Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4332 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4332 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/11/2022 della CORTE APPELLO di TORINO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME,
che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità d ricorsi)
a.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza dell’Il novembre 2022, ha confermato la sentenza di condanna, ex art. 442 cod. proc. pen., emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torino COGNOME nei confronti di NOME in ordine al delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, ivi compresa la statuizione relativa alla confisca della somma di denaro in sequestro, quale profitto del reato.
L’imputato è stato ritenuto responsabile COGNOME per avere venduto a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME grammi 14,64 di sostanza stupefacente del tipo cocaina (contenente 5,33 grammi di principio attivo), ripartita in n. 17 dosi.
2. Avverso la sentenza ha COGNOME proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la mancanza di motivazione in ordine alla disposta confisca della somma di denaro. Il difensore osserva che al ricorrente era stata sequestrata non già la somma di 800 euro come riportato della motivazione della sentenza impugnata, bensì la somma di 1000 euro (rectius 1100 euro): in particolare oltre agli 800 euro rinvenuti nella tasca destra dei pantaloni dell’imputato, erano COGNOME stati trovati, custoditi nel borsello, ulteriori 300 euro. I giudici, dunque, non avevano in alcun modo chiarito in che senso anche tale ultima somma fosse da ritenere provento dell’attività di spaccio contestata nel capo di imputazione. L’imputato, invero, aveva chiarito che solo la somma di euro 500,00 era provento della cessione della sostanza stupefacente monitorata in diretta dalla polizia giudiziaria, mentre la restante somma di denario rinvenuta nella sua disponibilità gli era stata consegnata dal fratello per il suo sostentamento.
Il difensore sottolinea, inoltre, che la polizia giudiziaria aveva ‘osservato in diretta solo la cessione nei confronti degli acquirenti che erano poi stati fermati e trovati in possesso della droga e non anche precedenti cessioni e che neppure sui telefoni cellulari dell’imputato erano stati individuati contatti sospetti riferib a vendite pregresse.
La Corte avrebbe, dunque, dovuto prendere atto che non riferimento alla somma di 600 euro non era stato provata la natura di provento del reato, a fronte della inammissibilità, ribadita dalla giurisprudenza di legittimità, di qualsiasi presunzione, nel caso di contestazione del reato di cui all’art., 73 comma 5 d.P.R. n. 309/90, di derivazione del denaro da illecita attività.
Il Procuratore generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato il motivo.
L’art. 240 cod. pen., per quanto rileva con riferimento al ricorso in esame, prevede la confisca delle cose che costituiscono il profitto del reato, ovvero il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto (ex plurimis: Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264436-01; Sez. 2, n. 53650 del 06/10/2016, COGNOME, Rv. 268854; Sez. 6, n. 33226 del 14/07/2015, RAGIONE_SOCIALE, Rv.264941-01).
In tema di reati inerenti gli stupefacenti tale previsione è ripresa dall’art. 73 comma 7 bis d.P.R. n. 309/90 a norma del quale nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen. è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui all’art. 73 comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.
È pertanto ammessa la confisca del danaro che costituisca provento (cioè profitto) del reato di vendita di sostanze stupefacenti, quando tale sia il reato per cui si procede. In ragione del principio per cui, ai fini della confisca, è necessario sussista un nesso di diretta derivazione del profitto rispetto al reato oggetto del giudizio, la giurisprudenza di legittimità è concorde nell’escludere, invece la confiscabilità, ex art. 240 cod. pen. e 73 comma :7 bis dpr 309/1990, delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità dell’imputato nelle ipotesi in cui il reato per cui viene pronunciata condanna sia la mera detenzione di sostanze stupefacenti e non anche pregresse condotte di vendita a cui siano eventualmente ricollegabili dette somme (da ultimo Sez. 4 , n. 20130 del 19/04/2022, COGNOME, Rv. 283248; Sez. 4, n. 40912 del 19/09/2016, Ka, Rv. 267900, in motivazione; Sez. 2, n. 41778 del 30/09/2015, COGNOME, Rv.265247, in motivazione).
3.Venendo al caso in esame, COGNOME si osserva che la condanna COGNOME è stata pronunciata in relazione alla condotta di vendita di n. 17 dosi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, qualificata come delitto di all’art. 73, comma 5,
d.P.R. COGNOME n. 309/90 e che dal verbale di sequestro in atti emerge che effettivamente all’imputato era stata sequestrata la somma di 1100 euro. Come rilevato dal ricorrente, i COGNOME giudici, sia di primo, sia di secondo grado, nell’argomentare che COGNOME la somma sequestrata all’imputa:o dovesse essere considerata provento di tale delitto, in quanto corrispondente per entità al valore di mercato dello stupefacente oggetto di cessione e dovesse, dunque, essere confiscata, hanno fatto riferimento unicamente alla somma di 800 euro e non già alla somma di di 1100 euro, oggetto di vincolo reale.
Ne consegue che COGNOME la Corte di Appello, nella motivazione della conferma della statuizione della confisca della somma di denaro in sequestro, è incorsa nel vizio di motivazione lamentato. La contestazione della fattispecie di reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, in relazione alla vendita di cocaina osservata in diretta dalle forze dell’ordine, imponeva ai giudici di dare conto in maniera puntuale delle ragioni per cui il denaro trovato nella disponibilità dell’imputato doveva essere considerato provento della cessione: la Corte ha sì assolto tale onere, spiegando che vi era corrispondenza fra il valore della sostanza ceduta e la somma sequestrata, ma ha ancorato tale valutazione non già all’intero importo di denaro oggetto di sequestro, bensì solo ad una parte di tale importo, sicchè la motivazione adottata, per la restante parte, deve ritenersi mancante.
4.La sentenza COGNOME impugnata deve, pertanto, COGNOME essere annullata COGNOME con riferimento alla statuizione della confisca della somma di denaro in sequestro, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione concernente la confisca della somma di denaro, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.
Così deciso in Ro Il Consiglier dicembre 202:3 re COGNOME
Il Pr idente