Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21322 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21322 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Nicastro (ora Lamezia Terme) il 18M/1962
COGNOME NOMECOGNOME nata a Lamezia Terme il 03/02/1981
avverso il decreto del 09/07/2024 della Corte di appello di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto indicato in epigrafe la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato il provvedimento di confisca a carico di NOME COGNOME relativamente al fabbricato insistente sul terreno del Comune di Lamezia Terme
,)
(part. 134 subalterno 37) costituito da appartamenti al piano terra e al primo piano, oltre a mansarda sottotetto, adibiti a residenza familiare di NOME COGNOME e della figlia NOME COGNOME (terza interessata).
Il difensore di NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione avverso detto decreto e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo con un unico articolato motivo, suddiviso in due distinte argomentazioni, da un lato l’erronea applicazione dell’art. 24 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, in tema di pericolosità sociale qualificata al momento della realizzazione degli immobili confiscati, dall’altro il vizio dì motivazione quanto alla sussistenza della sproporzione.
In particolare, quanto al primo profilo, la difesa sostiene che i beni per cui è stata disposta la confisca sarebbero confluiti nel patrimonio diretto o indiretto del proposto in epoca antecedente al momento in cui si è manifestata la sua pericolosità sociale qualificata. Evidenzia altresì che sul punto la motivazione è carente o meramente apparente, ed in ogni caso si fonda su una erronea applicazione della legge penale in quanto fa derivare l’applicazione del provvedimento ablativo in violazione del presupposto di legge della pericolosità sociale.
Con il secondo profilo si censura la ritenuta sussistenza della sproporzione, avendo il proposto fornito ampia allegazione probatoria in ordine alle sue condizioni economiche per la realizzazione degli immobili.
Il difensore di NOME COGNOME premesso che la stessa (terza interessata) è comunque legittimata a censurare anche la sussistenza dei presupposti per la confisca e non solo la proprietà esclusiva ed effettiva titolarità dei beni, ha presentato motivi di ricorso del tutto sovrapponibili a quelli svolti da NOME COGNOME.
In data 5 maggio 2025 la Difesa di NOME e NOME COGNOME ha depositato memoria con cui ribadisce i motivi proposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che in materia di misure di prevenzione, personali o patrimoniali, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4, commi 10 e 11, I. n. 1423 del 1956, richiamato dall’art. 3-ter, comma 2, I. n. 575 del 1965, confluito nell’art. 10 d.lgs. n. 159 del 2011, richiamato dall’art. 27 del medesimo decreto per la
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misura patrimoniale. A siffatta circoscrizione del perimetro cognitivo proprio dei procedimenti di prevenzione, riconosciuta come coerente con i precetti costituzionali (Corte cost., sent. n. 106 del 2015), data la peculiarità del procedimento di prevenzione sia sul piano processuale che su quello sostanziale, si sommano i limiti intrinseci del giudizio di legittimità, che, com’è noto, non può occuparsi della revisione del giudizio di merito, né della valutazione dei fatti, ma deve attenersi alla verifica della correttezza giuridica e logica delle statuizioni del provvedimento impugnato.
2. La prima argomentazione svolta nel ricorso, con cui si sostiene che i beni per cui è stata disposta la confisca sarebbero confluiti nel patrimonio del proposto in epoca antecedente a quella in cui si è manifestata la sua pericolosità sociale qualificata, non è fondata.
Non colgono, infatti, nel segno i rilievi riguardanti la sentenza di assoluzione per fatti estorsivi compiuti nel periodo successivo al 2012, così come la motivazione svolta dal Tribunale – sez. misure di prevenzione – di Catanzaro con decreto n. 31 del 20 febbraio 2019 circa il venir meno della pericolosità sociale dopo il 2012, ai fini della applicazione di misura personale di prevenzione. Si tratta di vicende successive a quelle poste a base del provvedimento impugnato ed eccentriche rispetto ai presupposti richiesti dalla legge in punto di confisca di prevenzione. Rispetto a questi ultimi ciò che deve essere accertato è la sussistenza di una pericolosità qualificata al momento del verificarsi degli incrementi patrimoniali oggetto del provvedimento di confisca, a fronte di una sproporzione reddituale e della riconducibilità dei medesimi al soggetto proposto.
Ciò che occorre constatare è la corretta delimitazione del perimetro temporale che interessa, ossia il manifestarsi della pericolosità sociale dai primi anni 2000 fino al 2009, epoca di realizzazione dell’ultimo appartamento. Il decreto in esame collega il presupposto della pericolosità sociale a una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, che ricomprende l’ arco temporale che va dall’inizio degli anni 2000 fino al 2012, nel corso del quale l’apporto fornito alla consorteria “COGNOME” è stato indicato come particolarmente rilevante e di supporto importante per le azioni violente e intimidatorie dell’associazione. Il proposto, nel corso del tempo, dietro corresponsione di compensi in denaro, aveva adattato e predisposto numerose armi da sparo, anche silenziandole, in favore degli appartenenti della cosca. La motivazione del provvedimento genetico e del decreto impugnato richiamano le dichiarazioni dei collaboratori, risalenti all’anno 2012-2013 – in particolare NOME COGNOME e NOME COGNOME – incrociate e fornite di specifici riscontri individualizzanti (sequestro di parti di armi e di attrezzature per le modifiche, rinvenimento di un
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locale attrezzato a officina). Ne emerge il ruolo di Torcasio nel decennio precedente, nel corso del quale lo stesso ha fornito in via continuativa il suo contributo alla consorteria. La sentenza di condanna illustra il percorso criminale del proposto e il suo passaggio a disposizione della cosca COGNOME, dopo la sua scarcerazione e il suo allontanamento dalla cosca rivale. Si evince che il contributo non è stato episodico, bensì reiterato nel tempo e connotato dalla consuetudine e dalla stabile messa a disposizione, avvenuto nell’arco temporale che ricade nell’epoca di realizzazione degli immobili di cui è stata disposta la confisca (trattandosi di appartamenti arredati con rifiniture di lusso completati tra il 2004 e il 2009).
Risultano dunque puntualmente verificate e argomentate sia le manifestazioni di pericolosità sociale del proposto (con riguardo al decisivo contributo esterno ad una associazione mafiosa), sia la coincidenza cronologica fra la stessa e gli acquisti dei singoli beni oggetto di confisca, analiticamente elencati e considerati, realizzati da Torcasio nel medesimo periodo. In tal senso le valutazioni non si devono limitare al mero dato temporale della contestazione del fatto che ha portato alla condanna, ma alla fattispecie concreta sottostante, alle dinamiche relazionali e al consolidamento dei rapporti illeciti che hanno portato il soggetto a fornire il proprio contributo esterno.
Il provvedimento impugnato ha dunque fatto buon governo dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, là dove si è stabilito che, in tema di confisca di prevenzione disposta nei confronti di soggetto cd. pericoloso specifico, in quanto indiziato di appartenere ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, il giudice deve previamente individuare il preciso periodo di manifestazione della pericolosità sociale, determinandone, pur solo attraverso elementi indiziari, i momenti iniziale e finale in funzione del coinvolgimento del predetto nelle attività illecite, con conseguente ingiustificato arricchimento, e solo all’esito di ciò può procedere all’ulteriore valutazione attinente l’eventuale sproporzione degli acquisti rispetto alle entrate lecite, al fine di sottoporre ad ablazione i beni il cui valore appaia incongruo (Sez. 2, n. 23000 del 20/05/2021, Oleszewska, Rv. 281457).
Sono manifestamente infondate le doglianze di merito in ordine al parametro legislativo della «sproporzione», trattate nella seconda parte del ricorso di NOME COGNOME sia in punto di sussistenza della sproporzione tra redditi percepiti dal nucleo familiare del proposto, sia in punto di disponibilità effettiva e accertata in relazione ai beni di cui si è disposta la confisca.
Risultano puntualmente verificate e argomentate le doglianze difensive prospettate, sia in primo grado che nei motivi di appello, cui i Giudici del merito
hanno risposto, con motivazione priva di fratture logiche, enunciando le ragioni per cui non sono state ritenute attendibili, e comunque dirimenti, le dichiarazioni rese da testi “vicini” al proposto (COGNOME, COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME) con riguardo alle modalità con cui i lavori di realizzazione dei manufatti sono stati svolti e alle fonti e risorse impiegate per realizzarli, anche alla luce dell’assenza di documentazione di riscontro e dei legami familiari esistenti fra i soggetti. Non sono stati ritenuti decisivi in senso contrario i documenti esibiti di versamenti di somme di denaro da parte di familiari e amici con vaglia postali risalenti all’anno 2012 o risarcimenti per sinistri stradali di terzi familiari in epoca non significativa, in quanto non congruenti con il perimetro cronologico di interesse, né sono state ritenute sufficientemente esplicative delle fonti economiche circostanze del tutto generiche, prive di riscontri documentali specifici, relativamente alla fornitura dei materiali e alli esecuzione dei lavori, a fronte della ricostruzione dei flussi reddituali accertati e delle dichiarazioni tributarie presentate.
In definitiva, non sembra che il ricorrente si misuri realmente con le puntuali argomentazioni che entrambi i giudici della prevenzione hanno esplicitato a sostegno della prospettazione dell’accusa. E, com’è noto, non risponde allo schema dell’impugnazione di legittimità, né è consentito alla Corte di cassazione di spingersi a controllare la rispondenza del diffuso, puntuale e logico apparato argomentativo del provvedimento impugnato alle risultanze processuali, sovrapponendo la propria valutazione al motivato apprezzamento degli elementi fattuali compiuto dal giudice del merito: soprattutto laddove il ricorso per cassazione, come nella specifica materia delle misure di prevenzione, sia proponibile solo per il vizio di violazione di legge.
Con riguardo al ricorso di NOME COGNOME esso è perfettamente sovrapponibile a quello presentato dal genitore NOME COGNOME sicché per le doglianze proposte valgono le valutazioni sopra svolte.
La terza interessata assume peraltro di essere legittimata a censurare anche la sussistenza dei presupposti per la confisca e non solo la proprietà esclusiva ed effettiva titolarità. In realtà, dalla informazione provvisoria n. 3/2025 sul contrasto rimesso sul punto alle Sezioni Unite si evince che in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo sia legittimato solo a dimostrare la effettiva titolarità e non già a contestare i presupposti per l’applicazione della misura nei confronti del proposto, quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, donde la inammissibilità dei motivi di ricorso
presentati, non afferendo essi a specifiche argomentazioni in ordine alla titolarità
del bene confiscato.
5. Alla stregua delle suesposte considerazioni, i ricorsi vanno rigettati, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 06/05/2025