Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15856 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 299/2025
CC – 24/01/2025
R.G.N. 38611/2024
– Relatore –
COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a VASTO il 24/12/1967 COGNOME COGNOME nato a CHIETI il 07/01/1966 avverso il decreto del 30/09/2024 della Corte d’appello di L’aquila letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in preambolo, la Corte di appello dell’Aquila ha rigettato l’impugnazione, presentata nell’interesse di NOME e NOME COGNOME, volta a ottenere la revoca del decreto di confisca emessa dal Tribunale di Pescara, in data 2 ottobre 2008, emesso nel procedimento di prevenzione iscritto nei confronti di NOME COGNOME – di cui i ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME si qualificano rispettivamente quale erede e prossimo congiunto – relativo, tra gli altri, a un immobile sito in Pescara (INDIRIZZO, confermato dalla Corte di appello con decreto del 6 giugno 2011, divenuto definitivo in data 13 giugno 2012, a seguito del rigetto del ricorso per cassazione. 1.1. Il provvedimento ablatorio Ł stato reso nell’ambito di un procedimento di prevenzione instaurato in data antecedente al 2011, sul postulato della pericolosità sociale c.d. generica, ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, illo tempore vigente, di NOME COGNOME manifestatasi attraverso condotte illecite, e della sproporzione tra i beni da questi posseduti, direttamente o per interposta persona, e le entrate lecite del proposto e di chi ne risultava titolare. I ricorrenti hanno chiesto la revocazione della confisca invocando i principi enunciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 24 del 2019 e deducendo, in particolare, che la pericolosità sociale era stata correlata esclusivamente alla categoria dei soggetti «abitualmente dediti ai traffici delittuosi» – prevista dall’art. 1, lett. a), del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (e, in precedenza, ancora dall’art. 1 legge 27 dicembre 1956, n. 1423) – della quale il giudice delle leggi ha
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE PENALE Depositata in Cancelleria oggi Numero di raccolta generale 15856/2025 Roma, lì, 24/04/2025
sancito l’illegittimità costituzionale.
1.2. L’adito Tribunale di Pescara, il 22 febbraio 2024 ha respinto il ricorso sul rilievo dell’ininfluenza dell’evocata pronunzia della Corte costituzionale sulla misura di prevenzione patrimoniale applicata ai proposti, ritenuti soggetti socialmente pericolosi, oltre che ai sensi dell’art. 1, lett. a), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, disposizione colpita dalla declaratoria di incostituzionalità, anche sulla base di quanto previsto dagli artt. 1, lett. b), e 4 del menzionato corpus normativo; norme, queste, non interessate dalla dichiarazione di incostituzionalità. A riprova di tanto, il Tribunale ha richiamato la motivazione del decreto divenuto irrevocabile dalla quale si evinceva che il proposto NOME COGNOME derivava la sua pericolosità anche per la sua abitudine a vivere traendo profitto da attività illecite, non risultando che avesse mai lavorato, «in quanto dedito a traffici illeciti da cui trae sostentamento per sŁ e per la sua famiglia anche numerosa».
1.3. La Corte di appello, dopo aver richiamato la motivazione del Tribunale, ha confermato che il giudizio di pericolosità sociale del proposto era stato formulato non solo con riferimento alla categoria di cui alla lettera a) dell’art. 1 d.lgs. n. 159/2011 (cioŁ, tra «coloro che debbono ritenersi sulla base di elementi di fatto abitualmente dediti a traffici delittuosi»), ma anche nella categoria prevista dalla lettera b), che annovera «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose». Quindi ha valorizzato i risultati della perizia disposta dalla Corte di appello in sede di conferma del decreto di confisca che aveva consentito di escludere che NOME COGNOME, privo di lavoro lecito e di altro tipo d’introito, avesse potuto acquistare detto bene con somme di denaro lecite, il cui prezzo era del tutto sproporzionato rispetto alla capacità reddituale del proposto e del suo nucleo familiare.
Avverso tale ultimo provvedimento NOME e NOME COGNOME a mezzo del comune difensore avv. NOME COGNOME con unico atto, hanno proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo, articolato, nelle seguenti tre eccezioni e censure, di seguito sintetizzate nei limiti di cui all’art. 173 disp att. cod. proc. pen.
2.1. Con una prima censura si deduce la violazione di legge per effetto della dichiarata illegittimità costituzionale della normativa di cui agli artt. 1, comma 1, lett. b), 4, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 159/2011, con riferimento ad un giudizio di pericolosità generica fondata su tale categoria soggettiva.
2.2. Con una seconda censura, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta correlazione temporale tra i fatti costitutivi della pericolosità e l’acquisto dei beni oggetto del provvedimento, nonchØ il mancato accertamento di reati lucrogenetici.
2.3. Con l’ultima doglianza motivo Ł denunciata l’inosservanza di norme processuali e la contraddittorietà della motivazione. Nel ricorso si riporta per stralci il contenuto della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019; si deduce che in diversi altri provvedimenti giudiziari, del pari riprodotti per stralci, i giudici di merito avrebbero fatto applicazione di detto principio e che la Corte di cassazione (si cita la sentenza in data 8 settembre 2022 n. 27435) avrebbe annullato il provvedimento di confisca emesso nei confronti di altro stretto congiunto.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 7 gennaio 2025, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi non superano il vaglio di ammissibilità, perchØ del tutto a-specifici e reiterativi di censure adeguatamente vagliate nell’ordinanza impugnata.
Deve preliminarmente premettersi, in punto di legittimazione a ricorrere, che NOME COGNOME, che si qualifica “prossimo congiunto” del sottoposto alla misura di prevenzione, non Ł legittimato a chiedere la revoca della confisca se non come terzo interessato. Egli dunque, avendo allegato al ricorso la procura speciale, può ritenersi legittimato ritenendo che abbia voluto proporre io ricorso, appunto, quale terzo interessato. Quanto, invece, a NOME COGNOME, qualificatasi quale erede del sottoposto, avuto riguardo alla ritenuta intestazione fittizia del bene di questi, deve ritenersi che non abbia inteso presentarsi in giudizio come reale titolare ab origine, bensì come soggetto subentrato nella posizione del de cuius, titolare dissimulato.
Tanto premesso, i ricorsi propongono le medesime doglianze adeguatamente superate dal Tribunale e dalla Corte di appello, incentrate sull’asserita violazione di legge per effetto della dichiarata illegittimità costituzionale della normativa di cui agli artt. 1 co. 1 lett. b), 4 co. 1 lett c) d. lgs. n. 159 del 2011.
Tali doglianze non appaiono fondate, ove si abbia riguardo all’elaborazione giurisprudenziale successiva alla pronuncia della Corte costituzionale n. 24 del 2019 e relativa alle ipotesi di c.d. doppio titolo della confisca, cui la decisione impugnata si Ł conformata.
Segnatamente Sez. U, n. 3513 del 16/12/2021, dep. 2022, Fiorentino, Rv. 282474 – 02 ha statuito che «In tema di misure di prevenzione, la Corte di cassazione, investita del ricorso in materia di confisca di prevenzione definitiva, adottata in relazione alle ipotesi di pericolosità generica ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a) e lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per far valere gli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale pronunciata con sentenza n. 24 del 2019, Ł tenuta all’annullamento senza rinvio della sola misura fondata, in via esclusiva, sull’ipotesi di cui all’art. 1, comma 1, lett. a)»
Nella sentenza citata si Ł chiarito che nell’ipotesi, come quella che ci occupa, in cui la confisca risulti disposta sulla base di un “doppio titolo”, ossia sulla base dell’inscrizione del proposto sia nella categoria soggettiva di cui al d.lgs.. n. 159 del 2011, art. 1, comma 1, lett. a), sia in quella di cui alla lett. b), l’ovvia fondatezza della richiesta di revocazione con riguardo alla lett. a) cit. deve accompagnarsi alla verifica se il “titolo” di cui alla lett. b) cit. sia, rispetto allo specifico provvedimento di confisca che viene in rilievo, autonomo e autosufficiente, ossia svincolato dal sostegno giustificativo correlato alla figura di pericolosità sociale dichiarata incostituzionale e idoneo nella prospettazione del giudice di merito a offrire integrale fondamento al provvedimento ablatorio, in tutte le componenti patrimoniali che ha preso ad oggetto. Qualora tale verifica dia esito positivo, la confisca non può essere revocata, basandosi su un titolo non colpito dalla declaratoria di illegittimità, nØ, come sostengono alcune pronunce espressive, in particolare, del primo orientamento, il giudice della revocazione deve accertare che il provvedimento di applicazione di una misura fondata sul giudizio di c.d. pericolosità generica, anche ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. b), cit. sia fornito di adeguata motivazione circa la sussistenza del triplice requisito (delitti commessi abitualmente dal proposto che abbiano effettivamente generato profitti per il predetto, costituenti l’unico suo reddito o, quantomeno, una componente significativa dello stesso) necessario, alla luce della richiamata sentenza del giudice delle leggi, affinchØ le condotte sintomatiche di pericolosità possano rientrare in via esclusiva nel d.lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. b); invero, sostenere che il giudice della revocazione debba rivalutare gli elementi posti a sostegno dell’affermazione dell’ascrivibilità del soggetto alla luce dei canoni interpretativi avallati dalla sentenza n. 24 del 2019 significherebbe, in buona sostanza, attribuire alla pronuncia di rigetto quell’attitudine a incidere erga omnes sul provvedimento di confisca divenuto irrevocabile di cui, come si Ł visto, essa Ł priva.
Tale insegnamento, elaborato in ordine all’istituto della revocazione ex art. 28 D. Lgs. n. 159/2011, Ł estensibile anche alla revoca ex art. 7 L. n. 1423/56, applicabile all’ipotesi in esame ratione temporis. E ciò, anche in relazione agli ulteriori temi oggetto di puntualizzazione nella
Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: RAGIONE_SOCIALE Serial#: 792535018c78f5db
citatapronuncia delle Sezioni Unite: ovvero ai limiti e al contenuto della verifica che deve effettuare ilgiudice della revoca, oltre che alla latitudine della cognizione della Corte in ordine alla valutazionedel materiale conoscitivo (cfr. § 7.3 e 8 della citata pronuncia delle Sez. U Fiorentino, citata).
Pertanto, la Corte di cassazione, qualora sia investita del ricorso avverso un provvedimento applicativo di misura che, prima della dichiarazione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, comma 1, lett. a), ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, abbia inquadrato la pericolosità sociale del proposto nelle fattispecie di cui alle lett. a) e b) del citato art. 1, non Ł tenuta a disporre l’annullamento con rinvio di tale provvedimento per una nuova valutazione del materiale probatorio, in quanto lo stesso Ł già stato delibato nel contraddittorio delle parti e ritenuto sufficiente a ricavarne la ricorrenza dei presupposti delle misure di prevenzione, per essere il proposto annoverabile anche nella categoria criminologica di cui alla citata lett. b) dell’art. 1 cit. (Sez. 6, n. 38077 del 2019, Falasca); fermo restando che il fondamento giustificativo della confisca basato sulla categoria criminologica non investita dalla declaratoria d’illegittimità costituzionale deve connotarsi nei termini di autonomia e autosufficienza sopra indicati (§ 7.3 Sez. U Fiorentino, citata).
Scrutinati alla luce dei tali principi, osserva il Collegio come i ricorsi non sembrano confrontarsi con la corretta argomentazione svolta nel provvedimento impugnato secondo cui si verte, nella specie, anche in tema di art. 1, lettera b), del d.lgs. n. 159 del 2011, ambito al quale Ł estraneo l’intervento operato nella materia dalla menzionata sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019.
In particolare, pur a fronte del riferimento della Corte territoriale al fatto che l’immobile costituisce frutto dei ‘traffici delittuosi’ (che non pare in sØ corretto, perchØ sembra evocare proprio alla categoria di pericolosità generica oggetto della declaratoria d’illegittimità costituzionale), dal complesso della motivazione e dalla sua lettura congiunta con il decreto impugnato emerge il dato dei numerosi precedenti per delitti lucrogenetici e della valutazione di congruenza dei ‘proventi dell’attività illecita’ rispetto al valore dei beni confiscati e di cui COGNOME non Ł stato in grado di giustificare l’origine lecita, venendo in rilievo il giudizio di sproporzione rispetto alla capacità reddituale della famiglia, i cui componenti vantano anch’essi precedenti penali.
Del tutto inconferenti, poi, sono le decisioni trascritte per stralci, sia quella della Corte di Appello di Bari, sia quella di questa Corte riguardante NOME COGNOME con la quale era stata annullata senza rinvio la confisca emessa nei confronti del coniuge della ricorrente in violazione del principio di preclusione processuale. Si tratta, invero, di deduzioni del tutto eccentriche rispetto al tema che viene in rilievo nel presente ricorso, poichØ riguardano ipotesi ben diverse rispetto a quella in esame: come emerge dalla stessa descrizione delle fattispecie riportate nel ricorso, la decisione della Corte di appello di Bari si riferisce a ipotesi fondata sulla sola categoria di pericolosità generica oggetto di declaratorie di illegittimità costituzionale, mentre la pronuncia relativa a COGNOME NOME riguarda non già la questione delle implicazioni della pronuncia della Corte costituzionale piø volte citata, quanto le implicazioni di una precedente pronuncia restitutoria divenuta irrevocabile in sede di prevenzione.
Da ultimo, Ł appena il caso di osservare che la genericità e natura reiterativa dei ricorsi e la conseguente inammissibilità rende del tutto irrilevante il tema, recentemente posto all’attenzione delle Sezioni unite, riguardante i limiti entro cui il terzo estraneo al reato può far valere il diritto alla restituzione con la proposizione di incidente di esecuzione.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchØ, ravvisandosi profili di colpa relativi alla
causa di inammissibilità (cfr. Corte Cost. n.186 del 2000), al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si ritiene congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/01/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
EVA TOSCANI