LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca di prevenzione e beni del terzo: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro una confisca di prevenzione di immobili e una tabaccheria. La Corte ha stabilito che la misura può basarsi su una nuova perimetrazione della pericolosità sociale e che può colpire beni intestati a terzi quando si dimostri la riconducibilità effettiva al proposto e l’origine illecita dei fondi per l’acquisto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca di Prevenzione e Beni del Terzo: La Cassazione Fa Chiarezza

La confisca di prevenzione rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per contrastare l’accumulazione di ricchezze illecite. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui presupposti di applicazione di questa misura, in particolare quando coinvolge beni formalmente intestati a terzi e quando si discute di una possibile violazione del principio del ‘bis in idem’. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

Il caso in esame: la confisca di immobili e una tabaccheria

La vicenda nasce da un decreto della Corte d’Appello di Palermo, che aveva confermato la confisca di cinque immobili e di una tabaccheria. I beni, sebbene formalmente nella disponibilità di altre persone, erano stati ritenuti riconducibili a un soggetto (‘proposto’) considerato socialmente pericoloso per un lungo arco temporale, dal 1997 al 2009.

Due persone hanno presentato ricorso in Cassazione:
1. Il ‘proposto’, sostenendo che la nuova misura di confisca violasse il principio del ‘bis in idem’, in quanto era già stato oggetto di un precedente provvedimento di prevenzione.
2. Il cognato del ‘proposto’, in qualità di ‘terzo interessato’, il quale risultava essere l’intestatario formale della tabaccheria. Egli sosteneva l’illegittimità della confisca, affermando che la sua attività era stata avviata legittimamente e solo nel 2014, ben cinque anni dopo la cessazione del periodo di pericolosità del cognato.

Le motivazioni dei ricorrenti

Il ricorso del ‘proposto’: il divieto di ‘bis in idem’

Il soggetto principale del procedimento lamentava che la Corte d’Appello avesse basato la confisca su elementi già noti, in violazione del divieto di essere giudicati due volte per lo stesso fatto. Secondo la sua difesa, l’unico ‘fatto nuovo’ era una sentenza civile che aveva formalizzato il trasferimento di proprietà degli immobili, un evento puramente processuale che non dimostrava una nuova o perdurante pericolosità sociale.

Il ricorso del terzo interessato sulla confisca di prevenzione

Il cognato, titolare della tabaccheria, contestava la confisca affermando che il passaggio di gestione a suo nome era avvenuto nel 2014, molto tempo dopo la fine della pericolosità del proposto. Sosteneva, inoltre, di aver legittimamente ottenuto la licenza in qualità di coadiutore della sorella (moglie del proposto) e che l’operazione non aveva comportato alcun investimento economico sospetto.

La decisione della Cassazione: ricorsi inammissibili

La Suprema Corte ha respinto entrambi i ricorsi, dichiarandoli inammissibili. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei principi che governano la confisca di prevenzione, ribadendo la legittimità del provvedimento impugnato.

Le motivazioni della Corte

La Cassazione ha sviluppato il suo ragionamento su due fronti principali, corrispondenti ai motivi di ricorso.

Sul principio di ‘bis in idem’ nelle misure di prevenzione

La Corte ha chiarito che nel procedimento di prevenzione il divieto di ‘bis in idem’ non è assoluto. Esso opera secondo il principio ‘rebus sic stantibus’, ovvero ‘stando così le cose’. Ciò significa che è possibile una nuova valutazione della pericolosità se emergono elementi nuovi, anche successivi al primo giudicato. Nel caso specifico, la Corte d’Appello non si è limitata a rivalutare i vecchi fatti, ma ha correttamente definito un diverso e più esteso perimetro temporale della pericolosità sociale (fino al 2009). La formalizzazione dell’acquisto degli immobili, avvenuta nel 2008, rientrava pienamente in questo periodo, giustificando la confisca. La motivazione della Corte d’Appello è stata quindi ritenuta logica e sufficiente, non meramente apparente.

Sulla confisca di prevenzione dei beni intestati al terzo

Per quanto riguarda la tabaccheria, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: ai fini della confisca, ciò che conta è il momento dell’acquisto del bene e la sua reale riconducibilità al proposto. La Corte ha evidenziato come le indagini avessero dimostrato che:

* L’acquisto originario della tabaccheria, avvenuto nel 2001 da parte della moglie del proposto, era stato finanziato con denaro di provenienza ingiustificata, in un periodo di piena pericolosità sociale del marito.
* Il successivo passaggio della licenza al cognato nel 2014 era stato ritenuto ‘fittizio’, un mero schermo per mascherare la continuità della gestione da parte del proposto.
* Elementi concreti, come la presenza del figlio del proposto come ‘primo coadiutore’ nel 2016, confermavano il controllo effettivo e diretto dell’attività da parte del nucleo familiare del proposto, al di là dell’intestazione formale.

La Corte ha quindi concluso che il provvedimento di confisca era ben motivato, avendo dimostrato sia la sproporzione economica al momento dell’acquisto sia la riconducibilità sostanziale del bene al soggetto pericoloso.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma la solidità dei principi su cui si fonda la confisca di prevenzione. La Corte di Cassazione ha sottolineato due aspetti cruciali: primo, la flessibilità del giudicato di prevenzione, che può essere superato da nuovi elementi che consentono di ridefinire il periodo di pericolosità sociale; secondo, la capacità della misura di colpire anche i beni formalmente intestati a terzi, a condizione che il giudice motivi adeguatamente l’origine illecita delle risorse impiegate e l’effettiva disponibilità del bene da parte del soggetto proposto. La decisione conferma l’importanza di un’analisi sostanziale, che vada oltre le apparenze formali, per aggredire efficacemente i patrimoni di origine criminale.

È possibile disporre una nuova confisca di prevenzione se una persona è già stata sottoposta a una misura simile in passato?
Sì, è possibile. Il principio del ‘bis in idem’ nelle misure di prevenzione non è assoluto. Una nuova valutazione della pericolosità è consentita se si acquisiscono elementi ulteriori, precedenti o successivi al primo giudicato ma non valutati in quella sede, che giustifichino una misura più grave o una diversa perimetrazione temporale della pericolosità stessa.

La confisca di prevenzione può colpire un bene la cui gestione è passata a un terzo anni dopo la fine del periodo di pericolosità sociale del proposto?
Sì, se il trasferimento è ritenuto fittizio. I giudici valutano il momento dell’acquisto originario del bene e la provenienza delle risorse. Se l’acquisto è avvenuto durante il periodo di pericolosità del proposto con fondi illeciti, e il successivo passaggio al terzo è solo una simulazione per mascherare il controllo effettivo del proposto, il bene può essere confiscato.

Cosa deve dimostrare il giudice per confiscare un bene formalmente intestato a un terzo?
Il giudice deve motivare in modo approfondito, sulla base di ‘indizi sufficienti’, che il bene, pur intestato a un terzo, sia in realtà nella piena disponibilità del soggetto socialmente pericoloso, oppure che sia il frutto di attività illecite o ne costituisca il reimpiego. In sostanza, deve provare che l’intestazione è fittizia e che la reale proprietà è del proposto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati