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Confisca di denaro e droga: serve motivazione

Un soggetto, condannato per detenzione di stupefacenti, ha impugnato la confisca del denaro trovato in suo possesso. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, sottolineando che la confisca di denaro richiede una motivazione specifica che dimostri il suo collegamento diretto con il reato contestato, come profitto o prezzo dello stesso, non potendo basarsi su mere presunzioni di attività illecite pregresse. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca di denaro e droga: serve una motivazione specifica

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7306 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nel diritto penale: la confisca di denaro rinvenuto in possesso di chi è accusato di detenzione di stupefacenti. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale: senza una motivazione che dimostri il nesso diretto tra le somme e il reato specifico contestato, la confisca è illegittima. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e Sequestro di Denaro

Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Milano nei confronti di un cittadino accusato del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (nello specifico, 77 grammi di eroina e 5 grammi di cocaina). Oltre alla pena concordata, il giudice aveva disposto la confisca del denaro che era stato sequestrato all’imputato.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione non contro la condanna in sé, ma esclusivamente contro l’ordine di confisca. La difesa sosteneva l’assenza di pertinenzialità, ovvero la mancanza di un legame provato tra quel denaro e l’attività illecita contestata.

La Questione Giuridica: I Limiti della confisca di denaro

Il cuore della questione legale risiede nei presupposti necessari per disporre la confisca del denaro. Può il giudice confiscare automaticamente le somme trovate addosso a una persona accusata di detenzione di droga, presumendo che siano il frutto di spaccio? Oppure è necessaria una prova rigorosa del loro legame con il reato?

La difesa ha argomentato che il denaro non poteva essere considerato né ‘profitto’ né ‘prezzo’ del reato di detenzione. La Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha concordato con questa linea, chiedendo l’annullamento della sentenza sul punto della confisca per assenza di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la confisca di denaro motivata

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. In primo luogo, ha chiarito che anche in una sentenza di patteggiamento è possibile contestare la legalità di una misura di sicurezza come la confisca, soprattutto quando la decisione del giudice manca completamente di motivazione.

Nel merito, i giudici hanno annullato la sentenza limitatamente alla confisca, rinviando il caso al Tribunale di Milano per un nuovo giudizio. La ragione è semplice ma fondamentale: il Tribunale non aveva speso una sola parola per spiegare perché quel denaro dovesse essere confiscato, ovvero quale fosse la sua relazione qualificata con il reato.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i principi che governano la materia. La confisca può avere ad oggetto beni che sono serviti a commettere il reato oppure quelli che ne costituiscono il ‘prezzo’, il ‘prodotto’ o il ‘profitto’.

1. Profitto del reato: È il vantaggio economico immediato e diretto derivante dal reato. Nel caso di detenzione di droga ai fini di spaccio, il semplice possesso non genera di per sé un profitto. Le somme trovate, quindi, non possono essere considerate ‘profitto’ di quel reato specifico. Confiscarle sulla base della presunzione che derivino da precedenti e non contestate attività di spaccio equivarrebbe a un’estensione non consentita della misura.

2. Prezzo del reato: È il compenso pagato a qualcuno per commettere il reato. Le somme sequestrate avrebbero potuto essere considerate ‘prezzo’ solo se fosse stato dimostrato che rappresentavano la remunerazione corrisposta all’imputato per il servizio di custodia o trasporto della sostanza stupefacente trovata in suo possesso.

Dato che il giudice di merito non ha fornito alcuna giustificazione in tal senso, la sua decisione è risultata viziata da un’assoluta carenza di motivazione, rendendo la confisca illegittima.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di garanzia fondamentale: nessuna misura ablativa, come la confisca di denaro, può essere disposta in modo automatico o sulla base di semplici sospetti. È onere del giudice motivare puntualmente, sulla base degli atti processuali, il legame diretto e specifico tra il bene da confiscare e il reato per cui si procede. Non è sufficiente presumere che il denaro trovato in possesso di chi detiene stupefacenti sia di provenienza illecita; occorre dimostrare che esso sia il profitto diretto o il prezzo di quel reato specifico. In assenza di tale prova e della relativa motivazione, la confisca deve essere annullata.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per la parte relativa alla confisca?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che la doglianza relativa alla mancata motivazione sulla confisca può essere oggetto di ricorso, anche dopo un patteggiamento, poiché attiene alla legalità di una misura di sicurezza ed è un aspetto estraneo all’accordo tra le parti sulla pena.

Il denaro trovato in possesso di chi detiene droga può essere sempre confiscato come ‘profitto’ del reato?
No. Per essere confiscato come ‘profitto’, il denaro deve rappresentare il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato contestato. Nel caso di semplice detenzione a fini di spaccio, le somme non possono essere considerate profitto di quel reato, né si può presumere che derivino da precedenti attività illecite non contestate.

In quali altri casi il denaro trovato può essere confiscato nel reato di detenzione di stupefacenti?
Secondo la Corte, il denaro può essere qualificato come ‘prezzo’ del reato, e quindi essere confiscato, se si dimostra che costituisce la remunerazione corrisposta all’imputato per la specifica attività di custodia o trasporto della sostanza stupefacente rinvenuta in suo possesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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