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Confisca denaro: serve prova, non basta il reato

La Corte di Cassazione ha annullato la confisca del denaro disposta nei confronti di un imputato che aveva patteggiato per un reato di spaccio. La Suprema Corte ha stabilito che, anche in caso di patteggiamento, il giudice deve fornire una motivazione adeguata che dimostri il collegamento diretto tra la somma sequestrata e l’attività illecita, non potendo basarsi sulla semplice assenza di giustificazioni da parte dell’imputato sulla provenienza del denaro.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca del denaro: la Cassazione stabilisce la necessità di una prova concreta

La confisca del denaro trovato in possesso di un imputato non può essere automatica, neanche in caso di patteggiamento per reati legati agli stupefacenti. La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale: il giudice ha l’obbligo di motivare in modo specifico il legame tra la somma sequestrata e l’attività illecita. Non è sufficiente presumere che il denaro sia provento di reato solo perché l’imputato non ne ha giustificato la lecita provenienza.

Il caso: patteggiamento per spaccio e confisca automatica

Il caso analizzato riguarda un uomo che aveva raggiunto un accordo con la Procura (patteggiamento) per una pena di nove mesi di reclusione e 1.400 euro di multa per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti. Oltre alla pena, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova aveva disposto la confisca di una modesta somma di denaro (trenta euro) trovata in possesso dell’imputato, ritenendola provento dell’attività di spaccio.

La decisione del giudice si basava su un presupposto: siccome l’imputato non aveva fornito una spiegazione sulla provenienza lecita del denaro, questo doveva essere considerato il ricavo del reato contestato. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione proprio contro questa parte della sentenza.

Il ricorso e la questione sulla confisca del denaro

Il ricorso si fondava su un unico motivo: la violazione di legge in relazione alla confisca del denaro. La difesa sosteneva che mancava qualsiasi prova del fatto che la somma sequestrata costituisse il ricavo della vendita di stupefacenti. Si evidenziava l’assenza di un collegamento tra l’attività illecita accertata (detenzione a fini di spaccio) e il denaro posseduto, una somma modesta peraltro appartenente a una persona che viveva con la propria famiglia.

La tesi difensiva era chiara: ordinare la confisca senza aver accertato un nesso causale o pertinenziale con il reato equivale a un’applicazione illegittima della misura.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo le argomentazioni della difesa. I giudici hanno riaffermato un principio consolidato: anche dopo le modifiche normative che hanno ampliato i casi di applicabilità della confisca nel patteggiamento, il giudice è sempre tenuto a motivare l’esercizio del suo potere discrezionale.

La motivazione fornita dal giudice di primo grado è stata giudicata insufficiente. Affermare che la confisca è dovuta perché l’imputato non ha giustificato la provenienza del denaro equivale a un’inversione dell’onere della prova. Spetta all’accusa, non alla difesa, dimostrare che i beni sono il provento, il prodotto o il prezzo del reato.

La Corte distingue tra confisca obbligatoria (ad esempio, il prezzo pagato per il reato) e confisca facoltativa (il profitto o il provento). In quest’ultimo caso, è indispensabile accertare un nesso pertinenziale o eziologico con il reato. La confisca è legittima solo se viene dimostrata una relazione di “asservimento” tra la cosa e il reato, un legame stretto e non meramente occasionale. Nel caso del denaro, è necessario dimostrare che esso costituisce il prodotto o il profitto dell’attività illecita. Il Tribunale, invece, aveva disposto la confisca senza alcun riferimento normativo specifico e senza una motivazione adeguata a provare tale collegamento.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al punto della confisca, rinviando il caso al GUP del Tribunale di Genova per una nuova valutazione. Il giudice dovrà accertare, con adeguata motivazione, se esista un nesso di strumentalità tra la somma sequestrata e il reato contestato, distinguendo tra l’ipotesi di confisca obbligatoria e quella facoltativa.

Questa decisione rafforza un importante principio di garanzia: nessuna misura patrimoniale può essere applicata in modo automatico. La confisca del denaro richiede una prova concreta del suo collegamento con il reato, e il giudice ha il dovere di esplicitare le ragioni della sua decisione in modo chiaro e completo, senza poter scaricare sull’imputato l’onere di dimostrare l’innocenza dei propri beni.

È possibile disporre la confisca del denaro trovato addosso a una persona accusata di spaccio, anche in caso di patteggiamento?
Sì, è possibile, ma non è automatico. Il giudice deve fornire una motivazione specifica e adeguata che dimostri il nesso diretto tra il denaro sequestrato e l’attività di spaccio, non potendo basarsi sulla semplice mancanza di giustificazione da parte dell’imputato.

A chi spetta l’onere di provare che il denaro sequestrato è provento di reato?
L’onere della prova spetta all’accusa. Non è l’imputato a dover dimostrare la provenienza lecita del denaro, ma è il pubblico ministero a dover provare che quella somma costituisce il prodotto o il profitto del reato contestato.

Cosa succede se un giudice dispone la confisca senza una motivazione adeguata?
Se un giudice ordina la confisca senza fornire una motivazione sufficiente a dimostrare il legame tra il bene e il reato, la decisione è illegittima. La parte della sentenza relativa alla confisca può essere annullata dalla Corte di Cassazione, con rinvio a un altro giudice per una nuova e più approfondita valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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