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Confisca denaro stupefacenti e nesso di pertinenzialità

La Corte di Cassazione ha annullato la confisca di denaro disposta nei confronti di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Suprema Corte ha stabilito che la confisca del denaro stupefacenti è legittima solo se viene provato un legame diretto e specifico (nesso di pertinenzialità) tra la somma e il reato di detenzione contestato, non essendo sufficiente una mera presunzione della sua provenienza illecita.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro Stupefacenti: La Cassazione Fissa i Paletti

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è intervenuta per chiarire i presupposti per la confisca denaro stupefacenti nel caso di condanna per il reato di detenzione. Il principio affermato è cruciale: non è sufficiente un sospetto generico sulla provenienza illecita delle somme rinvenute, ma è necessaria la prova di un legame diretto e specifico, il cosiddetto nesso di pertinenzialità, con il reato per cui si procede. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal G.I.P. del Tribunale di Firenze. Un soggetto era stato condannato per la detenzione illecita di circa 1.500 grammi di cocaina, reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990. Oltre alla pena concordata, il giudice aveva disposto la confisca non solo della sostanza stupefacente, delle armi e delle munizioni, ma anche di una somma di denaro trovata in possesso dell’imputato.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per Cassazione contestando, in particolare, la legittimità della confisca del denaro. La difesa ha sostenuto che il Tribunale si era limitato a una mera presunzione sulla provenienza illecita della somma, senza dimostrare alcun collegamento diretto con il reato contestato.

Il punto centrale dell’argomentazione difensiva era la distinzione tra il reato di detenzione e quello di cessione (vendita) di stupefacenti. Poiché l’accusa era limitata alla sola detenzione, il denaro non poteva essere considerato automaticamente il ‘profitto’ di quel reato. Mancava, dunque, il nesso di pertinenzialità richiesto dalla legge per poter procedere alla confisca.

La Disciplina della Confisca Denaro Stupefacenti

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo alla confisca del denaro, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito che, per poter confiscare una somma di denaro come profitto del reato, deve esistere un collegamento eziologico diretto e immediato tra il denaro stesso e l’illecito commesso.

Nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti, la somma di denaro rinvenuta nella disponibilità dell’imputato non costituisce di per sé il profitto del reato. Il profitto, infatti, è il vantaggio economico che deriva dalla commissione dell’illecito. La semplice detenzione non genera un profitto economico diretto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che il denaro può essere confiscato in relazione al reato di detenzione solo se si prova che esso costituisce il prezzo del reato. Ciò significa che deve essere dimostrato che quella somma è il corrispettivo ricevuto dall’imputato da parte di terzi proprio per detenere la sostanza. Al di fuori di questa specifica ipotesi, la confisca non è ammessa.

Citando precedenti giurisprudenziali, la Cassazione ha affermato un principio fondamentale: in relazione al reato di illecita detenzione di stupefacenti, si può procedere alla confisca del denaro trovato in possesso dell’imputato soltanto quando sussiste un nesso di pertinenzialità tra questo e l’attività illecita contestata. Di conseguenza, non sono confiscabili le somme che, in ipotesi, costituiscono il ricavato di precedenti e diverse cessioni di droga non oggetto del procedimento in corso.

Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata era carente, poiché si limitava a sostenere che la somma non fosse ‘giustificata’, senza fornire alcuna prova del legame specifico con il reato di detenzione contestato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Corte di Cassazione rafforza le garanzie difensive in materia di misure ablatorie. Stabilisce con chiarezza che la confisca denaro stupefacenti non può basarsi su semplici presunzioni o sulla generica provenienza illecita dei fondi. È onere dell’accusa dimostrare in modo rigoroso che il denaro è il profitto o il prezzo dello specifico reato per cui si è stati condannati. Per questo motivo, la Corte ha annullato la sentenza limitatamente alla statuizione sulla confisca, rinviando il caso al Tribunale di Firenze per un nuovo giudizio sul punto, che dovrà attenersi ai principi enunciati.

È sempre possibile confiscare il denaro trovato in possesso di chi viene accusato di detenzione di stupefacenti?
No. Secondo la sentenza, la confisca è legittima solo se si dimostra un nesso di pertinenzialità, ovvero un collegamento diretto e specifico, tra il denaro e il reato di detenzione contestato. Non basta una semplice presunzione che i soldi provengano da attività illecita.

Qual è la differenza tra il profitto del reato di detenzione e quello di cessione di droga ai fini della confisca?
Il denaro può essere considerato il profitto del reato di vendita (cessione) di stupefacenti. Nel caso della sola detenzione, invece, il denaro non costituisce il profitto, a meno che non si provi che sia il corrispettivo ricevuto da terzi specificamente per l’attività di detenzione.

Cosa succede se il denaro sequestrato deriva da precedenti cessioni di droga non contestate nel processo?
La sentenza chiarisce che le somme che costituiscono il ricavato di precedenti e diverse cessioni di droga, se tali cessioni non sono contestate nel procedimento in corso, non sono confiscabili come profitto o prezzo del reato di semplice detenzione per il quale si procede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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