Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26311 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26311 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LENTINI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/03/2024 del TRIBUNALE di SIRACUSA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza
impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 marzo 2024 il Tribunale di Siracusa ha applicato, nei confronti di NOME NOME, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena d anni 1, mesi 8 di reclusione ed euro 1.200 di multa, per aver detenuto, a fini di cessione, sostanze stupefacenti di diverso tipo.
Il Tribunale ha inoltro disposto, per quanto di interesse, la confisca del denaro in sequestro.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un primo motivo si deduce la violazione di cui all’art. 606, lett. e, cod. proc. pen., per non avere il giudice motivato in ordine alla insussistenza di cause di proscioglimento, pur essendovi tenuto ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
2.2. Con un secondo motivo si censura da un lato il carattere apparente della motivazione con cui è stata disposta la confisca del denaro, e dall’altro violazione della legge penale, non essendo dimostrato il nesso di pertinenzialità tra le somme in sequestro e la condotta di detenzione per cui è processo.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le par hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
Più in particolare, il Sostituto Procuratore generale in sede ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, sia perché manifestamente infondato, sia perché propone motivi non consentiti dalla legge.
1.1. Il primo motivo non si confronta affatto con la motivazione offerta dal tribunale (p. 1): il ricorrente fu colto nella flagranza del reato di detenzione del stupefacente, e la finalità di cessione è stata logicamente dedotta dalla presenza di materiale atto alla pesatura e al confezionamento, dalla qualità e quantità dello stupefacente detenuto, nonché dalla contestuale presenza di un cospicuo quantitativo di denaro.
Sotto altro profilo si osserva che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., consente il ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto
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correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Non è quindi possibile dolersi della mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. F, ordinanza n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761 – 01; conf. Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, Pierri, Rv. 278337 – 01).
Sicché, il motivo di ricorso sull’eventuale presenza di cause di proscioglimento deve ritenersi inammissibile, poiché non consentito.
1.2. Il secondo motivo, con cui si censura la confisca del denaro, è manifestamente infondato.
E’ utile premettere che la sentenza di patteggiamento che abbia applicato una misura di sicurezza è ricorribile per cassazione nei soli limiti di cui all’ar 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., ma soltanto nel caso in cui la misura sia stata oggetto dell’accordo tra le parti, il che non è accaduto nel caso che ci occupa, diversamente essendo ricorribile per vizio di motivazione ai sensi della disciplina generale prevista dall’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U., n. 21368 del 26/09/2019, COGNOME NOME, Rv. 279348 – 01; con?., Sez. 4, n. 28366 del 22/06/2022, Marchych, non mass.).
Ciò posto, dal testo del provvedimento risulta che la confisca è stata disposta ai sensi dell’art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (peraltro esplicitamente richiamato): non avrebbe altrimenti senso il riferimento alla precedente attività illecita di cessione, non oggetto di imputazione.
In tal modo il Tribunale ha inteso escludere che sia stata giustificata la provenienza di quelle cospicue somme.
Nella sua versione originaria la norma, rinviando all’art. 240-bis cod. pen., consentiva la confisca c.d. per sproporzione anche per taluno dei delitti previsti dall’art. 73 del predetto d.P.R., con la sola eccezione della fattispecie di cui al comma 5 (che è quella per cui oggi si procede).
Questa eccezione è venuta meno per effetto del d.l. 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni dalla legge 13 novembre 2023, n. 159.
Nessun dubbio può porsi in ordine all’applicabilità della nuova disposizione, poiché tanto il fatto di reato quanto la sentenza di primo grado sono successive alla sua entrata in vigore (nel senso che la norma si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall’art. 200, comma primo, cod. pen., Sez. 4, n. 14095 del 20/03/2024, NOME COGNOME, Rv. 286103 – 01).
A fronte di ciò, il ricorrente, oltre a non tener conto di questa modifica (ad es., p. 3 ricorso), si è limitato a richiamare l’orientamento giurisprudenziale che esclude la confisca delle somme di denaro rinvenute allorquando è contestata la sola detenzione dello stupefacente, per difetto del nesso di pertinenzialità.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2024
onsi liere estensore VI
Il Presidente