Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23354 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23354 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a ORTE il 31/07/1945 NOME COGNOME nato a CASTEL SAN NOME il 05/05/1943 NOME nato a TORINO il 28/04/1972
avverso l’ordinanza del 16/09/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME e il rigetto del ricorso di NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
In data 11 maggio 2023, NOME COGNOME quale terza interessata, e, in data 12 maggio 2023, NOME e NOME COGNOME quali terze interessate intervenienti in adesione, proponevano incidente di esecuzione avente ad oggetto la richiesta di revoca della confisca di prevenzione dell’immobile sito in Roma, tra INDIRIZZO e INDIRIZZO in atti catastalmente individuato.
NOME COGNOME esponeva:
di aver ricevuto il bene in eredità in forza di testamento olografo e accettazione dell’eredità risalente al 15 ottobre 2009;
di averlo venduto alla società RAGIONE_SOCIALE (legale rappresentante NOME COGNOME in data 11 aprile 2010, con atto trascritto il 15 aprile 2010;
di avere trascritto in data 4 novembre 2010 domanda giudiziale diretta a dichiarare la nullità dell’atto di compravendita o, in subordine, la risoluzione per grave inadempimento (mancato pagamento del prezzo);
di avere nel contempo definito mediante conciliazione la causa ereditaria pendente con gli eredi di NOME COGNOME con riconoscimento reciproco della qualità di eredi in capo a NOME e NOME COGNOME e di legataria in capo a essa COGNOME con trasferimento della quota indivisa pari a un terzo del valore dell’immobile, in capo alle OMBRES, una volta ottenuta la revoca della confisca di prevenzione;
rappresentava, inoltre:
che con sentenza del 12 maggio 2022, definitiva il 6 marzo 2023 e trascritta il 9 maggio 2023, il Tribunale civile di Roma aveva dichiarato la risoluzione del citato contratto di compravendita immobiliare per grave inadempimento da parte della società acquirente;
che il procedimento per truffa attivato dalla istante con denuncia-querela per i fatti aventi ad oggetto la compravendita de qua veniva dichiarato estinto per prescrizione con sentenza del Tribunale di Roma in data 10 giugno 2022, irrevocabile il 25 ottobre 2022;
che essendo stata trascritta la domanda giudiziale di cui sopra in data (4 novembre 2010) antecedente all’instaurazione del procedimento di prevenzione n. 159/2011 e al conseguente decreto di confisca n. 64/2012 del 30 marzo 2012, detta domanda doveva prevalere sulla confisca medesima.
Con ordinanza resa in data 5 ottobre 2023, il Tribunale di Roma – Sezione Misure di prevenzione, rigettava l’istanza.
Premetteva il Tribunale che la disciplina applicabile, ratione temporis (risalendo il sequestro di prevenzione alla data del 12/10/2011), andava individuata nelle leggi n. 575 del 1965 e n. 228/2012 e che alla RAGIONE_SOCIALE non
poteva essere riconosciuta la qualità di terzo, non essendo più proprietaria del bene, sicché non avrebbe potuto essere chiamata a intervenire nel procedimento ai sensi dell’art. 2-ter I. n. 575 citata.
Nel merito, osservava che la confisca di prevenzione, intervenuta in via definitiva il 16 ottobre 2013, essendo “a titolo originario”, non poteva essere travolta dagli effetti retroattivi della risoluzione del contratto.
Aggiungeva che il principio della trascrizione della domanda previsto dall’art. 2652 cod. civ. aveva l’unica funzione di risolvere il conflitto tra l’attore e tutti aventi causa dal convenuto che avessero effettuato trascrizioni o iscrizioni nei suoi confronti dopo la trascrizione della domanda, ma non valeva ad anticipare gli effetti della sentenza costitutiva nei rapporti tra le parti al momento della domanda.
Con successiva ordinanza del 3 novembre 2023, il Tribunale suddetto dichiarava inammissibili le opposizioni avanzate nell’interesse della TOFONE e delle OMBRES, ritenendo impugnabile l’originario provvedimento reiettivo con ricorso per cassazione, essendosi proceduto in contraddittorio ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen.
Con sentenza n. 8806 del 14 febbraio 2024, la Seconda Sezione penale della Corte di cassazione, ribadito il principio secondo il quale, «in tema di confisca, avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione che abbia provveduto irritualmente nelle forme dell’udienza camerale ex art. 666 cod. proc. pen. è prevista solo la facoltà di proporre opposizione», annullava senza rinvio l’ordinanza impugnata e disponeva trasmettersi gli atti al Tribunale di Roma per l’ulteriore corso.
Con ordinanza depositata in data 2 ottobre 2024, il Tribunale adito respingeva l’opposizione, così riqualificato il ricorso per cassazione, ribadendo gli argomenti sviluppati nel provvedimento opposto.
NOME COGNOME per il tramite del difensore e procuratore speciale avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con un unico e articolato motivo, violazione ed erronea applicazione degli artt. 1, comma 197, I. n. 228 del 2012, 2-ter I. n. 575 del 1965, 1458 e 2652 cod. civ., in relazione alla qualità di terzo proprietario, agli effetti retroattivi della trascrizione della domand giudiziale e, conseguentemente, alla tutela giuridica rispetto al bene oggetto di confisca.
Rimprovera la ricorrente al Tribunale di aver omesso il confronto con il combinato disposto degli artt. 1458 e 2652 cod. civ., ricordando che l’efficacia retroattiva della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento travolge i diritti acquisiti dai terzi in epoca successiva alla trascrizione della domanda medesima.
Censura come inconferenti i richiami giurisprudenziali operati dal giudice di merito (Cass. pen. n. 24448/2016; Cass. civ. n. 19341/2011), in quanto, nel primo caso, il ricorrente non aveva provveduto alla trascrizione della domanda giudiziale, mentre il secondo caso non verteva nemmeno sui rapporti tra confisca e diritto del terzo che trascrive in data antecedente.
In ogni caso, ad avviso della ricorrente, detti richiami andavano considerati superati dal più recente orientamento ermeneutico espresso, in particolare, da Sez. 1, n. 13953 del 2021 (cita anche Sez. 1, n. 22899 del 2018).
Non poteva aderirsi all’impostazione dell’ordinanza, laddove affermava che in tanto avrebbe potuto meritare tutela la terza interessata in quanto i procedimenti, civile e penale, da lei instaurati, si fossero conclusi prima della disposizione della confisca, essendo iniquo “scaricare” gli “effetti paradossali della cronica lungaggine dei tempi di giustizia su colui che si attiva tempestivamente per far valere un proprio diritto leso da un reato subito”.
Nel caso in cui quella adottata dal Tribunale fosse reputata l’unica interpretazione praticabile, conclude il difensore della ricorrente, si imporrebbe quale soluzione necessitata quella di sollevare questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, comma 197, I. n. 282 del 2012 e 2-ter I. n. 575 del 1965.
Hanno proposto ricorso per cassazione anche NOME e NOME COGNOME per il tramite del difensore e “procuratore speciale” avv. NOME COGNOME
7.1. Con il primo motivo, le ricorrenti denunciano violazione degli artt. 52 d.lgs. n. 152 del 2011, 1453, 1458 e 2652 cod. civ.
In sintesi, si rimprovera al Tribunale di aver “travisato” gli effetti dell sentenza di risoluzione contrattuale, avendone misconosciuto gli effetti di retroattività c.d. reale.
Si evidenzia che contraddistinto da efficacia ex nunc (l’effetto costitutivo della sentenza rilevato dal giudice a quo) è solamente l’insorgere dell’obbligo restitutorio, che, però, non ha effetto risarcitorio, “ma deriva dal venire meno, per effetto della pronuncia costitutiva di risoluzione, della causa delle reciproche obbligazioni”.
Alla luce, dunque, dell’efficacia ex tunc della sentenza di risoluzione del contratto, la signora COGNOME avrebbe dovuto considerarsi proprietaria del bene confiscato alla data della domanda giudiziale di risoluzione.
L’ordinanza impugnata, inoltre, avrebbe “mortificato” l’effetto della trascrizione della suddetta domanda, antecedente alla instaurazione del procedimento di prevenzione, non avendo tenuto conto del significato del combinato disposto degli artt. 1458 e 2652 cod. civ.
Si contesta, infine, la pertinenza dei richiami giurisprudenziali operati dal
Tribunale.
7.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione degli artt. 52 d.lgs. n. 152 del 2011, 1453, 1458 e 2652 cod. civ. in relazione agli artt. 42 e 117 Cost., quest’ultimo con riferimento al Prot. Addiz. 1 art. 1 CEDU, nonché agli artt. 7 CEDU, 17 Carta di Nizza, 24 Cost., 111 e 117 Cost., 6 CEDU.
Il ricorso espone le ragioni di contrasto dell’ordinanza impugnata con i principi costituzionale e unionali posti a tutela del diritto di proprietà, soffermandosi, in particolare:
sulla sentenza C. cost. n. 94 del 28 maggio 2015, laddove si afferma che le previsioni limitative di cui all’art. 52 d.lgs. n. 159 del 2011 sono volte ad impedire che la tutela si estenda a soggetti lato sensu “conniventi” con l’attività illecita del proposto o di reimpiego dei suoi proventi, o a crediti simulati o artificiosamente creati, ovvero ancora a casi nei quali è possibile aggredire utilmente il residuo patrimonio del debitore;
sulla sentenza C. cost. n. 26 del 27 febbraio 2019, laddove si stabilisce che non sussiste “alcuna ragione plausibile per sancire l’irreparabile sacrificio dei diritti della generalità dei creditori di buona fede, a fronte di provvedimenti di sequestro o di confisca che abbiano attinto il loro debitore…”.
Alla luce dei principi e della giurisprudenza costituzionali e unionali passati in rassegna, il difensore delle ricorrenti conclude lamentando che le sue assistite avevano subito, nel caso di specie, direttamente e indirettamente, un inammissibile “sacrificio puro e semplice” del loro diritto.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi proposti dalle sorelle NOME e per il rigetto del ricorso della COGNOME in sostanziale adesione alla motivazione del Tribunale.
Nell’interesse di NOME COGNOME è stata trasmessa memoria ex art. 611 cod. proc. pen., recante approfondimenti giurisprudenziali, anche recenti (si veda, ad es., il richiamo a Sez. U civili, n. 583 del 2024 sulla confisca urbanistica), a confutazione della tesi sposata dal Tribunale di Roma.
È pervenuta articolata memoria anche da parte dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, sostanzialmente adesiva alle tesi del Tribunale.
Alla fissata udienza del 6 dicembre 2024, si è disposto il rinvio all’odierna udienza del 12 marzo 2025 al fine di acquisire la procura speciale conferita da NOME e NOME COGNOME all’avv. NOME COGNOME per proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe.
I ricorsi di NOME e NOME COGNOME vanno dichiarati inammissibili.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, per i soggetti portatori di interessi meramente civilistici trova applicazione la regola dell’art. 100 cod. proc. pen., la quale prevede espressamente che la parte civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possano stare in giudizio solo con il ministero di un difensore munito di procura speciale (Sez. 3, n. 34684 del 14/09/2021, COGNOME, Rv. 282086 – 01; Sez. 1, n. 8361 del 10/01/2014, Rv. 259174 – 01; Sez. 6, n. 46429 del 17/09/2009, Rv. 245440 – 01; Sez. 6, n. 11796 del 4/03/2010, Rv. 246485 – 01; Sez. 6, n. 13798 del 20/01/2011, Rv. 249873 – 01).
La posizione processuale del terzo interessato, infatti, è nettamente distinta, sotto il profilo difensivo, da quella dell’indagato e dell’imputato, i quali, in quant assoggettati all’azione penale, possono stare in giudizio di persona, avendo solo necessità di munirsi di un difensore che, oltre ad assisterli, li rappresenta ex lege ed è titolare di un diritto di impugnazione nell’interesse del proprio assistito per il solo fatto di rivestire la qualità di difensore, senza alcuna necessità di procura speciale, che è imposta solo per i casi di atti cd. “personalissimi”.
Non così per il terzo interessato: al pari dei soggetti indicati dall’art. 100 cod. proc. pen., egli è portatore di interessi civilistici, per cui, oltre a non poter sta personalmente in giudizio, ha un onere di patrocinio, che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore, come del resto avviene nel processo civile ai sensi dell’art. 183 cod. proc. civ.
Sez. U, n. 42739 del 30/10/2014, COGNOME e altro, Rv. 260894 – 01 ha precisato che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto, avverso il decreto che dispone la misura di prevenzione della confisca, dal difensore del terzo interessato non munito di procura speciale, ex art. 100, cod. proc. pen.; né, in tal caso, può trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 182, comma secondo, cod. proc. civ., per la regolarizzazione del difetto di rappresentanza.
Tanto premesso, rileva il Collegio che non risulta documentata, in capo all’avv. NOME COGNOME la qualità di procuratore speciale di NOME e NOME COGNOME in funzione della proposizione del ricorso per cassazione avverso il provvedimento impugnato: è versata in atti, invero, solo la procura rilasciata dalle terze interessate in data 10 maggio 2023 al fine di chiedere al Tribunale la revoca della confisca di prevenzione, che, pertanto, non può ritenersi valida ai presenti fini.
I loro ricorsi, pertanto, vanno dichiarati inammissibili, dal che discende la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non esulando profili di colpa (Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento di una somma ulteriore in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in euro tremila.
Il ricorso di NOME COGNOME va, viceversa, accolto per le ragioni che seguono.
Come già accennato nelle premesse in fatto, il Tribunale di Roma ha ritenuto insussistenti i presupposti per la restituzione del bene confiscato affermando:
a) che la confisca di prevenzione, intervenuta in via definitiva il 16 ottobre 2013, essendo “a titolo originario”, non poteva essere travolta dagli effetti retroattivi dell’annullamento del contratto;
b) che il principio della trascrizione della domanda previsto dall’art. 2652 cod. civ. ha l’unica funzione di risolvere il conflitto tra l’attore e tutti gli aventi c dal convenuto che avessero effettuato trascrizioni o iscrizioni nei suoi confronti dopo la trascrizione della domanda, ma non vale ad anticipare gli effetti della sentenza costitutiva nei rapporti tra le parti al momento della domanda.
Il principio è stato ribadito, più di recente, in tema di lottizzazione abusiva, dalle Sezioni Unite, quanto all’interesse a far valere, da parte dei terzi estranei al reato, la conformità della confisca al principio di protezione della proprietà di cui all’art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.ERAGIONE_SOCIALE (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 – 04).
Tale impostazione, ad avviso del Collegio, non può essere condivisa. 3. È da tempo consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, il principio per cui la confisca non comporti, di per sé, l’estinzione dei preesistenti diritti real vantati dai terzi sul bene oggetto di ablazione, che si tratti della proprietà – come nella specie – o di diritti limitati (di godimento o di garanzia); e che, in linea con valori protetti dagli artt. 24 e 42 della Costituzione, ai terzi medesimi, rimasti estranei al relativo procedimento, incluso quello di prevenzione reale (rispetto alla misura già disciplinata dall’art. 2 – ter, terzo comma, legge n. 575 del 1965, assorbito dall’art. 24 d.lgs. n. 159 del 2011), come tali quindi formalmente non soggetti agli effetti del giudicato penale, sia consentito far accertare, mediante incidente di esecuzione (dinanzi allo stesso giudice della prevenzione, nel caso suindicato), l’esistenza delle condizioni di permanente «validità» della situazione giuridica loro intestata, purché versino in buona fede e, anteriormente alla confisca (o al sequestro a questa prodromico, se intervenuto), abbiano trascritto il loro titolo (fra molte, Sez. U, n. 57 del 19/12/2006, dep. 2007, COGNOME e altri, Rv. 234956 – 01; Sez. 1, n. 27201 del 30/05/2013, COGNOME, Rv. 257599 – 01; Sez. 1, n. 14928 del 21/2/2008, COGNOME, Rv. 240164 – 01; Sez. 1, n. 45572 del 21/11/2007, RAGIONE_SOCIALE Brescia, Rv. 238144 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In sede di incidente di esecuzione, intentato dai citati terzi estranei, se possono essere utilizzati gli elementi di prova già acquisiti nel corso del procedimento all’esito del quale la confisca era stata disposta, gli interessati sono tuttavia ammessi a proporre deduzioni, ed a chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile in loro favore (Sez. 1, n. 27201 del 2013, COGNOME, citata; Sez. 1, n.
30319 del 05/06/2013, Agenzia A.N.A.D., Rv. 256214 – 01; Sez. 1, n. 22860 del 03/05/2011, Puddu, Rv. 250444 – 01). Deve pur sempre trattarsi, tuttavia, di prospettazioni ed allegazioni funzionali all’accertamento del diritto reale sul bene oggetto della misura ablativa, e della prevalenza del relativo titolo rispetto a quest’ultima.
Sicuramente proponibile mediante l’incidente di esecuzione è la questione, sollevata dalla odierna ricorrente COGNOME inerente alla prevalenza del diritto del terzo sulla disposta confisca, prevalenza che postula, come già evidenziato, in uno con lo stato soggettivo di buona fede del titolare, l’anteriorità di acquisto del diritto e la sua riconoscibilità.
Nel caso di specie, in relazione al requisito dell’anteriorità, si pone il quesito se possa considerarsi titolare del diritto, già all’atto di adozione della confisca, il soggetto terzo che avesse in precedenza ceduto il bene al soggetto proposto, in forza di contratto con effetti reali, successivamente alla confisca dichiarato risolto, dal giudice civile, con pronuncia destinata a produrre gli effetti retroattivi previsti dall’art. 1458 cod. civ.
Detto articolo esclude espressamente, in caso di risoluzione del contratto, che quest’ultima operi in pregiudizio dei terzi non stipulanti medio tempore divenuti titolari del bene, salvi gli effetti della trascrizione.
La disposizione implica, quindi, un necessario collegamento con il sistema di pubblicità di cui agli artt. 2643 ss. cod. civ.
L’art. 2652, primo comma, cod. civ., nell’elenco delle domande riguardanti atti soggetti a trascrizione, include, sub 1), le «domande di risoluzione dei contratti e quelle indicate dal secondo comma dell’articolo 648 e dall’ultimo comma dell’articolo 793, le domande di rescissione, le domande di revocazione delle donazioni, nonché quelle indicate dall’articolo 524». La disposizione in commento aggiunge: «Le sentenze che accolgono tali domande non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda», il che, evidentemente, significa che, nell’ipotesi inversa, l’antecedente trascrizione della domanda giudiziale accolta è opponibile a chi abbia trascritto o iscritto successivamente.
Come noto, la trascrizione delle domande giudiziali serve a mettere i terzi in grado di conoscere che in ordine a un determinato bene pende una controversia, il cui esito, a seguito della trascrizione, diventa opponibile pure agli aventi causa dal convenuto. In questi casi, infatti, la trascrizione esplica una funzione di “prenotazione”, nel senso che, se la domanda trascritta verrà accolta, la stessa sentenza di accoglimento verrà considerata – come già detto – opponibile ai terzi che abbiano acquistato diritti da colui che abbiano acquistato diritti da colui che era stato convenuto in giudizio.
5.1. Del principio di priorità della trascrizione la giurisprudenza di legittimità civile ha fatto coerente applicazione rispetto a una procedura, come quella fallimentare, connotata – al pari di quella inerente alla confisca, mutatis mutandis da un chiaro interesse pubblicistico, vale a dire quello all’ordinata gestione dell’insolvenza dell’impresa secondo le regole della concorsualità.
Si è, in particolare, affermato:
che qualora la domanda diretta a ottenere la risoluzione di un contratto di compravendita per inadempimento dell’acquirente e di restituzione delle cose in base ad esso consegnate sia stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento del convenuto, la sentenza che l’accoglie, anche se trascritta successivamente, è opponibile alla massa dei creditori in conseguenza della retroattività tra le parti della risoluzione del contratto, che si traduce nell’obbligo di restituzione della cosa acquisita dal contraente ancora “in bonis” prima della dichiarazione di fallimento, da considerarsi, pertanto, come mai entrata a far parte della massa attiva fallimentare (Sez. 1 civ., n. 2439 del 03/02/2006, Rv. 586897 – 01);
che le domande principali (prodromiche) di simulazione e risoluzione contrattuale, trascritte anteriormente alla dichiarazione di fallimento della parte convenuta in giudizio, proseguono legittimamente con il rito ordinario attesa l’opponibilità della relativa sentenza alla massa dei creditori in ragione dell’effetto prenotativo della trascrizione, mentre le pretese, accessorie, di restituzione e risarcimento del danno devono necessariamente procedere, previa separazione dalle prime, nelle forme degli art. 93 e ss. I. fall., in quanto assoggettate alla regola del concorso e non suscettibili di sopravvivere in sede ordinaria (Sez. 1 civ., n. 3953 del 29/02/2016, Rv. 638866 – 01);
che il curatore fallimentare del promittente venditore di un immobile non può sciogliersi dal contratto preliminare ai sensi dell’art. 72 I. fall. con effetto verso il promissario acquirente ove questi abbia trascritto prima del fallimento la domanda ex art. 2932 cod. civ. e la domanda stessa sia stata accolta con sentenza trascritta, in quanto, a norma dell’art. 2652, n. 2), cod. civ., la trascrizione dell sentenza di accoglimento prevale sull’iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese (Sez. U, n. 18131 del 16/09/2015, Rv. 636343 – 01).
L’opponibilità, in ambito fallimentare, alla massa dei creditori, della domanda giudiziale accolta di risoluzione di un contratto di compravendita per inadempimento dell’acquirente, poi fallito, in base al principio di priorità della trascrizione, fornisce, su un piano di coerenza sistematica, un primo dato giurisprudenziale di cui tener conto per la soluzione del quesito oggi al vaglio.
5.2. Quanto alla giurisprudenza di legittimità penale, è riduttivo, come fa il Tribunale di Roma, richiamare a sostegno della sua decisione Sez. 1, n. 24448 del 12/01/2016, COGNOME, Rv. 267303 – 01, trattandosi di pronuncia superata da
quelle successive, più convincenti.
Ed invero, in un caso del tutto sovrapponibile a quello in esame, Sez. 1, n. 22899 del 06/03/2018, SocRAGIONE_SOCIALE Rv. 273137 01, pur dando atto della citata sentenza “Romano” del 2016, non ha ad essa esplicitamente prestato adesione, giungendo ad affermare, in conclusione, e a dispetto di una massimazione non completamente fedele, che la decisione avversata doveva reputarsi corretta poiché non risultava che la società terza interessata avesse trascritto la domanda giudiziale di risoluzione del contratto di compravendita del bene controverso antecedentemente alla confisca.
Anche la più recente Sez. 1, n. 13953 del 05/02/2021, non mass., sempre in un caso sostanzialmente sovrapponibile a quello sottoposto all’odierno vaglio, ha ribadito la chiarezza del disposto degli artt. 1458 e 2652, n. 1), cod. civ., «che attribuiscono alla trascrizione della domanda giudiziale di risoluzione per inadempimento la funzione di «prenotazione», funzionale a fare prevalere il diritto eventualmente riconosciuto in sentenza con efficacia ex tunc nei confronti di coloro che abbiano trascritto i loro diritti in epoca successiva».
5.3. Ampliando l’orizzonte alle altre tipologie di confisca (e ai presupposti sequestri), vanno ricordate, sempre in materia di priorità della trascrizione, altre pronunce della Corte di legittimità, con le quali si è statuito:
che nel caso di sequestro preventivo – nella specie, finalizzato alla confisca per equivalente – di un immobile pignorato, il vincolo penale è opponibile al terzo acquirente in buona fede solo qualora la trascrizione del provvedimento ablatorio sia antecedente a quella del pignoramento, in modo da rappresentare il presupposto per la legittimità della confisca, che può essere disposta anche successivamente all’acquisto (Sez. 3, n. 30294 del 22/04/2021, Manente, Rv. 282140 – 02: in motivazione la Corte ha precisato che, qualora la trascrizione del sequestro sia successiva al pignoramento, il bene rimane nella titolarità del terzo “pieno iure”, con conseguente impossibilità di disporre la confisca posteriormente all’acquisto da parte del terzo aggiudicatario);
che, in tema di sequestro preventivo, in caso di coesistenza del sequestro preventivo finalizzato alla confisca e della procedura esecutiva civile sul medesimo bene, il terzo aggiudicatario in sede civile non può richiedere la consegna del bene e la revoca del sequestro, qualora la trascrizione dell’atto di pignoramento sia avvenuta successivamente rispetto alla trascrizione del sequestro preventivo (Sez. 6, n. 6814 del 04/12/2019, dep. 2020, Bussola, Rv. 278350 – 01: in motivazione, la Corte ha precisato che il terzo che acquisti il bene già gravato da sequestro preventivo, potrà far valere le sue ragioni solo all’esito del provvedimento di confisca ed in concomitanza con le coesistenti ragioni dello Stato);
che il terzo titolare di diritto reale di garanzia su bene confiscato può far
accertare, mediante incidente di esecuzione dinanzi al competente giudice penale (o della prevenzione, se si tratta di confisca ex art. 2-ter della L. n. 575 del 1965), l’esistenza delle condizioni di permanente validità del diritto, costituite dall’anteriorità della trascrizione del relativo titolo rispetto al provvedimento ablatorio e da una situazione soggettiva di buona fede, intesa come affidamento incolpevole, con onere della prova a carico dell’interessato (Sez. 1, n. 45572 del 21/11/2007, Impresa RAGIONE_SOCIALE Brescia, Rv. 238144 – 01: fattispecie relativa a confisca, disposta a norma dell’art. 12-sexies della L. n. 356 del 1992, di un immobile sul quale in data anteriore ad essa era stata iscritta ipoteca a garanzia di un credito derivante dalla concessione di un mutuo in favore di società che successivamente l’aveva ceduto al ricorrente, istante “in executivis” per la revoca del provvedimento ablatorio).
6. Giova ricordare, inoltre come, in tema di legislazione antimafia – che qui viene in considerazione per l’applicazione, ratione temporis, della legge 31 maggio 1965 n. 575 – la Corte costituzionale, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3-quinques, comma 2, della medesima legge, nella parte in cui consente che il provvedimento di confisca dei beni ivi previsto possa riflettersi su soggetti per i quali non ricorrano i presupposti per l’immediata applicazione di una misura di prevenzione personale, ha stabilito, con la sentenza n. 487 del 10/01/1995, che la situazione di “sostanziale incolpevolezza” segna il limite della confisca, aggiungendo che una simile condizione soggettiva, su cui è fondata la tutela del terzo in buona fede, non ricorre nei confronti di chi, pur non essendo assoggettabile a provvedimenti di prevenzione, pone in essere attività agevolative idonee a determinare un’obiettiva commistione di interessi tra attività di impresa e attività mafiosa.
Alla stregua di tale principio, questa Corte, nell’interpretare la legislazione antimafia anche alla luce di una lettura costituzionalmente orientata, ha affermato che la salvaguardia del preminente interesse pubblico non possa giustificare il sacrificio inflitto al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento di garanzia, dovendo considerarsi la sua posizione “protetta dal principio della tutela dell’affidamento incolpevole, che permea di sé ogni ambito dell’ordinamento giuridico” (Corte Cost., n. 1 del 10/01/1997), sicché non può mai prescindersi dalla prova dell’effettiva terzietà di chi assume avere diritti sul bene oggetto di confisca, non potendo considerarsi terzo colui che, avendo ricavato vantaggi e utilità, non si sia trovato in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole (tra molte, Sez. 1, n. 43715 del 13/11/2008, COGNOME, Rv. 242212 – 01).
Più di recente, poi, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 5 del 2023 ha ribadito che ogni confisca impone una puntuale verifica del suo carattere proporzionato, rispetto alla finalità legittima perseguita, alla luce dei parametri
costituzionali e sovranazionali che tutelano il diritto di proprietà (art. 42 Cost., nonché art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale CEDU, e artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 17 CDFUE); mentre la sentenza n. 8 del 2023 ha posto in risalto come la giurisprudenza della Corte EDU abbia costantemente stigmatizzato, nell’interpretazione dell’art. 1 del citato Protocollo, anche le interferenze sproporzionate rispetto alle situazioni di affidamento incolpevole, e perciò legittimo.
Non ritiene il Collegio che l’esposta ricostruzione possa essere messa in crisi dalla considerazione, fatta propria dal Tribunale di Roma – in riferimento all’affermazione, desumibile dalla già citata Sez. 1, “Romano”, n. 24448 del 2016 – circa il carattere “originario” della confisca, che, ormai, troverebbe fondamento giurisprudenziale, seppure come rilievo incidentale, nella sentenza delle Sezioni Unite civili n. 10532 del 2013.
La natura dell’acquisto in capo allo Stato, che sia di carattere “originario” o di carattere “derivativo” (come costantemente sostenuto dalla giurisprudenza civile prima del richiamato intervento delle Sezioni Unite), non può, infatti, che recedere – alla luce delle considerazioni finora esposte – di fronte alla posizione del terzo interessato in buona fede, non colluso con il proposto, che, come la COGNOME, abbia trascritto anteriormente il proprio titolo (più precisamente, la domanda giudiziale di risoluzione del contratto di compravendita del bene controverso) rispetto al sequestro e alla confisca di prevenzione del bene medesimo.
A tale conclusione si approda, per quanto detto, in base alla lettura, costituzionalmente e convenzionalmente orientata e in linea con la prevalente giurisprudenza di legittimità, del combinato disposto degli artt. 1458 e 2652, primo comma, n. 1), cod. civ., in riferimento all’art. 2-ter I. n. 575/65.
Alla luce degli argomenti svolti, va rilevato, da ultimo, che proprio in ragione degli effetti di “prenotazione” connessi alla antecedente trascrizione della domanda giudiziale di cui si è detto e della efficacia retroattiva della risoluzione del contratto di compravendita dell’immobile confiscato, non è possibile affermare, come ha fatto il Tribunale di Roma, che la COGNOME non era più “proprietaria” del bene in costanza di procedimento di prevenzione e, quindi, non era legittimata a parteciparvi, in qualità di terza interessata, ai sensi dell’art. 2-ter citato (che recita, al quinto comma: «Se risulta che i beni sequestrati appartengono a terzi, questi sono chiamati dal tribunale, con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento e possono, anche con l’assistenza di un difensore, nel termine stabilito dal tribunale, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca»).
Viceversa, la terza interessata, proprio per poter essere messa in
condizione di dimostrare la priorità della trascrizione della domanda giudiziale di risoluzione del contratto e la sua buona fede, avrebbe dovuto essere citata nel
giudizio di prevenzione, che, in difetto della sua presenza, si è, di fatto, celebrato in violazione del principio del contraddittorio, facendo insorgere il dubbio sulla
validità della disposta confisca.
Contraddittorio che, del resto, non risulta essere stato “recuperato”
neppure in sede di incidente di esecuzione.
9.
In riferimento alla posizione di NOME COGNOME l’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di
Roma – Sezione Misure di prevenzione, che, attenendosi ai principi enunciati, dovrà valutare, esaminando il merito delle risultanze e delle allegazioni, la
sussistenza della buona fede in capo alla ricorrente e assumere le determinazioni conseguenti.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso di COGNOME NOME annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma, Sezione Misure di prevenzione. Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME e NOME e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente