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Confisca di prevenzione: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha confermato una misura di sorveglianza speciale e la confisca di prevenzione di un immobile, rigettando il ricorso dei proposti. La sentenza sottolinea che la nuova misura era basata su fatti recenti e non violava il principio del ‘ne bis in idem’. Inoltre, ha ribadito che il ricorso in Cassazione in materia di prevenzione è limitato alla sola violazione di legge, escludendo una nuova valutazione del merito sulla pericolosità sociale o sulla sproporzione patrimoniale, se la motivazione del giudice non è meramente apparente.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca di prevenzione: la Cassazione sui limiti del ricorso e l’attualità della pericolosità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8626 del 2024, offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione della confisca di prevenzione e sui ristretti margini di impugnazione di tali provvedimenti dinanzi alla Suprema Corte. Il caso riguardava l’applicazione della sorveglianza speciale e la confisca di un immobile nei confronti di un soggetto ritenuto socialmente pericoloso e della sua coniuge. L’analisi della Corte si concentra su due aspetti cruciali: il principio del ne bis in idem e la nozione di ‘violazione di legge’ come unico motivo di ricorso.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un decreto della Corte di Appello di Reggio Calabria, che aveva confermato una misura di prevenzione personale (sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno) a carico di un individuo e la confisca di un fabbricato di proprietà della moglie. Il soggetto era già stato sottoposto a una prima misura di prevenzione nel 2003, a seguito di una condanna per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti per fatti commessi tra il 1999 e il 2000.

La nuova misura, invece, si fondava su una successiva condanna per gravi reati legati alla cessione di sostanze stupefacenti, commessi tra il novembre 2014 e l’aprile 2016. La confisca dell’immobile, costruito tra il 2008 e il 2009, era stata disposta poiché i giudici di merito avevano ritenuto non provata la provenienza lecita delle somme impiegate per la sua edificazione.

I Motivi del Ricorso

I ricorrenti hanno impugnato la decisione della Corte di Appello dinanzi alla Cassazione, sollevando diverse questioni. In sintesi, i principali motivi di ricorso erano:

1. Violazione del principio del bis in idem: Si sosteneva che la nuova misura fosse stata disposta sulla base degli stessi elementi già valutati per la prima misura del 2003, violando il divieto di essere giudicati due volte per gli stessi fatti.
2. Mancanza di attualità della pericolosità sociale: Secondo la difesa, i fatti più recenti risalivano al 2016, ovvero sei anni prima della decisione, un lasso di tempo troppo lungo per poter considerare ancora ‘attuale’ la pericolosità del soggetto.
3. Violazione di legge sulla prova dell’illecita accumulazione: Si contestava la valutazione dei giudici riguardo alla sproporzione tra i redditi leciti e il valore dell’immobile, sostenendo che non fosse stata adeguatamente considerata la documentazione che provava la liceità dei fondi.

L’Analisi della Corte di Cassazione sulla confisca di prevenzione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi infondati, cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di misure di prevenzione. Il punto centrale dell’argomentazione della Corte è la natura del ricorso per cassazione in questo specifico procedimento. Viene chiarito che, a differenza del processo penale ordinario, il ricorso è ammesso soltanto per violazione di legge.

Questo significa che non è possibile contestare l’illogicità della motivazione o chiedere alla Cassazione una diversa valutazione dei fatti. Il controllo di legittimità è escluso quando la motivazione del giudice di merito esiste, è coerente e completa. Solo in caso di motivazione totalmente assente o ‘meramente apparente’ (cioè formalmente esistente ma di fatto incomprensibile o palesemente slegata dai fatti), si configura una violazione di legge che può essere censurata in sede di legittimità.

La Pericolosità Sociale e la Correlazione Temporale

Applicando questi principi al caso di specie, la Corte ha smontato le argomentazioni dei ricorrenti.

Sul bis in idem*: La Corte ha evidenziato come la Corte di Appello avesse chiaramente fondato la sua decisione su fatti nuovi e distinti (quelli del 2014-2016) rispetto a quelli della prima misura (1999-2000), escludendo quindi ogni violazione del principio.
* Sull’attualità della pericolosità: La valutazione sull’attualità è stata ritenuta corretta, considerando non solo la gravità dei nuovi reati ma anche il periodo di detenzione sofferto dal soggetto, che interrompe il decorso del tempo.
* Sulla confisca: I giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte di Appello avesse adeguatamente motivato le ragioni per cui l’immobile era da considerarsi nella disponibilità del proposto e perché la provenienza lecita delle somme impiegate per costruirlo non fosse stata dimostrata, alla luce dei redditi dichiarati dall’intero nucleo familiare.

le motivazioni
La Corte di Cassazione ha concluso che i motivi di ricorso, in realtà, non denunciavano una vera e propria violazione di legge, ma miravano a ottenere una nuova e non consentita valutazione del merito. I ricorrenti, attraverso una critica frammentaria e generica del provvedimento, tentavano di sollecitare una riconsiderazione degli elementi probatori, un’operazione preclusa in sede di legittimità. La motivazione della Corte di Appello è stata giudicata né assente né apparente, ma fondata su una ricostruzione logica e coerente dei precedenti penali, della carriera criminale del soggetto e della sproporzione patrimoniale. La decisione impugnata aveva correttamente spiegato perché i nuovi fatti di reato dimostrassero una perdurante e attuale pericolosità sociale e perché la costruzione dell’immobile fosse temporalmente correlata all’attività illecita del proposto, giustificando così sia la misura personale sia la confisca di prevenzione.

le conclusioni
Il rigetto dei ricorsi e la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali sanciscono un principio chiave: la confisca di prevenzione si basa su un giudizio di merito che, se adeguatamente motivato, non può essere rimesso in discussione davanti alla Corte di Cassazione. La sentenza ribadisce la solidità dell’impianto normativo delle misure di prevenzione patrimoniale come strumento di contrasto all’accumulazione di ricchezze illecite, tracciando un confine netto tra il controllo sulla corretta applicazione della legge, proprio della Cassazione, e la valutazione dei fatti, di esclusiva competenza dei giudici di merito.

È possibile applicare una nuova misura di prevenzione per fatti già considerati in una misura precedente?
No, il principio del ‘ne bis in idem’ lo vieta. Tuttavia, come chiarito dalla Corte, è possibile applicare una nuova misura se questa si fonda su fatti di reato nuovi e successivi, diversi da quelli che hanno giustificato la misura precedente.

In un ricorso per cassazione contro una misura di prevenzione, si può contestare la valutazione dei fatti del giudice?
No. Il ricorso per cassazione in materia di prevenzione è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Ciò significa che non si può chiedere una nuova valutazione delle prove o contestare la logicità della motivazione, a meno che questa non sia completamente assente o meramente apparente, cioè talmente illogica da non essere comprensibile.

Quali sono i presupposti per la confisca di prevenzione di un bene?
Il giudice deve accertare la pericolosità sociale del soggetto in un determinato periodo e la sproporzione tra i beni posseduti e i redditi leciti dichiarati. È necessario dimostrare una correlazione temporale tra il periodo di pericolosità e l’acquisto del bene, la cui legittima provenienza non risulta provata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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