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Confisca di prevenzione: evasione fiscale seriale

La Cassazione conferma la confisca di prevenzione su beni di un imprenditore, ritenuto socialmente pericoloso per evasione fiscale seriale. La Corte stabilisce che vivere di proventi illeciti non significa solo sostenersi, ma anche accumulare ricchezza. Rigettate le censure sulla prevedibilità della norma e sulla distinzione tra beni.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca di prevenzione: la Cassazione contro l’evasione fiscale seriale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31914/2025, ha confermato un importante principio in materia di confisca di prevenzione, stabilendo che questa misura può colpire i beni di chi, pur avendo redditi leciti sufficienti per il sostentamento, accumula un ingente patrimonio attraverso l’evasione fiscale seriale. La decisione chiarisce la nozione di “pericolosità sociale” legata ai reati tributari e la portata del concetto di “vivere con proventi illeciti”.

I fatti del caso

Il caso riguarda un imprenditore, insieme a sua moglie e due società a loro riconducibili, colpito da un decreto di confisca di prevenzione su numerosi beni immobili, sul capitale sociale e sul compendio aziendale di una delle società. La misura era stata disposta dalla Corte di appello di Milano, che aveva confermato la decisione del Tribunale, ritenendo che l’imprenditore fosse una persona socialmente pericolosa in quanto “evasore fiscale seriale”.

Secondo l’accusa, l’imprenditore viveva abitualmente con i proventi di attività delittuose, in particolare reati fiscali. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui:

* La violazione della legge, sostenendo che i proventi illeciti non erano destinati al sostentamento quotidiano della famiglia (che disponeva di redditi leciti sufficienti), ma solo a investimenti immobiliari.
* L’errata determinazione del periodo di pericolosità sociale, che avrebbe incluso fatti poi depenalizzati.
* La mancanza di una base legale prevedibile, in quanto la norma sulla pericolosità sociale sarebbe stata troppo generica prima delle recenti sentenze della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
* La mancata distinzione tra i beni delle società (terzi interessati) e quelli personali dell’imprenditore.

L’ambito della confisca di prevenzione per reati fiscali

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava l’interpretazione del requisito di “vivere, anche in parte, con i proventi di attività delittuose”. La difesa sosteneva che, avendo la famiglia redditi leciti per una “vita serena”, i proventi dell’evasione non erano destinati al sostentamento, bensì all’accumulo di ricchezza. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che la nozione di “soddisfacimento delle proprie esigenze di vita” è molto più ampia del mero sostentamento quotidiano. Essa include anche gli investimenti finanziari e immobiliari che garantiscono un futuro agiato e privo di preoccupazioni economiche. Vivere con proventi illeciti significa quindi utilizzare tali fondi per mantenere un “tenore di vita” complessivamente superiore a quello consentito dai soli redditi leciti.

La prevedibilità della norma e la pericolosità sociale

Un’altra censura mossa dalla difesa verteva sulla presunta indeterminatezza della norma sulla pericolosità sociale al momento dei fatti (2005-2015). Secondo i ricorrenti, solo la recente giurisprudenza costituzionale ed europea avrebbe “tipizzato” la fattispecie, rendendola prevedibile. Anche su questo punto, la Corte di Cassazione ha dato una risposta netta. Ha affermato che la categoria del “soggetto che vive di proventi illeciti” derivanti da evasione fiscale seriale era già un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità da ben prima delle sentenze invocate. Si tratta di un “diritto vivente” che rendeva la norma sufficientemente chiara e prevedibile per gli operatori del diritto e per i cittadini. La condotta di chi in modo continuativo e sistematico evade gli obblighi fiscali per finanziare il proprio tenore di vita rientrava pacificamente nella categoria di pericolosità sociale che legittima la confisca di prevenzione.

Le motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha dichiarato infondati tutti i ricorsi. In primo luogo, ha ribadito che la pericolosità sociale dell'”evasore fiscale seriale” è una categoria ben definita. Il reinvestimento dei proventi dell’evasione in attività economiche crea una confusione tra lecito e illecito che la normativa di prevenzione mira a contrastare. Il profitto illecito “inquina” l’intero patrimonio e le attività in cui viene reinvestito.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che il concetto di “tenore di vita” è il parametro corretto per valutare se un soggetto vive di proventi delittuosi. Se gli investimenti e il benessere complessivo eccedono la capacità economica derivante dai redditi leciti, si presume che la differenza sia coperta da fonti illecite. Questo giustifica la misura ablativa.

Infine, riguardo alla posizione dei terzi (la moglie e le società), la Corte ha chiarito che, una volta dimostrata la sproporzione e l’origine illecita dei fondi, l’onere di provare la legittima provenienza ricade sulla difesa. Inoltre, ha richiamato un principio stabilito dalle Sezioni Unite: il terzo intestatario fittizio di un bene può solo rivendicare l’effettiva titolarità e proprietà, ma non contestare i presupposti della misura di prevenzione, come la pericolosità sociale del soggetto principale.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso nei confronti dell’accumulazione di ricchezza attraverso reati fiscali. Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti:

1. Nozione ampia di “vivere di proventi illeciti”: Non è necessario che i soldi illeciti servano per la spesa quotidiana; è sufficiente che contribuiscano a un tenore di vita agiato e a investimenti che altrimenti non sarebbero possibili.
2. L’evasore seriale è socialmente pericoloso: La condotta continuativa di evasione fiscale, se produttiva di reddito illecito, integra i presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale, inclusa la confisca.
3. Prevedibilità della norma: La giurisprudenza considera da tempo l’evasore seriale come un soggetto a cui si applica la normativa di prevenzione, respingendo le tesi sulla presunta indeterminatezza della legge.
4. Onere della prova a carico del proposto: Una volta accertata la sproporzione tra patrimonio e redditi dichiarati, spetta al soggetto dimostrare la provenienza lecita di ogni bene.

Quando l’evasione fiscale può portare alla confisca di prevenzione?
L’evasione fiscale può portare alla confisca di prevenzione quando è commessa in modo abituale e sistematico, diventando una fonte di reddito illecito che contribuisce al tenore di vita del soggetto, anche se quest’ultimo dispone di altre fonti di reddito lecite. La condotta deve essere tale da qualificare il soggetto come socialmente pericoloso.

Cosa significa ‘vivere con i proventi di attività delittuose’ ai fini della confisca di prevenzione?
Significa non solo sostenersi quotidianamente, ma utilizzare i proventi illeciti per mantenere un tenore di vita complessivamente agiato, che include investimenti finanziari, acquisti immobiliari e, in generale, la costruzione di una ricchezza e di un benessere non giustificati dai soli redditi leciti dichiarati.

Un terzo a cui sono intestati fittiziamente dei beni può opporsi alla confisca contestando la pericolosità sociale del soggetto principale?
No. Secondo la sentenza, che richiama un principio delle Sezioni Unite, il terzo intestatario fittizio di beni oggetto di confisca di prevenzione può solo rivendicare l’effettiva titolarità e proprietà dei beni, ma non è legittimato a contestare i presupposti della misura, come la condizione di pericolosità sociale del proposto o la sproporzione del suo patrimonio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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