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Confisca denaro spaccio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per spaccio di stupefacenti, confermando la legittimità della confisca del denaro derivante dalla vendita di droga. La Corte ha ribadito che i proventi economici, diretti o indiretti, del reato di spaccio sono soggetti a confisca ai sensi dell’art. 240 c.p., richiamato dall’art. 73, comma 7-bis, d.P.R. 309/1990.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro Spaccio: La Cassazione Conferma la Linea Dura

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nella lotta al traffico di stupefacenti: la confisca del denaro proveniente dallo spaccio è una misura sempre applicabile. La Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato, ha consolidato l’orientamento secondo cui i guadagni illeciti derivanti dalla vendita di droga devono essere sottratti alla disponibilità del reo. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I fatti di causa

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Forlì nei confronti di un soggetto per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Nello specifico, all’imputato era stata contestata la cessione continuata di cocaina, per un importo di 40 euro a cessione, per un periodo di alcuni mesi. Oltre alla pena detentiva, il giudice di merito aveva disposto la confisca delle somme di denaro considerate profitto del reato. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione proprio contro quest’ultimo punto della sentenza, contestando la legittimità della misura patrimoniale.

La decisione sulla confisca denaro spaccio

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a una valutazione preliminare: il ricorso non possedeva i requisiti di legge per essere esaminato. La conseguenza diretta dell’inammissibilità, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro.

Le motivazioni

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha giustificato la piena legittimità della confisca. I giudici hanno chiarito che l’art. 73, comma 7-bis, del d.P.R. 309/1990 richiama espressamente l’art. 240 del codice penale. Quest’ultima norma prevede la confisca obbligatoria delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato.

Nel contesto dello spaccio di droga, il denaro ricevuto in cambio della sostanza stupefacente rappresenta in modo diretto il “prodotto” o il “profitto” dell’attività illecita. La Corte sottolinea come il vantaggio economico che si ricava, direttamente o indirettamente, dalla commissione del reato di spaccio debba essere sottratto al reo. Questo principio, già consolidato in precedenti pronunce, trova piena applicazione nel caso di specie. La confisca del denaro, pertanto, non è una misura accessoria discrezionale, ma una conseguenza diretta e obbligatoria della condanna per questo tipo di reato. La decisione di confiscare le somme derivanti dalle cessioni di cocaina contestate era, quindi, giuridicamente corretta e non poteva essere messa in discussione.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma con fermezza che chiunque tragga un profitto economico dalla vendita di stupefacenti è destinato a vederlo confiscato dallo Stato. Questa decisione rafforza gli strumenti a disposizione della magistratura per colpire i reati di droga non solo dal punto di vista della libertà personale, ma anche sotto il profilo patrimoniale. L’obiettivo è duplice: privare i criminali delle risorse economiche per continuare le loro attività illecite e riaffermare il principio che nessun guadagno derivante da un reato può essere considerato legittimo. Per i cittadini, questo si traduce in una maggiore efficacia dell’azione repressiva dello Stato contro un fenomeno criminale particolarmente dannoso per la società.

È possibile confiscare il denaro ricavato dalla vendita di sostanze stupefacenti?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è ammessa la confisca del denaro che costituisce il prodotto o il profitto del reato di spaccio, in quanto rappresenta il vantaggio economico diretto ottenuto dalla commissione del reato.

Qual è il fondamento normativo per la confisca dei proventi dello spaccio?
La base giuridica è l’art. 240 del codice penale, espressamente richiamato dall’art. 73, comma 7-bis, del d.P.R. n. 309 del 1990 (Testo Unico Stupefacenti).

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo quanto previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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