Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 43169 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 43169 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a CARINI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CARINI il DATA_NASCITA avverso il decreto del 21/11/2022 della CORTE di APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, che concludeva per il rigetto del ricorso e degli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO insistevano per l’accoglimento del ricorso; gli stessi depositavano, altresì, memoria di replica alle conclusion del pubblico ministero
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Palermo, decidendo in seguito all’annullamento con rinvio disposto dalla Sesta sezione penale della Corte di Cassazione, confermava la legittimità dell’applicazione della confisca di prevenzione disposta dei beni indicati in atti nei confronti di NOME COGNOME (proposto) e della moglie NOME COGNOME (terza interveniente).
La Cassazione annullava il decreto sia nella parte in cui non giustificava la sussistenza della pericolosità dell’COGNOMEna nel periodo precedente alla seconda metà degli anni ’90 e nella parte in cui disponeva la confisca dei beni di NOME COGNOME, senza considerare le allegazio difensive.
Avverso tale sentenza GLYPH proponevano ricorsi congiunti per cassazione il difensore del proposto e della terza interveniente che deduceva:
2.1. violazione di legge: si lamentava la carenza assoluta di motivazione in relazione all eccezione di nullità – già presentata nel corso del giudizio di rinvio – relativa alla propos confisca, che sarebbe stata avanzata nei confronti di NOME COGNOME, e non nei confronti di NOME COGNOME. Assente la richiesta nei confronti del ricorrente, che non avrebbe assunto il ruolo di proposto, ma solo di terzo interveniente, la confisca avrebbe dovuto ritenersi nulla;
2.2. violazione di legge: il provvedimento impugnato sarebbe affetto da carenza di motivazione in relazione alle eccezioni difensive rivolte confronti della credibilità dei conte accusatori riversati nel processo dal collaboratore COGNOME; la sua progressione dichiarativ sarebbe irregolare tenuto conto che nel 2016 il collaboratore aveva affermato circostanze radicalmente diverse da quelle dichiarate nel corso del giudizio di appello; si tratterebbe circostanze decisive in quanto riguardavano i rapporti tra la famiglia COGNOME e l’COGNOME, partecipazione del COGNOME all’acquisto e alla vendita dei terreni rilevati o ceduti dal ricor il fatto che questi non fosse stato estorto ed il fatto che sia il ricorrente che il padre av avuto rapporti con i COGNOME. A ciò si aggiungeva che le circostanze riversate tardivamente nel processo dal COGNOME sarebbero contrarie a quelle riferite da NOME COGNOMECOGNOME che aveva escluso l’esistenza di rapporti tra la famiglia di COGNOME e l’COGNOME, riferendo solo di un rap di amicizia tra questi ed il COGNOME (il COGNOME era reggente della famiglia di COGNOME ed era al capo-mafia NOME COGNOME, sicché avrebbe dovuto essere considerato particolarmente attendibile).
Si eccepiva, inoltre, che non sarebbe stato provato che l’COGNOME avesse avuto rapporti con i COGNOME, reggenti della famiglia famosa di COGNOME negli anni ’80; tale circostanza non sarebbe stata riferita nel 2016 dal COGNOME, ma sarebbe stata riferita da altri collaborato giustizia e sarebbe rimasta priva di riscontro.
Si deduceva che il tema della “pericolosità sociale” sarebbe stato già trattato dalla sentenza annullata con rinvio e non devoluto al giudice del procedimento rescissorio;
2.3. violazione di legge: si deduceva la carenza assoluta di motivazione in ordine all doglianze difensive riferite alla liceità della provvista iniziale nella disponibilità dell’Al si lamentava che tutte le circostanze allegate – e, principalmente, il fatto che il ricor avesse lavorato presso la macelleria dello zio e che, nella metà degli anni ’80, si fosse trasfer negli Stati Uniti gestendo una pizzeria – indicherebbero che l’COGNOMEna avrebbe lecitamente accumulato il denaro che aveva depositato presso la Banca Popolare di COGNOME (come confermato da diversi testi, le cui dichiarazioni erano state allegate, ma non considerate: ci si riferiva, specifico, alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME).
In sintesi: si riteneva che le valutazioni del perito sarebbero inficiate dalla manc considerazione della provvista iniziale, di origine lecita; tale valutazione sarebbe stata decis per valutare la proporzionalità delle risorse lecite disponibili in relazione agli acquisti cont
2.4. Violazione di legge: si deduceva la carenza di motivazione in ordine alle allegazioni difensive con le quali il ricorrente aveva contestato il fatto che tutti i saldi relativi agli a in considerazione fossero negativi. Invero i saldi negativi si riferivano solamente alle annuali ’96,’97, e ’98, in relazione alle quali era stato allegato che non si sarebbe tenuto conto costo di costruzione dell’edificio di INDIRIZZO, nonché di alcune voci, valuta erroneamente (le entrate per disinvestimento e gli incassi per acconti sulle vendite).
2.5. Violazione di legge con riguardo ai beni confiscati a NOME: si deduceva che ne 1985, quando i beni venivano acquistati dai genitori dell’odierna ricorrente, la stessa non er coniugata con l’COGNOME e che aveva acquisito i beni per successione e donazione, quest’ultima risalente al 1991.
2.6. Violazione dell’art. 6 CEDU e degli artt. 111 e 117 Cost.: si contestava il travalicamento del limite dell’autonomia valutativa tra distinti procedimenti, poiché l’assoluzione dell’COGNOME per il procedimento penale che aveva escluso la sua collusione con la mafia sarebbe incompatibile con la confisca di prevenzione. La afflittività della confisca consentiva, infat equipararla ad una pena, che non avrebbe potuto essere inflitta in violazione dei principi convenzionali e costituzionali senza una condanna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
1.1.11 primo motivo non supera la soglia di ammissibilità in quanto GLYPH eccepisce tardivamente, solo nel giudizio di rinvio – una nullità GLYPH in ipotesi verificatasi nel corso del processo.
Si riafferma, sul punto, in riferimento al giudizio di rinvio, il divieto, di cui all’ comma quarto, cod. proc. pen., di dedurre nullità, anche assolute, verificatesi nei precedenti gradi di giudizio: nel giudizio di rinvio, infatti non possono dedursi nullità, ancorché assol verificatesi nei giudizi precedenti; né tali nullità possono essere dedotte quale motivo di nuo ricorso per cassazione, ossia come mezzo di annullamento della sentenza del giudice di rinvio, poiché la sentenza di cassazione, inoppugnabile per dettato di legge, copre il dedotto e il deducibile, ivi comprese le eventuali nullità (tra le altre: Sez. 5, n. 4115 del 09/12/2 dep.2010, COGNOME, Rv. 246099 – 01; Sez. 5, n. 39478 del 04/07/2018, COGNOME Bazuaze, Rv. 273883 – 01). Per le medesime ragioni le predette nullità non sarebbero rilevabili d’ufficio.
1.2. Gli altri tre motivi del ricorso proposto nell’interesse dell’COGNOMEna non superano soglia di ammissibilità in quanto si risolvono nella contestazione del percorso motivazionale tracciato dalla Corte di appello, ovvero nella deduzione di un vizio non riconducibile al “violazione di legge”, unica censura deducibile nella materia delle misure di prevenzione.
Si riafferma infatti che, in tale materia, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto pe violazione di legge, nozione in cui va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con
un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (ex multis: Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulè, Rv. 279284).
Nel caso in esame la motivazione del provvedimento impugnato si configura come persuasiva ed esaustiva in relazione a tutte le aree oggetto di censura. Segnatamente:
(a) risultano analiticamente valutate le dichiarazioni del COGNOME; quanto dichiarato del collaboratore risulta analizzato nel dettaglio nelle pagine 7-15 de provvedimento impugnato; le circostanze disvelate risultano pacificamente indicative della sussistenza della pericolosità sociale del proposto anche nel periodo immediatamente antecedente alla seconda metà degli anni ’80. Il COGNOME rendeva dettagliati e coerenti dichiarazioni individuando anche la collocazione temporale della collusione affaristico-mafiosa del proposto con le famiglie, inquadrando le sue relazioni di cointeressenza illecita in un periodo che risaliva agli anni ’80 (pag. 7). Si tratt dichiarazioni, ottenute nel corso del giudizio di rinvio, quando il collaboratore è st sollecitato a riferire delle risalenti cointeressenze del proposto, che hanno trovat ampio riscontro nelle altre prove raccolte. In tal modo, la Corte d’appello adempiva ,a1 mandato della sentenza rescindente, valutando le prove disponibili per verificare se la pericolosità del proposto fosse estensibile anche agli anni ’80, il che consentiva d apprendere i beni acquisiti in quel periodo. La motivazione sul punto, persuasiva e dettagliata, non è censurabile in questa sede.
(b) Del pari, risulta analizzata la questione della formazione del patrimonio di NOME COGNOME. Sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME veniva evidenziato come lo stesso avesse avuto rapporti anche con i COGNOME. L’analisi delle prove raccolte induceva la Corte d’appello a ritenere che gli affari ill dell’COGNOME con i COGNOME risalivano alla seconda metà agli anni ’80. Veniva ritenuto che anche beni acquistati dall’COGNOME, in tale risalente periodo fossero .d provenienza illecita non soltanto perché, all’esito dell’istruttoria, ne era stata dimostr la correlazione temporale con l’emergere della condizione di pericolosità, ma anche perché i dati contabili evidenziati nel decreto del tribunale, e condivisi dalla Corte appello, nonché la perizia disposta nel giudizio, ne avevano dimostrato l’evidente sproporzione rispetto alle disponibilità lecite dello stesso. Dunque, contrariamente, a quanto dedotto, i giudici di merito avevano effettuato un’analisi approfondita della corrispondenza tra risorse lecite e patrimonio disponibile, ritenendo che vi fosse una sproporzione che giustificasse la confisca.
(c) La motivazione richiamata consente di ritenere manifestamente infondato anche il motivo con il quale si riduceva la carenza di motivazione in ordine alle allegazion difensive con le quali ricorrente aveva contestato i saldi negativi negli anni manifestazione della pericolosità. Secondo il ricorrente i saldi negativi si riferivano s ad alcune annualità: contrariamente a quanto dedotto, la Corte territoriale riteneva che i
rilievi economico patrimoniali del consulente tecnico della difesa non fossero idonei a confutare i valori negativi che emergevano dalla perizia disposta dalla Corte, che veniva ritenuta maggiormente persuasiva. La Corte di merito ribadiva che la ricostruzione dei flussi finanziari in entrata ed in uscita al 31 dicembre 1995 era sempre stata negativa.
Non si verte certo in un caso di motivazione “apparente” o del tutto carente: il percorso motivazionale appare tracciato in modo definito e le valutazioni in ordine alla pericolosità ed al sproporzionate risultano effettuate in modo persuasivo.
Peraltro, contrariamente a quanto dedotto, non emergono valutazioni estranee al mandato rescindente, tenuto che la Corte di appello ha scrutinato le prove disponibili per verificare la risalenza della condizione di pericolosità al periodo precedente alla seconda metà degli anni ’90, in piena coerenza con il mandato.
Non vi sono margini, dunque, per accogliere le censure. 1.3. Il motivo di ricorso con il quale si contesta la legittimità costituzionale valorizzazione di elementi di prova emersi nell’ambito del giudizio che aveva condotto all’assoluzione dell’COGNOME dal reato di partecipazione ad associazione mafiosa non supera la soglia di ammissibilità, ed è comunque manifestamente infondato, in quanto non si confronta con la consolidata giurisprudenza secondo cui, nel corso del giudizio di prevenzione, nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, il giudice può utilizzare le sent pronunciate nei confronti del proposto che sia stato assolto con la formula dell’insufficienza contraddittorietà della prova, ma in tal caso la verifica dell’effettiva consistenza e sintomati degli indizi di appartenenza al sodalizio mafioso deve essere condotta sulle risultanze probatorie acquisite nel giudizio penale e sulle reali ragioni del convincimento di non colpevolezza espresso dai giudici di merito (Sez. 2, n. 4191 del 11/01/2022, COGNOME, Rv. 282655; Sez. 2, n. 33533 del 25/06/2021, Avorio, Rv. 281862; Sez. 6, n. 921 del 11/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261842 – 01). A ciò si aggiunge che la Cassazione ha condivisibilmente affermato che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di norme costituzionali, poiché l’inosservanza di disposizioni della Costituzione non è prevista tra i casi ricorso dall’art. 606 cod. proc. pen. e può soltanto costituire fondamento di questione d legittimità costituzionale (Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep.2015, COGNOME, Rv. 261551 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
E’, invece, fondato il ricorso proposto nell’interesse di NOME. Nella sente rescindente la Cassazione aveva evidenziato la radicale mancanza di motivazione con riguardo alle doglianze proposte con l’appello presentato nell’interesse di NOME.
Il mandato rescindente, in questo caso, non risulta adempiuto, dato che si rinviene nuovamente una carenza motivazionale correlata alla mancata presa in carico delle articolate deduzioni difensive avanzate con l’atto di appello nell’interesse di NOME.
Sul punto il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio alla Corte di appello di Palermo, che valuterà la fondatezza dei motivi di appello proposti nell’interesse dell ricorrente.
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso di COGNOME NOME consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato nei confronti di COGNOME NOME, con rinvio alla Corte di appel di Palermo in diversa composizione. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso in Roma, il giorno 24 settembre 2024
L’estensore il Presi ente