Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12704 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12704 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi presentati da
COGNOME NOME, nato a Giussano il DATA_NASCITA
NOME, nata a Giussano il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 15/05/2023 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria M Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto sopra indicato la Corte di appello di Brescia:
decidendo in sede di rinvio dall’annullamento disposto dalla Cassazione con sentenza del 22 settembre 2022, rigettava l’istanza, datata 14 ottobre 2021, di revocazione del decreto del 22 settembre 2016 con il quale il Tribunale di Milano aveva disposto l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della
confisca di vari beni immobili, di un bene mobile registrato e di alcune polizze, nei riguardi del proposto NOME COGNOME e di NOME COGNOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, terza intestataria di alcuni di quei beni;
in parziale accoglimento di una seconda richiesta di revocazione proposta dallo RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE il 6 aprile 2022, disponeva la revocazione del suddetto decreto di confisca del Tribunale di Milano con riferimento a due beni immobili (il terreno sito in Milano, INDIRIZZO, foglio 684, mappali 11, 14 e 16; e l’immobile sito in Olbia, località Maladormida, foglio 46, part. 697, sub 15, limitatamente alla quota corrispondente al finanziamento di 227.720 euro), rigettava nel resto la medesima richiesta e dichiarava inammissibile l’istanza con riferimento alla confisca di un terreno sito in INDIRIZZO, INDIRIZZO, foglio 684, part. 13 (ex 74).
In particolare, la Corte territoriale:
con riferimento alla prima richiesta del 14 ottobre 2021, riteneva infondate le argomentazioni difensive con le quali si era sostenuta la illegittimità della confisca in quanto misura applicata con riferimento ad una forma di pericolosità che la legge non prevedeva come presupposto per l’applicazione di quella misura nel periodo di manifestazione della medesima pericolosità del proposto;
con riferimento alla seconda richiesta di revocazione del 6 aprile 2022, rilevava come non potesse considerarsi prova nuova la consulenza dell’arch. COGNOME in relazione al citato terreno confiscato, sito in Milano INDIRIZZO; e come, in relazione ad altri beni, non vi fosse alcun collegamento con la vicenda rispetto alla quale era intervenuta, come elemento di novità segnalato dalla difesa, l’assoluzione dello COGNOME per l’ipotesi di bancarotta contestata come commessa ai danni della RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale decreto hanno presentato ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME, con atto sottoscritto dai loro difensori e procuratori speciali, i quali hanno dedotto i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125 e 627 cod. proc. pen., 4 lett. b) e 28, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, 7 CEDU, per avere la Corte distrettuale disatteso l’indicazione contenuta nella sentenza rescindente della Cassazione, che aveva richiesto come necessaria una nuova verifica della sussistenza della “base legale” della confisca oggetto della richiesta di revocazione: ciò perché, nel caso di specie, la misura era stata disposta nei riguardi dello COGNOME sia sulla base di una asserita pericolosità qualificata ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. d), d.lgs. cit., che richiama tra i re “presupposto” anche quello disciplinato dall’art. 260 d.lgs. n. 152 del 2006, che
però era stato inserito nell’elenco della menzionata lett. b) solamente con il decreto-legge n. 92 del 2008, entrato in vigore in epoca successiva a quella in cui erano stati commessi dallo COGNOME i reati di cui al citato art. 260; periodo, tra il 2003 e il 2004, nel quale, dunque – anche valorizzando i risultati della giurisprudenza convenzionale – l’interessato non poteva prevedere la futura possibile applicazione di quella misura di prevenzione.
2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125 e 627 cod. proc. pen., 4, comma 1, lett. b), e 28 d.lgs. n. 159 del 2011, 7 CEDU, per avere la Corte di appello dichiarato la inammissibilità della richiesta di revocatoria della confisca del terreno sito in Milano alla INDIRIZZO, nonostante fosse stato accertato che tale immobile era stato acquistato dai coniugi COGNOME con una provvista di provenienza lecita; e che la confisca era stata disposta sulla base di una asserita pericolosità generica del proposto, facendo riferimento, però, alla commissione di illeciti in materia urbanistica ed edilizia che avevano al più integrato gli estremi di contravvenzioni e non anche di delitti, unici reati che avrebbero legittimato ab origine l’applicazione di quella misura di prevenzione patrimoniale.
2.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125 cod. proc. pen., 4, 24 e 28 d.lgs. n. 159 del 2011, anche per mancanza di motivazione, per avere la Corte territoriale dichiarato la inammissibilità della richiesta di revoca della confisca del terreno sito in Milano alla INDIRIZZO, sulla base di una asserita mancanza del requisito della novità: benché fosse stato dimostrato che nel corso del giudizio di prevenzione lo COGNOME aveva prodotto la copia di una delibera amministrativa priva delle allegate planimetrie, di cui l’arch. COGNOME, consulente di parte, aveva acquisito la disponibilità solo in epoca successiva.
2.4. Violazione di legge, in relazione agli artt. 4, comma 1, lett. b), e 28 d.lgs. n. 159 del 2011, anche per mancanza di motivazione, per avere la Corte di merito rigettato la richiesta di revocazione della confisca del mandato n. 482 RAGIONE_SOCIALE, con una argomentazione “atomizzata”, facendo riferimento alla creazione di una provvista sulla base di una “appropriazione indebita aggravata”, che altro non poteva essere che una manifestazione di quella ipotesi di bancarotta dalla quale lo COGNOME era stato assolto; non potendosi neppure escludere che quella provvista fosse stata formata con somme provento di illeciti fiscali, oramai “sanati” per avere il prevenuto beneficiato degli effetti dello “scudo fiscale”.
2.5. Violazione di legge, in relazione agli artt. 4, 24 e 28 d.lgs. n. 159 del 2011, e vizio di motivazione, per mancanza e illogicità, per avere la Corte di appello rigettato la richiesta di revocazione della confisca di tutti i beni, senza considerare che lo COGNOME era stato assolto dai reati di bancarotta per
dissipazione e per distrazione che gli erano stati contestati in un processo penale, aventi ad oggetto somme di così rilevante entità (3.608.000 euro) tali da giustificare come leciti gli acquisti di beni immobili, del mobile registrato e delle polizze che in quel periodo il prevenuto aveva effettuato; in particolare, ciò valeva per l’imbarcazione “Luya” che lo COGNOME aveva acquistato con denaro di provenienza lecita diverso da quello percepito per un indebito rimborso soci, episodio per il quale aveva riportato una condanna penale, ma dal quale era stato poi, almeno in parte, mandato assolto per avere restituito alla società RAGIONE_SOCIALE‘importo che egli aveva ricevuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene la Corte che i ricorsi presentati nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME vadano rigettati.
2. Il primo motivo dei ricorsi è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte di cassazione hanno in passato chiarito che le modifiche introdotte nell’art. 2-bis della legge n. 575 del 1965, dalle leggi n. 125 del 2008 e n. 94 del 2009, non hanno modificato la natura preventiva della confisca emessa nell’ambito del procedimento di prevenzione, sicché rimane tuttora valida l’assimilazione dell’istituto alle misure di sicurezza e, dunque, l’applicabilità, in caso di successioni di leggi nel tempo, della previsione di cui all’art. 200 cod. pen. (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262602-01): principio che non vi è ragione per ritenere che non sia valido anche con riferimento alla disciplina della confisca di prevenzione di cui all’art. 24 d.lgs. n. 159 del 2011, che si pone in sostanziale continuità normativa con la disposizione del richiamato art. 2-bis legge n. 575 del 1965.
In tale ottica si è sottolineato che «il riconoscimento della connotazione preventiva giustifica l’assimilazione della confisca di prevenzione alle misure di sicurezza, con conseguente possibilità di applicare ad essa la disposizione dell’art. 200 cod. pen. (attuativa, nella presente materia, del principio tempus regit actum)», dovendosi escludere a tale misura «l’attribuzione della natura sanzionatoria (che) comporta l’applicazione del principio di irretroattività di cui all’art. 11 preleggi, sancito, per la materia penale, dall’art. 2 cod. pen. e, poi consacrato dall’art. 25 Cost.». In particolare, si è osservato che «la pericolosità del soggetto inciso è – anche nel nuovo regime normativo – ineludibile presupposto di applicabilità della stessa misura reale, relativamente alla quale è dato ora prescindere solo dalla verifica dell’attualità di quella stessa condizione (…) Donde, la persistente possibilità di assimilare la confisca in esame alle
ordinarie misure di sicurezza, sì da consentire l’applicabilità ad essa del menzionato art. 200 cod. pen. (…) confisca di prevenzione (che) non può ritenersi, in sé, contrastante con i parametri costituzionali e convenzionali» (come sostenuto da Corte EDU, del 22/02/1994, NOME c. Italia; e Corte EDU, del 15/06/1999, NOME c. Italia). (…) Alla stregua della vigente normativa, la precipua finalità della confisca di prevenzione è, dunque, quella di sottrarre i patrimoni illecitamente accumulati alla disponibilità di determinati soggetti, che non possano dimostrarne la legittima provenienza. Tale finalità si pone, dunque, in piena sintonia con la ratio decidendi delle menzionate pronunce EDU e con i principi informatori dell’ordinamento convenzionale» (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, cit.).
Invero, segnali di riflessioni in questa materia sono riconoscibili nella motivazione della sentenza n. 24 del 2019 – richiamata nel ricorso – con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale della previgente disciplina dell’art. 19 della legge n. 152 del 1975, nel testo vigente sino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui stabilisce che il sequestro e la confisca previsti dall’art. 2-ter della legge n. 575 del 1965 si applicano anche alle persone indicate nell’art. 1, n. 1), della legge n. 1423 del 1956. La Consulta si è occupata del tema della tassativizzazione processuale dei presupposti di applicazione della misura della confisca di prevenzione, aspetto della disciplina lqueste lestranee all’odierno thema decidendum: trattando più in AVV_NOTAIO la problematica del regime delle garanzie, il Giudice delle leggi ha, per un verso, confermato che la confisca di prevenzione ha una mera natura ripristinatoria e non sanzionatoria, sicché rimane sottratta allo “statuto costituzionale e convenzionale delle sanzioni in materia penale” nell’accezione già riconosciuta dalla Corte di Strasburgo; per altro verso, ha sostenuto che qualsiasi restrizione dei diritti in tale materia necessità che ciò avvenga in applicazione di una legge “che possa consentire ai propri destinatari (…) di prevedere la possibile futura applicazione di tali misure” (C. cost., sent. n. 24 del 27/02/2019). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Di tali criteri interpretativi è stata sollecitata dai ricorrenti l’applicazione caso di specie: ma ciò è stato fatto in pratica sollecitando una rivisitazione del principio di diritto enunciato dalla Cassazione nella sentenza rescindente, nella quale è stata sottolineata la necessità che la decisione in sede di rinvio fosse adottata partendo dalla regula iuris dettata dalla considerata sentenza “COGNOME“; principio che, nell’impugnare la decisione emessa in sede rescissoria, non può più essere messo in discussione (in questo senso, tra le molte, Sez. 2, n. 33560 del 09/06/2023, Brunno, Rv. 285142).
Deve, pertanto, escludersi che la Corte di appello di Brescia abbia violato alcuna disposizione di legge laddove ha rigettato la richiesta di revocazione della confisca di prevenzione applicata, nei riguardi degli odierni ricorrenti, sulla base di disposizioni di legge vigenti al momento dell’accertamento della pericolosità qualificata del proposto, nonostante siano stati valorizzati elementi fattuali cronologicamente riferibili ad un periodo anteriore all’entrata in vigore della novella legislativa che aveva in parte modificato i presupposti applicativi di quella misura patrimoniale.
3. Il secondo motivo dei ricorsi è inammissibile.
Con le doglianze formulate con riferimento alla confisca del terreno sito in Milano alla INDIRIZZO, i ricorrenti hanno posto una questione, concernente un’asserita mancanza dei presupposti per l’applicazione di quella misura patrimoniale, che non aveva costituito oggetto della richiesta di revocazione presentata ex art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011: questione che è stata posta per la prima volta solo con i ricorsi per cassazione.
Il terzo motivo dei ricorsi non supera il vaglio preliminare di ammissibilità perché formulato in termini generici.
Nella giurisprudenza di legittimità si è avuto modo ripetutamente di chiarire che il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, Valentini, Rv. 245907).
Nel caso di specie i ricorrenti si sono limitati a riproporre la questione della prova nuova decisiva asseritamente costituita dalla consulenza tecnica di parte formulata sulla base di alcune planimetrie rinvenute dopo la conclusione del procedimento di prevenzione, senza però confrontarsi realmente con la motivazione sul punto contenuta nel provvedimento gravato: pronuncia nella quale era stato sottolineato non solamente come lo COGNOME avesse già dichiarato, nel corso di quel procedimento, di aver avuto accesso a tutta la documentazione allegata al provvedimento autorizzatorio, poi prodotta in giudizio; ma soprattutto era stato evidenziato come il prevenuto non avesse adempiuto all’onere di dimostrare che la richiesta di revocazione era stata presentata tempestivamente, vale a dire entro sei mesi dalla data in cui era
entrato in possesso della ulteriore documentazione asseritamente prima mancante.
5. Il quarto motivo dei ricorsi è privo di pregio.
Con riferimento alla revocazione della confisca del mandato n. 482 RAGIONE_SOCIALE, i ricorrenti si sono doluti della illogicità e incompletezza della motivazione del provvedimento gravato, invero limitandosi a formulare mere censure in fatto e a sollecitare una rilettura degli elementi fattuali già adeguatamente valutati dai giudici di merito.
Il percorso argomentativo, seguito nel provvedimento impugnato per giustificare il rigetto della istanza di revocazione su quel punto, resta, invero, esente da qualsivoglia censura di illegittimità. La Corte di appello di Brescia ha congruamente e convincentemente spiegato come il rappresentato elemento di novità, costituito dalla intervenuta assoluzione dello COGNOME dai reati di o bancarotta inerenti al fallimento della RAGIONE_SOCIALE, non si ponesse in contrasto con le ragioni della disposta confisca del mandato fiduciario n. 482 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: e ciò sia perché nel decreto irrevocabile applicativo di quella misura patrimoniale non era stato operato alcun collegamento tra la provvista investita ÍV GLYPH ·I nel predetto mandato e le risorse finanziarie della società RAGIONE_SOCIALE, dunque neppure con le condotte di cui lo COGNOME era stato chiamato a rispondere in quel processo penale (collegamento che la difesa dei ricorrenti aveva poi prospettato in termini solo ipotetici); sia e soprattutto perché la confisca di tale mandato era stata. giustificatcx in quanto le relative somme, sproporzionate rispetto alle capacità reddituali lecite, erano state collegate alla pericolosità sociale dello COGNOME in ragione dei diversi reati da lui commessi nell’ambito della gestione e dello smaltimento illecito di rifiuti (v. pagg. 19-21 provv. impugn.). 6. Il quinto e ultimo motivo dei ricorsi è manifestamente infondato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
I ricorrenti hanno contestato in maniera indeterminata la motivazione del provvedimento gravato nella parte in cui si è escluso che potesse essere considerata prova nuova decisiva, idonea a giustificare la revocazione della confisca disposta con decreto definitivo, la successiva intervenuta assoluzione dello COGNOME dai reati fallimentari contestatigli in relazione al fallimento del RAGIONE_SOCIALE
Tale considerazione vale con riferimento tanto alla confisca dell’immobile sito il Il in Olbia, località Maladormida, e delle polizze RAGIONE_SOCIALE, beni per i quali manca negli atti di impugnazione alcuna specifica critica alla valutazione dei dati fattuali operata dalla Corte territoriale; quanto alla confisca dell’imbarcazione “Luya”, per la quale i ricorrenti hanno cercato di sollecitare una – in questa sede
non ammissibile – rivalutazione delle emergenze procedimentali, già adeguatamente esaminate dalla Corte di appello per comprendere come le somme impiegate per l’acquisto di quel natante non avevano alcun collegamento con gli importi di denaro in relazione ai quali erano stati formulati gli addebiti penali distrattivi, dai quali lo COGNOME era stato assolto (v. pagg. 21-22 provv. impugn.).
Al rigetto dei ricorsi segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07/03/2024