Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8626 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8626 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA
NOME NOME, nata a Siderno il DATA_NASCITA
avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Reggio Calabria 1’01/07/2022;
visti gli atti ed esaminati i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha chiest che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni degli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, difensori dei ricorrenti che hanno insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato il decreto con cui è stata disposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nei riguardi di COGNOME NOME e la confisca di un fabbricato di proprietà COGNOME NOME, coniuge del proposto.
Hanno presentato ricorso per cassazione il proposto e COGNOME NOME, terza interessata, articolando plurimi motivi.
2.1. Con il primo si lamenta violazione di legge e assenza di motivazione quanto al requisito della attualità sia della ritenuta pericolosità sociale qualificata di cui all lett. b) i d. Igs. n. 159 del 6 settembre 2011, sia di quella generica, di cui all’art. 4, l c), d. Igs. cit.
Il giudizio sarebbe stato formulato sulla base della intervenuta condanna nel 2003 per il reato di cui all’art. 74 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 per fatti commessi “dicembre del 1999 al settembre 2000” in relazione ai quali COGNOME sarebbe già stato sottoposto in precedenza a misura di prevenzione.
Nel caso di specie ci sarebbe una violazione del bis in idem, atteso che la nuova misura sarebbe stata sostanzialmente disposta sulla base degli stessi elementi posti a fondamento della prima, non essendo stato valorizzato alcunchè di “nuovo”, tenuto conto, peraltro, che la stessa Corte di appello aveva ridotto la durata della prima misura di prevenzione, così dando atto della cesura con il passato, e che COGNOME sarebbe stato assolto da altra imputazione di cui all’art 74 cit. con sentenza irrevocabile in c si sarebbe dato atto della inesistenza di un legame associativo a carico del ricorrente che, nella occasione, sarebbe stato condannato solo per il reato di cui all’art. 73 cit escluse tutte le aggravanti ad eccezione di quella di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309 de 1990.
Sarebbe dunque errato l’assunto secondo cui i fatti oggetto del procedimento penale si salderebbero con quelli pregressi posti a fondamento della prima misura di prevenzione.
Non diversamente, il decreto sarebbe viziato per avere la Corte ritenuto sussistente la pericolosità generica sulla base di una serie di sentenze di condanna per fatti commessi, alcuni, tra il 1998 e il 2000 e, altri, tra il 2008 e il 2016.
Si osserva, quanto al primo gruppo di fatti, che essi rientrerebbero tra quelli già presi in considerazione per la emissione della prima misura di prevenzione e, quanto ai secondi, che comunque il più recente risalirebbe al 2016 e, dunque, sei anni addietro.
Nella specie non sussisterebbe il requisito dell’attualità.
Sotto altro profilo sarebbe errato anche l’assunto della Corte relativo al criterio correlazione temporale tra la fase di arricchimento illecito e l’acquisto del bene.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge quanto alla prova della illecita accumulazione.
Si evidenzia come il Tribunale di Reggio Calabria nel 2003 avesse chiarito la legittimità delle somme allora sottoposte a sequestro e come detto elemento sia stato non valutato dai giudici del secondo procedimento di prevenzione.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge quanto alla mancata valutazione della documentazione comprovante la liceità dei fondi (in tal senso vi è una parte del ricorso descrittiva dell’assunto difensivo).
2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge per avere la Corte omesso di valutare la memoria difensiva e la consulenza di parte depositate all’udienza del 7.2.2022.
Sono stati presentati motivi nuovi, con allegata documentazione, e una memoria di replica da parte dell’AVV_NOTAIO con cui si reiterano e si sviluppano ulteriormente le argomentazioni poste a fondamento degli originari motivi di ricorso.
E’ stata anche presentata una memoria nell’interesse dei ricorrenti dall’AVV_NOTAIO con la quale pure si sviluppano ulteriormente gli argomenti già indicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono, nel complesso, infondati, al limite della inammissibilità.
Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione nella quale va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Caliendo, Rv. 270080).
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno inoltre chiarito come possa dirsi ormai pacifico l’indirizzo giurisprudenziale che, con riguardo a tutti i casi nei qual ricorso per Cassazione è limitato alla sola “violazione di legge”, esclude la sindacabilit dell’illogicità manifesta della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) c proc. pen., in quanto vizio non riconducibile alla tipologia della violazione di legge.
“Si ritiene infatti che, in queste ipotesi, il controllo di legittimità non si e all’adeguatezza delle linee argomentative ed alla congruenza logica del discorso giustificativo della decisione, potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Cass., Sez. Un., 28 maggio 2003 n. 12, Pellegrino): quando essa manchi assolutamente o sia, altresì, del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno
giustificato il provvedimento” (Così, Sez. U., n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710).
Nello stesso senso Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, COGNOME e altri, RV. 216665, secondo cui vi è mancanza della motivazione non solo quando l’apparato giustificativo manchi in senso fisico-testuale, ma anche quando la motivazione sia apparente, semplicemente ripetitiva della formula normativa, del tutto incongrua rispetto al provvedimento che dovrebbe giustificare.
Acutamente si è osservato che la violazione di legge sussiste in caso di mancanza di motivazione “la quale si verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la’ ratio decidendi’ (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili”(Sez. U. civ., 16 maggio 1992, n. 5888, Rv. 477253; Sez. U. civ., 30 ottobre 1992, n. 11846, Rv. 479257; Sez. U. civ., 24 settembre 1993, n. 9674, Rv. 483829).
In tal senso, si afferma che, in tema di provvedimenti applicativi della misura di prevenzione, la violazione di legge sussiste ove si profila la totale esclusione d argomentazione su un elemento costitutivo della fattispecie che legittima l’applicazione della misura, configurandosi in caso di radicale mancanza di argomentazione su punto essenziale (Sez. U., n. 111, del 30/11/2017, Gattuso, Rv. 271511).
I principi a cui il giudice di merito deve attenersi ai fini dell’applicazione misure di prevenzione, personale o patrimoniale, sono stati chiariti in più occasioni dalla Corte di cassazione.
In sede di verifica della pericolosità sociale del soggetto proposto per l’applicazione della confisca di prevenzione ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a) e b), d.lgs settembre 2011, n. 159, il giudice della prevenzione deve individuare il momento iniziale della suddetta pericolosità, al fine di sostenerne la correlazione con l’acquisto dei beni sulla base non della constatazione di condotte genericamente indicative della propensione al delitto, ma dell’apprezzamento di condotte delittuose corrispondenti al tipo criminologico della norma che intende applicare, individuando il momento in cui le stesse abbiano raggiunto consistenza e abitualità tali da consentire, già all’epoca, l’applicazione della misura di prevenzione.
Al fine dell’applicazione del sequestro e della confisca, il preliminare giudizi incidentale di pericolosità generica, presupposto necessario della misura anche nel caso di applicazione disgiunta, deve essere ancorato a dati e fatti oggettivi secondo un’interpretazione convenzionalmente orientata a seguito della sentenza CEDU De Tommaso c. Italia.
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno chiarito come la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche “misura
temporale” del suo ambito applicativo; ne consegue che, con riferimento alla c.d. pericolosità generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale, mentre, con riferimento alla c.d pericolosità qualificata, il giudice dovrà accertare se questa investa, come ordinariamente accade, l’intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto qu ricadenti nel periodo temporale individuato (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014 Spinelli, Rv. 262605).
Sulla base di tale quadro di riferimento sono infondati i motivi di ricorso, c possono essere valutati congiuntamente.
4.1. La Corte di appello ha innanzitutto ricostruito i precedenti penali sulla base de quali è stata disposta il 10.4.2003 la misura personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza nei confronti del proposto.
Si è fatto riferimento alle condanne per: 1) i reati di cui agli artt. 74- 73 d.P.R. per fatti commessi dal dicembre 1999 al settembre 2000; 2) il reato di cui all’art. 73 d.P.R. cit. per fatti commessi nel 1993; 3) il reato di detenzione illegale di arm commesso fino al marzo del 1998.
La Corte ha poi chiarito come il proposto sia stato sottoposto ad altri due procedimenti penali per i reati di cui agli artt. 74- 73 cit., spiegando come in relazio ad uno di essi COGNOME, pur assolto dal reato associativo, sia stato tuttavia condannato per il reato di cui all’art 73, aggravato ai sensi dell’art. 80 d.P.R. cit. per fatti comm dal novembre 2014 al mese di aprile 2016.
In tal senso si è efficacemente richiamata la motivazione della sentenza di condanna da cui, si è spiegato correttamente, emergono, da una parte, il pieno coinvolgimento del proposto in gravi fatti relativi alla cessione di sostanza stupefacente, e l’esisten di un credito illecito da parte di COGNOME di 190.000 euro, e, dall’altra, i continui e occasionali rapporti con appartenenti ad un gruppo criminale dedito al traffico di sostanze stupefacenti.
Quanto alla misura di prevenzione patrimoniale la Corte, anche richiamando il decreto del Tribunale, ha indicato le ragioni: a) per le quali l’immobile confiscato, la costruzione deve essere collocata tra il 2008 e il 2009, debba ritenersi nella disponibilit del proposto; b) come sia insussistente la prova della lecita provenienza delle somme impiegate per la costruzione dell’immobile, in ragione dei redditi non solo del proposto ma anche dei suoi parenti e del coniuge; c) perché le censure contenute nell’atto di appello siano infondate (cfr. pagg. 13 e seguenti decreto impugnato).
In tale articolato quadro di riferimento, i motivi di ricorso rivelano la loro strutt infondatezza, non essendo stato chiarito sulla base di quali elementi si continui ad
affermare che la misura di prevenzione per cui procede sia stata disposta sulla base degli stessi fatti oggetto della prima misura di prevenzione applicata nel 2003.
Al di là di generici riferimenti, non è nemmeno chiaro né perché sarebbe apparente o in violazione di legge la valutazione sulla attualità della misura, tenuto conto dell detenzione del proposto dal 2017 a fronte di fatti di reato commessi sino al 2016, e neppure perché non vi sarebbe correlazione temporale fra la costruzione dell’immobile nel 2008- 2009 e la carriera criminale del proposto.
Né, sotto ulteriore profilo, può considerarsi violata la legge quanto alla insussistenza della prova della illecita provenienza delle sostanze impiegate per la costruzione dell’immobile, avendo la Corte ampiamente spiegato al riguardo, con una motivazione tutt’altro che apparente.
4.2. In realtà, i motivi in esame, per come strutturati, esulano dal percorso di una ragionata censura del complessivo percorso motivazionale del provvedimento impugnato, con il quale obiettivamente non si confrontano, e si risolvono in una indistinta critica difettiva; la frammentazione del ragionamento sotteso ai ricorsi, moltiplicazione di rivoli argomentativi neutri o, comunque, non decisivi, l scomposizione indistinta di fatti e di piani di indagine non ancorata al ragionamento probatorio complessivo della sentenza impugnata, la valorizzazione di singoli elementi il cui significato viene scisso ed esaminato atomisticamente rispetto all’intero contesto violano il necessario onere di specificazione delle critiche mosse al provvedimento.
Le censure difensive tendono sostanzialmente non a fare emergere una violazione di legge, quanto, piuttosto, a sollecitare, anche attraverso il richiamo alla memoria e ad una consulenza di parte del tutto genericamente enunciate nel ricorso, una differente e non consentita comparazione dei singoli significati probatori per giungere a conclusioni differenti sulla valenza del singolo elemento di prova.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M .
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2023.