Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25763 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25763 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a PALERMO (ITALIA) il 20/02/1981
NOME nata a PALERMO (ITALIA) il 23/10/1963
COGNOME NOME nato a PALERMO (ITALIA) il 14/01/1960
avverso il decreto del 20/09/2024 della Corte d’appello di Palermo
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni trasmesse dalla Procura Generale, con le quali si è chiesto l’annullamento del decreto gravato limitatamente alla confisca del conto corrente in capo ai terzi interessati e la inammissibilità nel resto dei motivi di ricorso; lette le memorie di replica inviate nell’interesse dei ricorrenti ad ulteriore supporto dell ritenuta fondatezza dei motivi di impugnazione
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto descritto in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha dato integrale conferma alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale disposta ai danni di NOME COGNOME ritenuto socialmente pericoloso ai sensi degli artt. 1, lettere b), e) e 4, lettera b) del d.lgs n. 159 del 2011 dal Tribunale locale nonché alla confisca di alcune utilità ( un appartamento e il saldo di un conto corrente) riferite alla disponibili del proposto, pur se in testa ai terzi NOME COGNOME e NOME COGNOME rispettivamente padre e madre di NOME COGNOME.
Propongono autonomi ricorsi il proposto e i due terzi interessati.
Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
Due i motivi di doglianza.
3.1. Con il primo motivo si contesta violazione di legge e vizio di motivazione perché il giudizio di pericolosità sociale reso ai danni del ricorrente sarebbe stato reso sulla base di intercettazioni inutilizzabili perché realizzate tramite il software trojan in violazi dell’art. 268, commi 2 e 3 bis, cod. proc. pen. utilizzando server privati installati presso una società privata in assenza di un decreto motivato che legittimasse impianto esterni a quelli collocati presso gli uffici della Procura competente.
3.2. Con il secondo motivo, sempre sul versante della pericolosità sociale, si contesta la decisione gravata per non aver considerato che nel giudizio di merito legato ai fatti apprezzati a sostegno del requisito soggettivo fondante le misure irrogate al COGNOME, era stata esclusa l’aggravante dell’agevolazione mafiosa in origine ascritta al ricorrente; ed è stata ritenuta una abitualità del ricorrente a sostentarsi con i proventi illeciti ricav da condotte lucro-genetiche senza considerare il modesto perimetro temporale della partecipazione associativa ex art 74 d.P.R. n. 309 del 1990 ascritta al ricorrente nonché l’assenza di pregresse condotte illecite valorizzabili a tal fine.
I ricorsi dei terzi interessati, NOME COGNOME e NOMECOGNOME pongono temi di giudizio essenzialmente sovrapponibili, diretti a denunziare sotto più versanti, diverse violazioni di legge e vizi di motivazione.
4.1. Sul piano processuale, si contesta, in primo luogo l’indebita utilizzazione, da parte della Corte del merito, della regola di giudizio di cui all’ad 26 del d.lgs. n. 159 de 2011 quando di contro, in primo grado, la relativa presunzione di legge non era stata valorizzata a sostegno della ritenuta fittizietà della intestazione inerente al cespite confiscato.
Ancora, si contesta la valutazione resa con riguardo alle capacità finanziarie di NOME COGNOME, sorella del proposto e figlia del ricorrente, originaria acquirent dell’appartamento confiscato, la quale, come da documentazione allegata ( in particolare la consulenza del dott. NOME COGNOME), negli anni ’90 aveva ricevuto un rilevantissimo indennizzo assicurativo, sottoposto al controllo del giudice tutelare, investito in diverse utilità produttive di reddito; indennizzo che, in uno agli intro previdenziali legati all’invalidità della stessa, ben supportava la base finanziaria investita (37 mila euro) per l’acquisto, nel 2018, dell’immobile confiscato, poi donato, nel 2019, ai genitori.
Apoditticamente la Corte del merito avrebbe svilito la rilevanza probatoria di tali emergenze, ritenendo che detti introiti si erano confusi con la situazione di sperequazione finanziaria del relativo nucleo familiare, stratificata negli anni, confondendo peraltro le posizioni dei soggetti coinvolti e trascurando di considerare che il patrimonio della COGNOME era sottoposto alla vigilanza autorizzativa del giudice tutelare; ma anche obliterando il giudicato preclusivo, caduto proprio sul giudizio di disponibilità del dett
bene, atteso che, nel parallelo giudizio penale, in esito ad annullamento reso sul punto dalla Cassazione, la Corte del merito in sede di rinvio aveva revocato la confisca disposta in precedenza -con decisione che doveva vincolare il giudizio di prevenzione perché resa sulla base delle medesime emergenze probatorie, non potendo ritenersi fatti nuovi quelli valorizzati in forza delle intercettazioni richiamate dalle due decisioni di merito inerent l’interessamento del ricorrente alla ristrutturazione del detto cespite, trattandosi di emergenze indifferenti al fine (perché logicamente riferibili all’interesse del fratello seguire una attività per conto della sorella gravemente affetta da disabilità), comunque già vagliate dai giudici nel processo penale e ritenute non decisive.
La Corte del merito, inoltre, sempre nel valutare le disponibilità dei terzi interessati nel supportare l’acquisto in questione, avrebbe escluso altrettanto illogicamente le disponibilità di NOME COGNOME sulla base di un dato presupposto – la stessa non sarebbe stata convivente con i predetti- indifferente al fine. .
La decisione gravata, infine, viene attinta dai ricorsi anche in relazione alla confisca della disponibilità del saldo del conto corrente intestato al proposto e ai due genitori, resa senza attenersi al criterio della necessaria correlazione temporale tra la pericolosità del proposto e la data di formazione della provvista riversata nel detto rapporto di conto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso del proposto riposa su censure quantomeno manifestamente infondate. Ne va in coerenza dichiarata l’inammissibilità.
Le doglianze proposte dai terzi interessati, suscettibili di uno scrutinio unitario perché riguardanti sovrapponibili profili di criticità comunemente esposti dalle due autonome impugnazioni, si sono rilevate infondate e meritano in coerenza la reiezione.
Prendendo le mosse dal ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME va subito premesso che il ricorrente è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, confermata in esitò alla reiezione de relativo ricorso per cassazione.
Detta condanna ha trovato fondamento nelle intercettazioni delle quali si rivendica, nel ricorso, l’inutilizzabilità con contestazione già sollevata nel giudizio penale, anche in sede di legittimità, e, in quel contesto processuale, ritenuta infondata (si veda, al fine, la sentenza n. 36048 del 2023 della prima sezione di questa Corte, considerato in diritto 3.1., in seno al quale risulta scrutinato e disatteso il relativo tema di giudizio).
Sotto questo versante va ribadito che il giudice della prevenzione è legittimato ad avvalersi dei risultati delle intercettazioni telefoniche e ambientali ritenuti espressamente utilizzabili nel giudizio penale di cognizione. Ed invero, se è pacifico che l’inutilizzabili dei risultati delle intercettazioni, accertata nel giudizio penale di cognizione, ha effetti qualsiasi tipo di giudizio, e quindi anche nell’ambito del procedimento di prevenzione
(Sez. U, n. 13426 del 25/03/2010, COGNOME, Rv. 246271-01), è altrettanto pacifico che siano utilizzabili nel procedimento di prevenzione i risultati delle intercettazion telefoniche e ambientali, la cui utilizzabilità sia accertata nel giudizio penale di cognizione, non occorrendo in tale caso una valutazione ad hoc del giudice della prevenzione, trattandosi di prova la cui conformità all’ordinamento è stata delibata nella sede propria, nel contraddittorio delle parti, all’esito di un giudizio con la partecipazione di tutte le pa interessate al suo utilizzo (Sez. 5, Sentenza n. 52095 del 29/10/2014, COGNOME, Rv. 261337-01; Se 6, n. 31242 del 24 giugno 2021).
Da qui la manifesta infondatezza del primo motivo.
Riguardo al secondo motivo di ricorso prospettato nell’interesse del proposto, appare di tutta evidenza che il giudizio di pericolosità qualificata riferito al ricorrent rimasto del tutto insensibile alla intervenuta esclusione dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa decretata nel parallelo giudizio penale, perché adeguatamente supportato dalla accertata intraneità del ricorrente all’associazione di cui all’art. 74 citato.
I riferimenti argomentativi contenuti nella motivazione del decreto impugnato, contestati dalla censura in esame risultano peraltro travisati dal ricorso: piuttosto che recuperare i tratti della detta aggravante, miravano in realtà a segnalare l’intensità della intraneità del ricorrente nel contesto relativo alla associazione finalizzata al narcotraffico alla luce della sua estrema contiguità con NOME COGNOME condannato per associazione mafiosa, essendone il braccio destro e risultando primariamente coinvolto nell’attività di pianificazione e controllo della piazza di spaccio coperta dal consorzio illecito partecipato anche da COGNOME.
Vero è, infine, che il ricorrente è stato anche ritenuto socialmente pericoloso ai sensi delle lettere b) e c) dell’art. 1 del codice antimafia.
Rispetto alle condotte abitualmente lucro genetiche valorizzate al fine, tuttavia, la contestazione mossa dal ricorso è all’evidenza generica perché non si precisa, sul pino del relativo interesse al rilievo, in che termini tale versante della pericolosità possa aver inciso sul complessivo giudizio finale legato alle altre ragioni in grado di sorreggere ugualmente e autonomamente la misura applicata.
4. I ricorsi proposti dai terzi interessati.
4.1. Il tema centrale messo in gioco dalle due impugnazioni è offerto dal giudicato penale caduto sulla revoca della confisca allargata inerente all’immobile sottoposto ad ablazione in sede di prevenzione con precipuo riguardo al dato della sostanziale disponibilità del cespite in capo al proposto in luogo della relativa titolarità formale disponibilità negata nel parallelo processo penale ed affermata, di contro, nel giudizio di prevenzione.
4.2. È un dato pacifico che l’immobile confiscato in origine venne acquistato formalmente da NOME COGNOME, sorella del proposto; venne poi donato ai genitori, odierni ricorrenti, il tutto con operazioni in ogni caso messe in atto entro ambiti pacificamente compatibili con il perimetro temporale al quale risulta condizionata l’operatività della presunzione di cui all’art 26 del codice antimafia.
4.3. Va subito precisato che l’apprezzamento, a fondamento della confisca, di tale ultimo inquadramento normativo, reso dalla Corte del merito e non dal primo giudice, non inficia in alcun modo la validità del decreto gravato.
Ciò sia perché non dà corpo ad alcuna nullità, trattandosi di una valutazione giuridica operata sulla base di elementi in fatto puntualmente acquisiti nel contradditorio delle parti senza quindi alcuna lesione delle effettive prerogative difensive dei terzi odierni ricorrenti; sia, soprattutto, perché la conclusione alla quale sono pervenuti nel caso i giudici del merito in relazione alla prova della disponibilità sostanziale, in capo a proposto, del cespite ablato risulta in realtà fondata su un insieme di elementi logico fattuali talmente consistente da giustificare comunque la relativa scelta valutativa, senza dover necessariamente ricorrere alla facilitazione probatoria garantita dalla citata disposizione di legge.
4.4. Il nucleo della verifica rimessa alla Corte, piuttosto, ruota intorno alla possibili di ritenere che gli elementi in fatto apprezzati dal Giudice della prevenzione a sostegno della confisca Siano nuovi rispetto a quelli considerati nel processo penale nel pervenire alla soluzione opposta, oltre che ovviamente dotati di rilevanza decisoria.
Ciò perché la definitività del provvedimento di revoca, in sede penale, di una misura patrimoniale già disposta, ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen., impedisce, in mancanza di fatti nuovi, l’adozione di un decreto di confisca nel procedimento di prevenzione avente a oggetto i medesimi beni, a condizione che la decisione si riferisca agli accertamenti in fatto relativi ai presupposti applicativi comuni (ex multis Sez. 1, Sentenza n. 42172 del 23/06/2023, rv. 285374), aspetto nel caso incontroverso (perché la distonia decisoria riguarda per l’appunto il comune tema della disponibilità sostanziale)
4.4.1. Sotto questo versante, non pare dubbia, in primo luogo, la decisività dei dati valorizzati dalle due decisioni di merito.
Gli elementi apprezzati a supporto della confisca danno infatti conto non solo della programmazione che il proposto prospettava con riguardo alle potenzialità del cespite in questione in epoca anche precedente all’acquisto (si veda pagina 29); ma mettono altresì in luce l’ingente attività di ristrutturazione resa sul detto immobile, foriera di investimen di rilievo (essendo stato lo stesso integralmente trasformato affrontando spese funzionali a modifiche tutt’altro che riguardanti le esigenze proprie della NOME COGNOME e la sua disabilità: vedi decreto di primo grado, dalla pagina 30 alla 32), oltre esclusivamente seguita e diretta dal proposto e dalla moglie, anche nei dettagli.
4.4.2. La Corte del merito ha evidenziato che il portato delle dette emergenze, frutto di alcune intercettazioni, sarebbe stato raccolto nel giudizio di prevenzione rimanendo estraneo al materiale acquisito e valorizzato nel processo penale; nei due ricorsi, di contro, si sostiene che il materiale non differisce da quello scrutinato e ritenuto probatoriamente inadeguato nel corso del processo penale.
4.4.3. Innanzi a tale aperta contrapposizione, giova evidenziare che, a fronte della affermazione resa dalla Corte del merito, spettava alla parte che eccepisce la forza preclusiva del giudicato dare prova della relativa vincolatività; e che i ricorsi in parte qua sono del tutto generico, perché si limitano ad evidenziare il contrasto tra le due decisioni, senza fornire elementi attastanti la già intervenuta acquisizione e valutazione nel parallelo processo penale degli elementi probatori apprezzati ora a sostegno della confisca.
Da qui la infondatezza dell’assunto difensivo.
4.5. Per il resto i ricorsi propongo censure tutte non consentite in questa sede, anche considerando i limiti di deduzione sanciti nella materia che occupa dal combinato disposto di cui agli artt. 10 e 27 del d.lgs. n. 159 del 2011.
4.5.1. Le doglianze, infatti, al più darebbero conto di vizi della motivazione, che di contro deve ritenersi certamente esistente e tutt’altro che apparente mentre le valutazioni rese nel ritenere che nel tempo le disponibilità della NOME COGNOME siano state utilizzate e neutralizzate dalle esigenze del relativo nucleo familiare, sistematicamente negativo tanto da dare corpo ad una stratificata sperequazione reddituale, ad avviso della Corte non può ritenersi neppure affetta da manifeste incongruenze logiche.
4.5.2. Non va trascurato, peraltro, che in primo grado si evidenziava come non vi fosse prova alcuna della provenienza della provvista pagata alla data del rogito dai conti riferibili alla sorella del proposto; e che gli elementi probatori rimarcati dalla difesa, fru di asseriti travisamenti da parte dei giudici del merito, a prescindere dalla prospettabilità del rilievo, non consentono comunque di individuare con puntualità la presenza di disponibilità liquide riferibili alla NOME COGNOME presenti alla data del detto acquisto.
4.5.3. Quanto poi alle disponibilità di NOME COGNOME, è facile osservare la stessa radicale contraddittorietà della prospettazione difensiva: da un lato si rimarca l’assoluta estraneità del nucleo familiare al detto acquisto, perché in origine riferibile sol a NOME e alle sue diponibilità finanziarie; per altro verso, si lamenta la illegittim pretermissione delle possibilità finanziarie riferibili alla NOME COGNOME dando corpo ad un evidente cortocircuito logico, quale che sia la motivazione adottata dai giudici del merito nel negare rilievo al dato in questione.
4.5.4. Infine, sono parimenti inammissibili le censure prospettate dai due ricorsi con riferimento alla confisca delle somme presenti sul conto corrente intestato (anche) ai terzi interessati).
Sia perché del tutto genericamente i ricorsi mancano di precisare in che termin conto in questione riporterebbe provvista formatasi in anni diversi da quelli
pericolosità del proposto; sia perché comunque mettono in gio
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co temi di giudizio estranei ai profili di legittimazione pertinenti al ruolo dei terzi ricorrenti.
5. Alla reiezione dei ricorsi dei terzi interessati segue la condanna al pagamento spese processuali.
Alla inammissibilità del ricorso del proposto segue anche la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, definita nei termini di cui
dispositivo che segue.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME che condanna al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammend
rigetta i ricorsi di NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle sp processuali.
Così è deciso, 15/05/2025
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