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Confisca denaro spaccio: la motivazione è d’obbligo

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna limitatamente alla parte sulla confisca di una somma di denaro. Un individuo, condannato per un singolo episodio di spaccio, si era visto sequestrare 1100 euro. La Corte ha stabilito che i giudici di merito non avevano adeguatamente motivato perché l’intera somma dovesse essere considerata provento del reato contestato, rendendo la confisca illegittima per vizio di motivazione. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione sul punto, ribadendo il principio che la confisca denaro spaccio necessita di una prova rigorosa del nesso diretto tra i soldi e l’illecito.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro Spaccio: La Cassazione Annulla per Mancanza di Motivazione

La confisca denaro spaccio è una misura ablativa di grande impatto, ma la sua applicazione non può essere automatica o presuntiva. Con la sentenza n. 4332 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per confiscare una somma di denaro trovata in possesso di un imputato, è indispensabile che il giudice fornisca una motivazione puntuale e completa che dimostri il nesso di derivazione diretta tra quella somma e il reato specifico contestato. Vediamo nel dettaglio i fatti e le ragioni giuridiche di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, specificamente per aver ceduto a tre acquirenti 17 dosi di cocaina. Durante l’operazione di polizia, all’imputato veniva sequestrata una somma totale di 1100 euro, rinvenuta in parte nella tasca dei pantaloni (800 euro) e in parte in un borsello (300 euro).

L’imputato, tramite il suo difensore, ha sempre sostenuto che solo una parte di quel denaro (500 euro) fosse il provento della cessione appena avvenuta, mentre la restante somma gli era stata consegnata dal fratello per il proprio sostentamento. Nonostante ciò, sia il Tribunale che la Corte d’Appello confermavano la condanna e la confisca dell’intera somma, ritenendola profitto del reato.

Il Ricorso in Cassazione e il Problema della Confisca Denaro Spaccio

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione proprio in relazione alla statuizione sulla confisca. La difesa ha evidenziato una palese contraddizione: la Corte d’Appello, nel motivare la confisca, aveva fatto riferimento unicamente a una somma di 800 euro, collegandola al valore di mercato della droga ceduta, ma aveva omesso completamente di giustificare la confisca della restante parte del denaro. In sostanza, mancava una spiegazione logico-giuridica che collegasse tutti i 1100 euro sequestrati all’attività di spaccio per cui era stata pronunciata la condanna.

La Decisione della Suprema Corte e i Principi sulla Confisca

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ricordato che, ai sensi dell’art. 240 del codice penale e dell’art. 73, comma 7 bis, del d.P.R. 309/90, la confisca è ammessa per le cose che costituiscono il profitto del reato. Per ‘profitto’ si intende il vantaggio economico che ha un nesso di derivazione causale diretto e immediato con l’illecito.

La giurisprudenza di legittimità è concorde nell’affermare che, affinché si possa procedere alla confisca denaro spaccio, è necessario dimostrare che quel denaro sia il provento di una specifica condotta di vendita. Non è sufficiente, ad esempio, che la condanna sia per mera detenzione di stupefacenti, poiché in tal caso non vi è un profitto diretto. Nel caso di specie, la condanna riguardava sì una vendita, ma la motivazione dei giudici di merito era palesemente incompleta.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha censurato la decisione della Corte d’Appello perché, pur dovendo giustificare la confisca di 1100 euro, ha argomentato solo in relazione a 800 euro. Questo ha creato un vuoto motivazionale insanabile per la parte eccedente. I giudici avrebbero dovuto spiegare in modo puntuale le ragioni per cui anche i restanti 300 euro dovevano essere considerati provento della cessione, anziché ancorare la valutazione solo a una parte dell’importo sequestrato. La Corte ha sottolineato che l’onere di provare il nesso causale tra reato e profitto grava sull’accusa, e in assenza di tale prova, non si possono applicare presunzioni.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio di garanzia fondamentale: la confisca non può essere una conseguenza automatica del sequestro. Ogni euro confiscato deve essere legato al reato da una motivazione specifica, logica e congrua, che non lasci spazio a dubbi o presunzioni. L’annullamento con rinvio impone alla Corte d’Appello di riesaminare il punto, fornendo questa volta una giustificazione completa o, in sua assenza, disponendo la restituzione della parte di denaro la cui provenienza illecita non risulti provata. Questa decisione rafforza la tutela del patrimonio individuale contro provvedimenti ablativi non adeguatamente fondati.

È possibile confiscare tutto il denaro trovato in possesso di una persona condannata per un singolo episodio di spaccio?
No, non automaticamente. La sentenza stabilisce che è necessario un nesso di derivazione diretta tra il denaro e il reato specifico per cui è avvenuta la condanna. Il giudice deve motivare puntualmente perché l’intera somma è considerata provento di quell’illecito, non potendo basarsi su mere presunzioni.

Cosa succede se la motivazione della confisca è incompleta o riguarda solo una parte del denaro sequestrato?
Se la motivazione è carente o parziale, la statuizione sulla confisca è illegittima. Come in questo caso, la Corte di Cassazione può annullare la parte della sentenza relativa alla confisca, rinviando il caso a un altro giudice per una nuova valutazione sul punto.

Qual è il principio fondamentale ribadito dalla Cassazione in materia di confisca del denaro nello spaccio?
Il principio è che la confisca del denaro come profitto del reato di spaccio richiede la prova di un legame causale diretto e immediato con la condotta illecita contestata. Non è sufficiente una generica corrispondenza tra la somma e il valore di mercato della droga, soprattutto se la motivazione non copre l’intero importo sequestrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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