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Confisca denaro stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la confisca di una somma di denaro. La sentenza chiarisce che per la confisca denaro stupefacenti non è sempre necessario un nesso diretto con il reato contestato, potendosi applicare la confisca per sproporzione. Il ricorso è stato respinto perché generico, non avendo affrontato la reale motivazione della decisione del tribunale.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca denaro stupefacenti: quando un ricorso è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2608/2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di reati legati agli stupefacenti: la confisca denaro stupefacenti. Il caso offre uno spunto fondamentale per comprendere non solo le diverse tipologie di confisca previste dal nostro ordinamento, ma anche i requisiti di ammissibilità di un ricorso in Cassazione. La Corte, infatti, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato proprio per la sua genericità, chiarendo come sia essenziale confrontarsi con le reali motivazioni della sentenza impugnata.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Savona, in sede di patteggiamento, aveva condannato un individuo per detenzione di hashish e cocaina a una pena di due anni e otto mesi di reclusione e 14.000 euro di multa. Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, il giudice aveva disposto la confisca della sostanza stupefacente e di una somma di denaro pari a 4.870,00 euro trovata nella disponibilità dell’imputato.

Il Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite i suoi difensori, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, contestando unicamente la legittimità della confisca della somma di denaro. Secondo la difesa, il Tribunale aveva errato nel disporre la misura, poiché mancava il cosiddetto “nesso di pertinenzialità” tra il denaro e il reato di detenzione contestato. In altre parole, non era stato provato che quei soldi fossero il profitto diretto della specifica partita di droga sequestrata, ma semmai di presunte cessioni precedenti, ovvero di condotte illecite diverse da quella oggetto del giudizio.

La confisca denaro stupefacenti e il principio di sproporzione

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, definendo il ricorso inammissibile per genericità. Il punto centrale della decisione risiede nella corretta individuazione della norma applicata dal Tribunale. La difesa aveva impostato il ricorso criticando la mancanza dei presupposti della confisca ordinaria (art. 240 c.p.), che richiede un legame diretto tra il bene e il reato.

Tuttavia, il Tribunale aveva applicato un istituto diverso: la confisca per sproporzione, prevista dall’art. 85-bis del d.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti), che a sua volta richiama l’art. 240-bis del codice penale. Questo tipo di confisca non richiede la prova del nesso di pertinenzialità. Essa permette di confiscare il denaro o i beni di cui il condannato ha la disponibilità in valore sproporzionato al proprio reddito e di cui non è in grado di giustificare la legittima provenienza.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione è netta: il ricorso è generico perché non si confronta con l’effettiva ratio decidendi della sentenza di primo grado. Il Tribunale aveva adeguatamente motivato la sua decisione, spiegando che la somma di denaro era ingiustificata rispetto alle fonti di reddito lecite dell’imputato e doveva quindi considerarsi provento di pregresse attività di spaccio. Aveva anche ritenuto inconsistente la giustificazione fornita dall’imputato, secondo cui avrebbe ricavato solo 170 euro da una precedente vendita.

L’errore della difesa è stato quello di ignorare completamente questo ragionamento e di costruire un motivo di ricorso basato su un presupposto giuridico errato (la necessità del nesso di pertinenzialità). Un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve criticare in modo puntuale e specifico le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato. Non può limitarsi a una contestazione astratta o non pertinente al fondamento giuridico della decisione.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: l’onere di specificità dei motivi di impugnazione. Chi ricorre in Cassazione deve analizzare attentamente la decisione che intende contestare e indirizzare le proprie censure contro le specifiche ragioni giuridiche che la sorreggono. Criticare una decisione sulla base di un istituto giuridico che il giudice non ha applicato equivale a presentare un motivo “avulso dal contenuto decisorio”, condannando il ricorso a una inevitabile declaratoria di inammissibilità. Per gli operatori del diritto, è un monito a costruire impugnazioni mirate e pertinenti, pena l’inefficacia del rimedio processuale.

È possibile confiscare denaro a chi detiene stupefacenti, anche se non è profitto della droga sequestrata?
Sì, è possibile attraverso la “confisca per sproporzione” (prevista dall’art. 85-bis d.P.R. 309/1990). Questa misura si applica quando il denaro o i beni sono di valore sproporzionato rispetto al reddito lecito della persona condannata e questa non può giustificarne la legittima provenienza.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per “genericità”. La difesa ha erroneamente contestato la mancanza di un legame diretto tra il denaro e il reato specifico (presupposto della confisca ordinaria), ignorando che il giudice aveva applicato la diversa fattispecie della confisca per sproporzione, che non richiede tale legame.

Cosa si intende per “motivo di ricorso generico”?
Un motivo di ricorso è generico quando non critica in modo specifico e puntuale le argomentazioni giuridiche contenute nella sentenza impugnata. In pratica, se l’appello non si confronta con il ragionamento effettivo del giudice, ma solleva questioni non pertinenti o vaghe, viene considerato inammissibile senza essere esaminato nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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