Confisca Denaro Stupefacenti: La Cassazione Conferma la Nuova Disciplina
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità della confisca denaro stupefacenti, consolidando l’applicazione di una norma introdotta a fine 2023. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere come la legge affronta i proventi economici derivanti da attività illecite, in particolare lo spaccio di sostanze stupefacenti. La decisione sottolinea l’impossibilità di contestare la confisca quando il denaro è ritenuto profitto del reato, alla luce delle nuove disposizioni normative.
I Fatti del Caso
Il procedimento trae origine da un ricorso presentato da un soggetto condannato, tramite patteggiamento, per il reato di cessione di 4,44 grammi di cocaina. La condotta era aggravata dal fatto di essere stata commessa in prossimità di istituti scolastici (scuole d’infanzia, primarie e medie inferiori) e dalla presenza di una recidiva specifica e infra-quinquennale. L’imputato non contestava la condanna in sé, ma si opponeva a un aspetto specifico della sentenza del GIP del Tribunale: la confisca del denaro che gli era stato sequestrato, ritenendola una misura di sicurezza illegale.
La Questione Giuridica e la Confisca Denaro Stupefacenti
Il fulcro del ricorso verteva sulla presunta illegalità della misura di sicurezza patrimoniale. L’imputato lamentava una violazione di legge, sostenendo che la confisca del denaro non fosse giustificata. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato tale tesi basandosi su una modifica legislativa fondamentale.
A partire dal 15 novembre 2023, è stato introdotto l’articolo 85-bis nel Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. n. 309/1990). Questa nuova norma stabilisce esplicitamente che la confisca del denaro e di altri beni, che costituiscono il profitto del reato, è ammessa per tutte le violazioni previste dall’articolo 73 dello stesso decreto, che disciplina appunto i reati in materia di droga.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione chiara e lineare. I giudici hanno evidenziato due punti essenziali:
1. La novità normativa: L’introduzione dell’art. 85-bis ha risolto ogni dubbio interpretativo, rendendo la confisca del profitto una conseguenza diretta e legittima per chi commette reati legati agli stupefacenti. La norma si applica a tutte le fattispecie dell’art. 73, inclusa quella contestata nel caso di specie (comma 5).
2. L’accertamento del giudice di merito: La Corte ha rilevato che il Giudice per le Indagini Preliminari, nella sentenza di primo grado, aveva già dato conto del fatto che il denaro sequestrato costituiva il profitto del reato di spaccio. Questo accertamento fattuale, non contestato con argomenti validi, è sufficiente a giustificare l’applicazione della misura ablativa. Di conseguenza, il ricorso dell’imputato è stato ritenuto manifestamente infondato.
La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce la stretta del legislatore e della giurisprudenza sui proventi economici della criminalità legata alla droga. La confisca denaro stupefacenti è oggi uno strumento rafforzato e di applicazione generalizzata. La decisione chiarisce che, una volta che il giudice di merito stabilisce un nesso di pertinenzialità tra il denaro sequestrato e l’attività di spaccio, diventa estremamente difficile per l’imputato opporsi a tale misura. Questa pronuncia serve da monito: la lotta al narcotraffico passa non solo attraverso la sanzione penale della detenzione, ma anche e soprattutto attraverso l’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati.
Perché il ricorso contro la confisca del denaro è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché una nuova norma, l’art. 85-bis del d.P.R. n. 309/1990, introdotta il 15 novembre 2023, ammette espressamente la confisca del profitto per tutti i reati di cui all’art. 73. Inoltre, il giudice di primo grado aveva già accertato che il denaro sequestrato era il profitto del reato.
Cosa stabilisce il nuovo articolo 85-bis del d.P.R. n. 309/1990?
L’articolo 85-bis stabilisce che è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità che costituiscono il prodotto o il profitto dei reati previsti dall’articolo 73, che riguarda la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso in Cassazione che viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11539 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11539 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 24/12/1987
avverso la sentenza del 24/09/2024 del GIP RAGIONE_SOCIALE di MILANO
i ato avviso alle arti udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RG 37371/24
Rilevato che a NOME COGNOME è stata applicata la pena concordata dalle parti per il reato dell 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, consistente nella cessione di 4,44 grammi di cocaina, con l’aggravante di aver commesso il fatto vicino alle scuole (infanzia, primaria e media inferiore con l’aggravante della recidiva, specifica e infra-quinquennale, in Milano, 25 gennaio 2024;
Rilevato che l’imputato lamenta la violazione di legge per illegalità della misura di sicurezza d confisca del denaro in sequestro;
Rilevato che il novellato art. 85-bis d.P.R. n. 309 del 1990, a partire dal 15 novembre 2023, ammette la confisca per tutte le violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990;
Rilevato che il Giudice ha dato conto in sentenza del fatto che il denaro era profitto del reato
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che al declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente