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Confisca di prevenzione: il dies a quo della pericolosità

La Cassazione annulla parzialmente una confisca di prevenzione. L’accertamento del ‘dies a quo’ (inizio) della pericolosità sociale deve basarsi su prove precise e non su mere deduzioni logiche, specialmente se si retrodata rispetto a un periodo già accertato in sede penale. Il ricorso è stato accolto per un ricorrente e rigettato per l’altro.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca di Prevenzione: Quando Inizia la Pericolosità Sociale?

La confisca di prevenzione rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per contrastare l’accumulazione di ricchezza illecita. Tuttavia, la sua applicazione deve rispettare rigorosi paletti giuridici. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 47046/2024) offre un importante chiarimento su un aspetto cruciale: la determinazione del momento esatto in cui ha inizio la pericolosità sociale del soggetto, presupposto indispensabile per poter aggredire i suoi beni. Il caso analizzato riguarda la confisca di immobili e quote societarie nei confronti di due soggetti, con esiti opposti a seconda della solidità delle prove.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un decreto della Corte di Appello di Napoli che, pur revocando il sequestro di alcuni beni minori, confermava la confisca di un cospicuo patrimonio immobiliare e societario. I beni appartenevano a due persone, un imprenditore e una sua congiunta. L’imprenditore era ritenuto socialmente pericoloso per i suoi legami con due noti clan camorristici, attivi nel settore della contraffazione di capi d’abbigliamento.

I ricorrenti si sono rivolti alla Corte di Cassazione, sostenendo che i beni confiscati fossero stati acquistati con fondi leciti e, nel caso dell’imprenditore, in un’epoca antecedente all’inizio della sua presunta pericolosità sociale. In particolare, un immobile industriale era stato acquistato nel 1985, mentre una sentenza penale aveva circoscritto la sua partecipazione al clan nel periodo tra il 1990 e il 2003.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha emesso una decisione differenziata per i due ricorrenti:

1. Ricorso dell’imprenditore (parzialmente accolto): La Corte ha annullato la confisca relativa all’immobile acquistato nel 1985, rinviando il caso alla Corte di Appello per un nuovo esame. Il resto del suo ricorso è stato dichiarato inammissibile.
2. Ricorso della congiunta (respinto): Il ricorso è stato dichiarato interamente inammissibile, confermando la confisca dei beni a lei intestati.

Le Motivazioni dietro la Confisca di Prevenzione

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi del concetto di pericolosità sociale qualificata e della sua dimensione temporale. La Cassazione ha stabilito che la confisca di prevenzione può colpire solo i beni acquistati durante il periodo in cui la pericolosità del soggetto si è manifestata.

Nel caso dell’imprenditore, la Corte di Appello aveva retrodatato l’inizio della sua pericolosità al 1985, basandosi su dichiarazioni generiche di collaboratori di giustizia e su un’argomentazione logica: se l’attività illecita era pienamente operativa nei primi anni ’90, i legami con la criminalità organizzata dovevano essere preesistenti. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione viziata da una violazione di legge. Non è sufficiente una mera deduzione logica per stabilire con precisione il dies a quo (il giorno d’inizio) della pericolosità. È necessaria un’indagine accurata e basata su elementi concreti che dimostrino in modo inequivocabile che il soggetto fosse già socialmente pericoloso al momento dell’acquisto del bene. Di conseguenza, ha annullato la confisca dell’immobile, imponendo alla Corte di Appello di riesaminare il punto con maggiore rigore probatorio.

Per quanto riguarda la congiunta, la Cassazione ha invece confermato la decisione dei giudici di merito. Le sue doglianze sono state respinte perché la Corte di Appello aveva correttamente motivato l’assenza di redditi leciti a fronte degli acquisti effettuati. Era stato evidenziato che non basta indicare la provenienza dei fondi da un prestito o da un familiare; è onere della difesa dimostrare che tali fonti fossero legittime e che vi fosse la capacità economica di ripagare eventuali debiti con entrate lecite. In assenza di tale prova, la confisca è stata ritenuta legittima.

Le Conclusioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia della Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale dello stato di diritto: le misure patrimoniali, per quanto necessarie, non possono basarsi su presunzioni o generalizzazioni. La determinazione del periodo di pericolosità sociale deve essere ancorata a fatti specifici e provati, non a semplici inferenze. La sentenza distingue nettamente tra le regole del processo penale e quelle del procedimento di prevenzione, ma ribadisce che anche in quest’ultimo ambito il giudice deve condurre un’indagine rigorosa prima di disporre una misura così grave come la confisca. Per i terzi intestatari di beni, inoltre, viene confermato il principio secondo cui la prova della liceità dei fondi deve essere completa e non può limitarsi a una generica indicazione della loro provenienza.

Quando può essere disposta una confisca di prevenzione?
La confisca di prevenzione può essere applicata ai beni di un soggetto ritenuto socialmente pericoloso, quando vi è una sproporzione significativa tra il valore di tali beni e i redditi dichiarati e non sia possibile giustificarne la legittima provenienza. Inoltre, i beni devono essere stati acquisiti durante il periodo in cui si è manifestata tale pericolosità.

È possibile confiscare un bene acquistato prima del periodo di attività illecita accertato in un processo penale?
Sì, è possibile, ma a condizione che il giudice della prevenzione dimostri, sulla base di elementi fattuali precisi e non di mere deduzioni logiche, che la pericolosità sociale del soggetto esisteva già al momento dell’acquisto del bene. Retrodatare questo periodo richiede una prova rigorosa e un’accurata indagine.

Basta dimostrare di aver ricevuto un prestito per giustificare l’acquisto di un bene e sottrarlo alla confisca?
No. Secondo la sentenza, non è sufficiente indicare la provenienza dei fondi (come un prestito), ma è necessario dimostrare anche la capacità di restituire tale prestito con redditi leciti. L’onere della prova sulla legittima provenienza dei beni non è soddisfatto dalla mera indicazione di una provvista, ma richiede di dimostrare che il bene non sia stato acquistato con proventi di attività illecite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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