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Confisca denaro spaccio: quando è legittima?

Due soggetti, condannati per detenzione di stupefacenti, ricorrono in Cassazione contro la confisca del denaro trovato in loro possesso. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, specificando che la confisca denaro spaccio in questi casi si basa sul principio di sproporzione (art. 240-bis c.p.), quando l’imputato non giustifica la provenienza lecita della somma.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro Spaccio: Quando il Denaro Trovato con la Droga Può Essere Requisito?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9208 del 2024, torna su un tema di grande rilevanza pratica: la legittimità della confisca denaro spaccio nel caso in cui un soggetto venga condannato per la sola detenzione di stupefacenti. La pronuncia chiarisce che, anche in assenza di una prova diretta dell’attività di cessione, il denaro può essere confiscato se l’imputato non ne giustifica la provenienza lecita, applicando il principio della confisca per sproporzione.

I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e Denaro Sequestrato

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Genova. Due imputati venivano condannati a una pena di 3 anni di reclusione e 12.000 euro di multa per il reato di concorso in detenzione illecita di 61 involucri di eroina-morfina e crack/cocaina. Durante una perquisizione domiciliare, era stata sequestrata una somma di 1.100 euro.

Il giudice di primo grado, oltre a disporre la distruzione dello stupefacente, ordinava la confisca della somma di denaro e la sua devoluzione all’Erario, ritenendola provento dell’attività di spaccio, dato che gli imputati non avevano fornito alcuna giustificazione sulla sua provenienza.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della confisca denaro spaccio

I difensori degli imputati proponevano ricorso per cassazione, contestando unicamente il punto della sentenza relativo alla confisca del denaro. Secondo la difesa, il provvedimento era illegittimo per violazione di legge. La tesi difensiva si fondava su un punto cruciale: il reato contestato era la detenzione di sostanze stupefacenti, non la loro cessione. Pertanto, non vi era alcuna prova che il denaro sequestrato costituisse il profitto o il prezzo del reato. In assenza di questo nesso diretto, la confisca ordinaria prevista dall’art. 240 del codice penale non avrebbe potuto essere disposta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la legittimità del provvedimento di confisca. La decisione si basa su un inquadramento giuridico differente da quello prospettato dalla difesa, allineandosi alle conclusioni del Procuratore Generale.

Le Motivazioni: La Differenza tra Confisca Ordinaria e per Sproporzione

Il cuore della motivazione della Corte risiede nella distinzione tra la confisca ordinaria (art. 240 c.p.) e la cosiddetta ‘confisca per sproporzione’ (art. 240-bis c.p.), richiamata in materia di stupefacenti dall’art. 85-bis del D.P.R. 309/1990.

La Corte ha chiarito che, per il reato di illecita detenzione di stupefacenti, il denaro trovato nella disponibilità dell’imputato non può essere confiscato ai sensi dell’art. 240 c.p., poiché non costituisce ‘profitto’ o ‘prezzo’ del reato di mera detenzione. Tuttavia, può essere sottoposto alla diversa misura della confisca per sproporzione.

Questo tipo di confisca si applica quando ricorrono due condizioni:

1. L’imputato è condannato per uno dei reati per cui è prevista (incluso quello di cui all’art. 73 del TU Stupefacenti).
2. L’imputato ha la disponibilità di denaro o beni di cui non può giustificare la provenienza lecita e il cui valore risulta sproporzionato rispetto al proprio reddito o alla propria attività economica.

Nel caso di specie, gli imputati non avevano fornito alcuna giustificazione sulla provenienza dei 1.100 euro. Il giudice di merito, pur con una motivazione molto sintetica (come è comune nel rito del patteggiamento), aveva implicitamente ritenuto quella somma ‘provento di spaccio’ proprio in assenza di una spiegazione alternativa. La difesa, concentrandosi solo sull’inapplicabilità della confisca ordinaria, non aveva contestato l’aspetto della sproporzione né offerto elementi a discarico sulla provenienza del denaro.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: chi viene trovato in possesso di sostanze stupefacenti e di una somma di denaro, anche se non colto nell’atto di cedere la droga, rischia la confisca di quel denaro. L’onere di fornire una giustificazione plausibile e documentata sulla sua provenienza lecita ricade sull’imputato. In mancanza, la presunzione che si tratti di proventi illeciti derivanti da attività di spaccio è sufficiente a legittimare il provvedimento ablatorio, non a titolo di confisca ordinaria, ma come misura di sicurezza patrimoniale basata sulla sproporzione.

È possibile confiscare il denaro trovato a una persona accusata solo di detenzione di stupefacenti e non di spaccio attivo?
Sì, è possibile. La confisca non si basa sul nesso diretto con il reato di detenzione, ma sulla presunzione che il denaro sia provento illecito (confisca per sproporzione), qualora l’imputato non sia in grado di giustificarne la legittima provenienza.

Qual è il presupposto principale per la confisca per sproporzione in materia di droga?
Il presupposto è duplice: una condanna per il reato previsto dall’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti e la mancata giustificazione, da parte del condannato, della provenienza lecita del denaro o dei beni, il cui valore appare sproporzionato rispetto al suo reddito.

Perché il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la difesa ha basato le proprie argomentazioni su una norma non pertinente al caso (l’art. 240 c.p. sulla confisca ordinaria), senza contestare i presupposti della confisca per sproporzione (art. 240-bis c.p.), che era la misura correttamente applicabile alla fattispecie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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