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Confisca di prevenzione: il nesso con la pericolosità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due coniugi contro un provvedimento di confisca di prevenzione. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per la confisca dei beni, è sufficiente dimostrare la pericolosità sociale del soggetto al momento dell’acquisto, anche se questa non è più attuale. I tentativi di rimettere in discussione la valutazione dei fatti, come la presunta liceità di alcune società o redditi, sono stati respinti in quanto non ammissibili nel giudizio di legittimità.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca di Prevenzione: Quando la Pericolosità Passata Giustifica la Misura Presente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36187 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema centrale nel diritto penale patrimoniale: la confisca di prevenzione. Il caso analizzato riguarda il ricorso di un imprenditore e di sua moglie contro la confisca di un ingente patrimonio, che includeva società, orologi di lusso, terreni e strumenti finanziari. La decisione della Suprema Corte chiarisce i confini tra la valutazione della pericolosità sociale passata e quella attuale del soggetto, confermando che la prima è sufficiente a giustificare l’ablazione dei beni di origine illecita.

I Fatti del Caso

La Corte di Appello, pur revocando la misura della sorveglianza speciale nei confronti di un imprenditore per un difetto di attualità della sua pericolosità sociale, aveva confermato la confisca di gran parte dei suoi beni e di quelli della coniuge. Secondo i giudici di merito, tale patrimonio era il frutto di attività illecite svolte in un lungo arco temporale, dal 1997 al 2017. I beni confiscati includevano partecipazioni societarie in Italia e all’estero, orologi di lusso e strumenti finanziari per l’imprenditore, e terreni edificabili per la moglie.

I Motivi del Ricorso e la Confisca di Prevenzione

I ricorrenti hanno impugnato la decisione in Cassazione, sollevando diverse questioni. L’imprenditore contestava la sussistenza stessa della sua passata pericolosità sociale, ritenendola provata in modo confuso e basata su elementi datati. Sosteneva inoltre la natura lecita e operativa di alcune sue società, considerate invece dai giudici come meri schermi per attività illecite. La moglie, dal canto suo, difendeva la legittimità dell’acquisto dei terreni, affermando che fossero stati comprati con redditi leciti e congrui del nucleo familiare.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. I motivi sono stati giudicati in parte infondati e in parte generici, in quanto miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi cardine che governano la materia della confisca di prevenzione.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra i presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione personali (come la sorveglianza speciale) e quelli per le misure patrimoniali (la confisca). Mentre per le prime è necessaria una pericolosità sociale attuale, per la confisca è dirimente che il soggetto fosse socialmente pericoloso al momento dell’acquisto dei beni. La pericolosità, come affermato dalle Sezioni Unite, si “trasferisce” al bene acquisito illecitamente, rendendolo confiscabile in modo permanente.

La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte di Appello sulla pericolosità dell’imprenditore nel periodo 1997-2017 fosse ampia e ben argomentata, basata su un’escalation criminale che spaziava da truffe e reati fiscali fino a riciclaggio, usura e collegamenti con la criminalità organizzata. I ricorsi, al contrario, si sono limitati a contestare solo alcuni aspetti di questa complessa ricostruzione, risultando generici e incapaci di evidenziare una reale violazione di legge. Anche le censure relative alla natura delle società e alla provenienza del denaro per l’acquisto dei terreni sono state respinte, poiché tendevano a un riesame del merito, inammissibile in sede di Cassazione. Il sindacato della Suprema Corte, infatti, è limitato ai soli vizi di legittimità, come la violazione di legge o una motivazione totalmente assente o solo apparente, ipotesi escluse nel caso di specie.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale: la confisca di prevenzione è uno strumento svincolato dalla pericolosità attuale del proposto. L’elemento chiave è la sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati, unita alla dimostrazione di una pericolosità sociale qualificata nel periodo in cui quei beni sono entrati nel patrimonio del soggetto. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, il messaggio è chiaro: i patrimoni di origine illecita restano vulnerabili alla confisca anche a distanza di anni, e il giudizio di Cassazione non rappresenta una terza istanza per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti compiuto nei gradi di merito.

Una confisca di prevenzione può essere mantenuta se la persona non è più considerata socialmente pericolosa?
Sì. La sentenza chiarisce che il presupposto per la confisca patrimoniale è la pericolosità sociale del soggetto al momento dell’acquisto del bene, non al momento in cui la misura viene disposta. Pertanto, la confisca può essere confermata anche se la pericolosità attuale è venuta meno.

Quali elementi possono essere usati per dimostrare la pericolosità sociale di un soggetto ai fini della confisca?
La pericolosità sociale può essere dimostrata attraverso una vasta gamma di elementi, tra cui sentenze irrevocabili per vari reati (truffa, ricettazione), violazioni fiscali, procedimenti penali in corso, deferimenti di polizia, dichiarazioni di collaboratori di giustizia e qualsiasi altro fatto che delinei una tendenza a delinquere e a vivere dei proventi di attività illecite.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti che ha portato alla confisca?
No. Il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazioni di legge. Non è possibile chiedere alla Suprema Corte di riesaminare i fatti o di valutare diversamente le prove già considerate dai giudici di merito. Un ricorso che tenta di farlo viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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