGNOME.
Per la configurabilitˆ della pericolositˆ generica non si richiede che sia accertata per ciascuna fattispecie criminosa la precisa indicazione del profitto economico conseguito dall’autore del reato, essendo tale presupposto richiesto per la confisca penale del profitto del reato a norma dellÕart. 240 cod. pen. e non giˆ per la confisca di prevenzione che richiede, oltre all’abitualitˆ della condotta illecita, solo la dimostrazione della capacitˆ dei delitti commessi di produrre reddito illecito, requisito certamente configurabile in presenza della intensa attivitˆ criminosa svolta dal ricorrente in concorso con NOME COGNOME nella gestione di giochi e scommesse illecite negli anni compresi tra il 2010 ed il 2018.
A tale riguardo occorre osservare che anche senza considerare i reati tributari per i quali non è stato compiuta alcuna doverosa verifica circa il superamento delle soglie di punibilitˆ, appare senzÕaltro sufficiente anche il solo riferimento ai delitti di truffa contro lo Stato e di raccolta illecita e gestione delle scommesse, che rappresentano la fonte principale dei profitti illeciti ascritti al ricorrente.
Ci˜ anche in considerazione della rilevata sproporzione tra gli incrementi patrimoniali accertati nell’arco temporale corrispondente alla suddetta pericolositˆ e l’assenza di adeguate fonti lecite di reddito che, non essendo stata neppure oggetto di censure da parte del ricorrente, concorre a ritenere fondata la provenienza da delitto delle risorse impiegate per gli acquisti dei beni sottoposti a confisca.
Con riferimento al terzo motivo con cui si deduce lÕassenza di una base probatoria valida per lÕaccertamento della pericolositˆ generica si deve ribadire che per lÕautonomia del procedimento di prevenzione non si richiede affatto che gli elementi posti a fondamento della misura di prevenzione siano tratti necessariamente da una condanna penale, potendosi COGNOME sopra osservato attingere anche alle risultanze delle indagini svolte in un procedimento penale non ancora definito.
Dalla declaratoria di inammissibilitˆ dei ricorsi di COGNOME NOME, NOME e COGNOME NOME consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la loro condanna al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Annulla il decreto impugnato nei confronti di NOME COGNOME con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Cos’ deciso, il 30/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME