Confisca Denaro Stupefacenti: Quando è Legittima Secondo la Cassazione
La confisca denaro stupefacenti rappresenta uno degli strumenti più efficaci nel contrasto ai traffici illeciti, colpendo le organizzazioni criminali nel loro patrimonio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che regolano questa misura, chiarendo quando un ricorso contro la sua applicazione possa essere considerato inammissibile. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i contorni di questa importante tematica.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto “patteggiamento”) emessa dal Tribunale di Milano. L’imputato era stato condannato per il reato di cessione di sostanze stupefacenti. Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, il giudice di primo grado aveva disposto la confisca di una somma di denaro, ritenuta essere il provento diretto dell’attività illecita.
Insoddisfatto della decisione relativa alla misura patrimoniale, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando specificamente la legittimità della confisca.
La Questione Giuridica: Il Ricorso contro la Confisca
Il nucleo del ricorso si concentrava sulla presunta illegittimità della confisca del denaro. La difesa sosteneva che non vi fossero prove sufficienti per qualificare quella somma come profitto derivante esclusivamente dalla cessione di stupefacenti. L’obiettivo era ottenere l’annullamento di quella parte della sentenza e la restituzione del denaro sequestrato.
Le Motivazioni della Decisione sulla confisca denaro stupefacenti
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile. La motivazione della Suprema Corte è netta e si basa su un punto centrale: il ricorso era manifestamente infondato.
I giudici hanno osservato che il Tribunale di Milano aveva correttamente qualificato il denaro come “provento del reato di cessione di stupefacenti” e, di conseguenza, come frutto di “provenienza illecita”. In presenza di una simile qualificazione, la confisca non è solo una possibilità, ma un atto dovuto previsto dalla legge per i reati di questo tipo.
La Corte ha ritenuto che le argomentazioni del ricorrente non fossero in grado di scalfire la logicità e la correttezza giuridica della decisione impugnata. L’appello è apparso quindi privo di qualsiasi fondamento legale apprezzabile, conducendo inevitabilmente alla sua reiezione in rito, senza nemmeno entrare nel merito approfondito della questione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia della Cassazione rafforza un principio consolidato nella giurisprudenza penale: la confisca denaro stupefacenti è una conseguenza quasi automatica quando viene accertato il nesso tra il denaro e l’attività criminale. La decisione sottolinea due aspetti pratici di grande rilevanza:
1. Onere della Prova: Spetta alla difesa fornire elementi concreti per dimostrare una provenienza lecita del denaro sequestrato, qualora l’accusa abbia già fornito un quadro probatorio solido sul suo collegamento con il reato.
2. Limiti all’Impugnazione: Proporre ricorso per Cassazione contro una misura di confisca in un caso di patteggiamento richiede argomentazioni giuridiche solide e non mere contestazioni di fatto. Un ricorso “manifestamente infondato” non solo viene respinto, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione a favore della Cassa delle ammende, aggravando la posizione del ricorrente.
È possibile contestare la confisca del denaro in una sentenza di patteggiamento per spaccio di stupefacenti?
Sì, è possibile, ma il ricorso deve basarsi su solidi motivi di diritto. Se il ricorso viene ritenuto ‘manifestamente infondato’, come nel caso in esame, viene dichiarato inammissibile senza essere esaminato nel merito.
Per quale ragione la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato?
La Corte ha ritenuto che il denaro fosse stato correttamente qualificato dal tribunale come provento del reato di cessione di stupefacenti e, quindi, di provenienza illecita. Di conseguenza, la confisca era un atto legittimo e il ricorso contro di essa era privo di fondamento giuridico.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46508 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46508 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 20/01/1988
avverso la sentenza del 05/04/2024 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso la sentenza in epigrafe indicata;
ritenuto che il ricorso è manifestamente infondato, avente ad oggetto sentenza di applicazione pena con la quale è stata disposta la confisca del denaro, in quanto ritenuto provento del reato di cessione di stupefacenti e, quindi, di provenienza illecita;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 novembre 2024
Il Consigliere este COGNOME
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La Presidente