Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3062 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3062 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/09/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a MARSALA( ITALIA) il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MILANO( ITALIA) il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 28/11/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOMEAVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Palermo, in parziale riforma del decreto di confisca emesso dal Tribunale di Trapani, in data 13 dicembre 2019, ha disposto – sulla base di una diversa perimetrazione della pericolosità anche qualificata (ex art. 4 lett. a) d. Igs. n. 159 del 2011), ritenuta dal 1997 al 28 novembre 2009 (cfr. p. 43-44 del decreto), del proposto NOME COGNOME – la restituzione di società, beni immobili e prodotti finanziari, mentre ha confermato la misura di prevenzione della confisca relativamente a cinque immobili nella disponibilità del proposto, nonché a una tabaccheria intestata a suo cognato, NOME COGNOME, odierno ricorrente in qualità di terzo interessato.
2.Avverso detto provvedimento propongono tempestivo ricorso il proposto nonché il terzo interessato, con distinti atti di impugnazione, a firma del difensore e procuratore speciale, AVV_NOTAIO.
2.1.11 ricorso nell’interesse del proposto denuncia violazione di legge, quanto al divieto di bis in idem rispetto al decreto n. 122/2004 emesso nei confronti di COGNOME dal Tribunale di Trapani sezione Misure di prevenzione.
Si assume che la Corte di appello ha giustificato la confisca in base al passaggio in giudicato di una sentenza, emessa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., con la quale, in favore del proposto, è stata ordinata l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto preliminare, quale unico elemento nuovo reputato idoneo a superare il precedente provvedimento con il quale era stato rilevato che l’acquisto degli immobili non poteva considerarsi espressione di pericolosità sociale e non ne era praticabile la confisca sulla base degli elementi di fatto allegati alla originari proposta.
Per il ricorrente si tratterebbe di valutazione, operata dalla Corte territoriale sulla base di una mera sopravvenienza processuale, nonostante la già avvenuta valutazione dei medesimi elementi di fatto, da parte del Tribunale, fondando la decisione soltanto sul dato del passaggio in giudicato della sentenza emessa dal Tribunale di Marsala, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. fattore, a parere del ricorrente, inidoneo a vincere il divieto di bis in idem.
Tanto, peraltro, stante l’assenza, nell’arco temporale di acquisizione dei beni immobili, di ulteriori comportamenti indicativi della pericolosità sociale diversi da quelli già posti a base della originaria proposta.
Vi sarebbe, poi, difetto di motivazione sia sugli altri presupposti di cui all’art. 2 d. Igs n. 159 del 2011, sia sul requisito della correlazione temporale tra l’acquisto dei beni e la pericolosità del proposto, considerato, peraltro, che la sentenza di cui all’art. 2932 cod. civ. dispiega i suoi effetti con efficacia ex nunc.
Diversamente, il decreto impugnato afferma che la titolarità della proprietà è stata trasferita in data 7 novembre 2008, mentre il ricorrente aveva subito un periodo di carcerazione e, comunque, rivalutando in maniera retrospettiva la pericolosità sociale rispetto alla misura di prevenzione disposta con decreto n. 122/2004 ormai eseguita.
2.2.11 terzo interessato, NOME COGNOME, per il tramite del procuratore speciale denuncia violazione di legge e illegittimità della confisca relativa alla ditta individua COGNOME NOME, in relazione agli artt. 24 d. 1gs. n. 159 del 2011 e legge n. 1293 del 1957, 63 e 64 d.P.R. n. 1074 del 1958.
Si rimarca che lo stesso decreto sottolinea che la gestione dei beni di monopolio è passata a NOME COGNOME in data 3 novembre 2014, quindi a distanza di cinque anni dalla cessazione della pericolosità del proposto.
Si rileva, inoltre, che COGNOME, secondo lo stesso decreto, era divenuto, fin dal 2012, coadiutore della rivendita di tabacchi.
Tuttavia, la gestione di tale rivendita, secondo la stessa Corte d’appello, aveva trovato difficoltà finanziarie tanto da condurre alla revoca della licenza rilasciata all sorella del ricorrente, NOME COGNOME.
Lo stesso decreto della Corte di appello evidenzia che dopo un anno il ricorrente, comprendendo che in qualità di coadiutore, poteva fare richiesta di assegnazione della rivendita vi provvedeva, così subentrando effettivamente nell’attività la quale risulta essere stata gestita dal 2001 sino al 2014 dal proposto, risultando fittizio i passaggio della conduzione formale dalla moglie NOME COGNOME al fratello NOME.
Si evidenzia che, ai fini della confisca, ciò che rileva è l’esistenza della pericolosità sociale al momento dell’acquisto del bene.
Invece, in questo caso si deduce che la gestione dei beni è passata a NOME COGNOME soltanto il 3 novembre 2014 e che questa attività è stata gestita dal proposto dal 2001 sino al 2014.
Dunque, la ditta individuale dell’odierno ricorrente, a parere della difesa, non sarebbe mai stata nella disponibilità del proposto risultando NOME COGNOME subentrato nella licenza alla sorella che ne era decaduta per mancanza di versamento dei tributi.
Si allega al ricorso licenza rilasciata a NOME COGNOME e, inoltre, si rimarca che l’attività può essere esercitata solo in forza di una concessione rilasciata dall’RAGIONE_SOCIALE (concessione rilasciata e allegata al ricorso) evidenziandosi che COGNOME è stato coadiutore, dal 2012, perché legittimamente nominato tale dalla sorella e che questi ha provveduto all’acquisto della licenza proprio in qualità di coadiutore, in quanto persona di famiglia del rivenditore autorizzato a coadiuvarlo e a sostituirlo nelle temporanee assenze impedimenti.
Quindi si sostiene la legittimità sia della nomina di coadiutore che dell’assegnazione della concessione, avvenuta conformemente agli articoli 64 e 65 del d.P.R. n. 1074 del 1958.
Si contesta, infine, l’assenza dei requisiti di sproporzione e della correlazione temporale, tenuto conto che il rilascio della licenza è avvenuto a seguito di stipula di contratto con l’RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE e che si è trattato di operazione che non ha comportato alcun esborso investimento economico né alcun impegno finanziario.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili.
2.11 ricorso del proposto è inammissibile.
2.1.Va premesso che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, il principio del divieto di bis in idem è applicabile anche nel procedimento di prevenzione, specificando che la preclusione del giudicato opera rebus sic stantibus, sicché non è inibita la rivalutazione della pericolosità, ai fini dell’applicazione di un nuova o più grave misura, ove si acquisiscano ulteriori elementi, precedenti o successivi al giudicato, ma non valutati, che comportino un giudizio di maggiore gravità della pericolosità stessa e di inadeguatezza RAGIONE_SOCIALE misure precedentemente adottate (Sez. U, n. 600 del 29/10/2009, dep. 2010, Rv. 245176).
2.2. Ciò posto, si deve riscontrare che già il provvedimento di primo grado aveva tenuto conto dell’elemento rappresentato dal passaggio in giudicato della sentenza emessa, in sede civile, ex art. 2932 cod. civ., risalente al 7 novembre 2008.
Il decreto di appello, invece, riscontra che, nel caso al vaglio, la pericolosità del proposto assume una diversa perimetrazione, cioè dal 1997 e fino al termine di esecuzione della misura (cfr. p. 41) che deve da individuarsi non nel giorno 11 febbraio 2008, come ha fatto il Tribunale con il decreto di primo grado, ma nel 28 novembre 2009, come attestato dal verbale della Questura di Trapani del 30 novembre 2009 (cfr. p. 43 e 44).
Quindi, nel suo complesso la motivazione del decreto impugnato, resa alla p. 51, non presenta vizi rilevabili nella presente sede, tenuto conto dei limiti che si pongono, in materia di misure di prevenzione, quanto all’ammissibilità RAGIONE_SOCIALE censure consentite in sede di ricorso per cassazione afferenti alla motivazione.
È noto, invero, che il ristretto perimetro del controllo affidato al giudice d legittimità in materia di confisca di prevenzione, è limitato per volontà del legislatore (ritenuta non irragionevole da Corte cost. n. 321 del 2004; n. 106 del 15 aprile 2015,
che ha dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla sezione Quinta penale, in data 22 luglio 2014) alla sola violazione di legge, sulla base del combinato disposto degli artt. 10 e 27 d.lgs. n. 159 del 2011 (e in precedenza degli artt. 4, comma 11, della Legge n. 1423 del 1956 e 3-ter, comma 2, della legge n. 575 del 1965).
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, questa formula fa escludere che si possa dedurre, in sede di legittimità, il vizio di motivazione previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., potendo contestare il punto della motivazione solo nel caso in cui la stessa sia assolutamente mancante o meramente apparente, ovvero inidonea a rappresentare le ragioni della decisione (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246 ove, in motivazione, si è affermato che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato; Sez. 1, n. 36636 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266365; Sez. 1, n. 49180 del 06/07/2016, COGNOME, Rv. 268652; Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, COGNOME, Rv. 261590; Sez. 1, n. 8641 del 26/02/2009, Rv. 242887).
In questa prospettiva, oltre ad essere esclusi i vizi tipici, concernenti la tenuta logica del discorso giustificativo, è improponibile, sotto forma di violazione di legge, anche la mancata considerazione di prospettazioni quando le stesse siano state prese in considerazione dal giudice o risultino assorbite dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33451, Rv. cit., in motivazione) o, comunque, non siano potenzialmente decisive ai fini della pronuncia sul punto attinto dal ricorso (Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Caliendo, Rv. 270080).
Inoltre, deve essere rimarcato, in linea con le osservazioni svolte, sul punto, con requisitoria scritta dal Sostituto Procuratore generale, che non risulta da parte della Corte di appello, un’indebita rivalutazione della pericolosità del proposto, bensì la constatazione della sopravvenuta disponibilità dei beni immobili oggetto di confisca, all’esito del giudizio civile per l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto inerente alla nuda proprietà del cespite, risalente al mese di novembre del 2008.
Gli esborsi si collocano, infatti, tutti nel periodo di pericolosità qualificata com perimetrato dalla Corte territoriale, dato al quale va aggiunta la circostanza che la titolarità dei beni perviene per effetto della sentenza 2931 cod. civ. divenuta definitiva nel periodo di vigenza della misura e della pericolosità sociale (cioè in data 7 novembre 2008, a fronte di una pericolosità sociale ritenuta sino al 30 novembre 2009).
Il ricorso del terzo interessato è inammissibile perché devolve censure non consentite in questa sede.
3.1.11 ragionamento svolto dal ricorrente non tiene conto che, secondo principi pacifici di questa Corte, la sproporzione e la pericolosità del proposto vanno valutate al momento dell’acquisto del bene oggetto di misura di prevenzione e, all’attualità, intestato al terzo.
È consentito, infatti, applicare la confisca prescindendo dal requisito della pericolosità del proposto al momento dell’adozione della misura, ma si richiede che essa sia, comunque, acclarata con riferimento al momento dell’acquisto del bene oggetto di richiesta ablatoria (Sez. 6, n. 46068 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 261082; Sez. 1, n. 32398 del 21/03/2014, COGNOME, Rv. 260281; Sez. 6, n. 10153 del 18/10/2012, Coli, Rv. 254545).
Rispetto al terzo intestatario dei beni oggetto di confisca rimane, poi, intatto l’obbligo del giudice di individuare ed evidenziare gli elementi da cui risulta che determinati beni, formalmente intestati a terze persone, siano in realtà nella disponibilità del proposto o che il loro valore sia sproporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica svolta, e raccogliere “sufficienti” indizi che i predetti beni sia il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
Ne consegue che, ai fini della confisca, spetta al giudice motivare nel senso della piena disponibilità, in capo al proposto, dei beni apparentemente appartenenti a persone diverse o che il loro valore è sproporzionato rispetto al reddito dichiarato, mentre, ai medesimi fini, bastano “indizi sufficienti” che tali beni siano il frutto del attività illecite da lui esercitate.
Comunque, in relazione alla pericolosità qualificata che ha originato, nel caso di specie, l’adozione dei provvedimenti ablativi, l’orientamento, espresso da questa Corte di legittimità in tema di confisca di prevenzione, anche nel caso in cui la fattispecie concreta consenta di determinare il momento iniziale e finale della pericolosità qualificata, considera legittima la misura patrimoniale su beni acquisiti anche in periodo successivo a quello di cessazione della condotta.
Ciò in presenza di indici fattuali, altamente dimostrativi della diretta derivazione causale RAGIONE_SOCIALE acquisizioni patrimoniali dalla provvista formatasi nel periodo di compimento dell’attività delittuosa (tra le altre, Sez. 6, n. 36421 del 6/9/2021, Rv. 281990; Sez. 2, n. 14165 del 13/03/2018, Alma, Rv. 272377).
In tema di cd. pericolosità qualificata il giudice della prevenzione, dunque, deve accertare se questa investa, come talvolta accade, l’intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i riconducibili al proposto, ovvero soltanto quelli ricadenti in un periodo temporale
individuato (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, Spinelli, Rv. 262605). Le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito, poi, che il presupposto giustificativo risiede nella ragionevole presunzione che il bene, oggetto di sequestro o confisca di prevenzione, sia stato acquistato con i proventi di attività illecita e circoscrive l’are dei beni confiscabili a quelli che risultino acquistati in arco temporale ragionevolmente correlato a quello in cui il soggetto risulta essere stato impegnato in attivit criminose, secondo il requisito della cd. correlazione temporale.
3.2. Ciò premesso si osserva che, nella specie, la motivazione del decreto impugnato, invero, rende conto in modo, ampio e articolato, RAGIONE_SOCIALE emergenze processuali esaminate e non è riconducibile né all’area semantica della motivazione assente né di quella apparente.
Secondo il decreto impugnato, l’acquisto della tabaccheria risale al 10 settembre 2001 (cfr. p. 57), da parte del coniuge del proposto, NOME COGNOME (sorella dell’odierno ricorrente), mediante esborso di denaro che viene indicato, nel provvedimento censurato, come assolutamente privo di ogni giustificazione (cfr. p. 58).
L’acquisto è, dunque, avvenuto, dal punto di vista temporale, in epoca prossima a quella di pericolosità sociale del proposto, quale frutto diretto della pregressa pericolosità sociale acclarata in capo al COGNOME.
Diversamente da quanto sostenuto con il ricorso, invero, al 3 novembre 2014 risale soltanto il trasferimento a NOME COGNOME che, peraltro, è indicato dai giudici della prevenzione come fittizio (cfr. p. 59), in quanto l’operazione è avvenuta in evidente sperequazione economica del medesimo, del suo nucleo familiare e di quello della sorella NOME, con gestione reputata senza soluzione di continuità riferita al proposto dal 2001 al 2014 e proseguita anche successivamente, per effetto del fittizio passaggio, comunque relativo alla mera conduzione formale della tabaccheria, al cognato NOME COGNOME.
Sotto tale ultimo aspetto, infatti, la motivazione sufficiente e non apparente del decreto della Corte territoriale, non attaccata specificamente con il ricorso, valorizza l’accertamento, svolto nel 2016, ancora della presenza di NOME COGNOME nell’esercizio di tabaccheria e della nomina del figlio del proposto NOME, nel 2016, quale “primo coadiutore” dello zio NOME, tutti elementi reputati espressione della riferibilità effettiva e diretta della tabaccheria, al di là della formale intestazione COGNOME.
Si tratta di ragionamento persuasivo con il quale si è acclarata la diretta ed effettiva gestione del bene da parte del proposto, nonché la fittizietà dell’intervento nella tabaccheria prima del coniuge del COGNOME e, poi, del cognato NOME COGNOME (cfr. p. 57-60), trattandosi di cespite acquisito con risorse reputate riferibili proposto e collocato in periodo di accertata pericolosità.
A ciò si aggiunga che alcuna questione svolge il ricorrente in relazione all’eventuale buona fede del terzo, attenendosi soltanto alla pretesa dimostrazione, in fatto (non consentita nella presente sede), della legittimità della voltura della licenza in suo favore, non trascurando però di rimarcare la sua partecipazione, in veste di coadiutore della intestataria, fin dal 2012 e, quindi, di richiamare la sua piena consapevolezza rispetto alle vicende e alla gestione del bene.
4.Segue la condanna di ciascun ricorrente, al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa ne determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost., n. 186 del 13/06/2000), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso, il 15 settembre 2023
Il Consigliere estensore il Presidente