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Confisca denaro: quando manca l’interesse a ricorrere

Un soggetto condannato per detenzione di stupefacenti impugna la sentenza di patteggiamento, contestando la confisca denaro non inclusa nell’accordo. La Corte di Cassazione, pur rilevando un potenziale errore di diritto nell’applicazione della confisca, dichiara il ricorso inammissibile. La motivazione risiede nella mancanza di interesse ad agire del ricorrente, il quale aveva affermato che la somma non fosse di sua proprietà, bensì della sua convivente. Tale dichiarazione esclude la sua legittimazione a contestare il provvedimento.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca denaro: chi non è proprietario non può impugnare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio processuale cruciale: per poter contestare la confisca denaro, è indispensabile dimostrare di esserne il titolare e, quindi, di avere un interesse giuridicamente rilevante. Il caso in esame riguarda un soggetto che, pur avendo patteggiato la pena per reati legati agli stupefacenti, ha impugnato la confisca di una cospicua somma di denaro disposta dal giudice, sostenendo che tale misura non fosse parte dell’accordo. La Suprema Corte, tuttavia, ha chiuso le porte a ogni discussione nel merito, dichiarando il ricorso inammissibile per una ragione preliminare e assorbente: la carenza di interesse ad agire.

I Fatti del Caso: Patteggiamento e Sorpresa Finale

Un uomo veniva tratto in giudizio per la detenzione illecita di sostanza stupefacente (cocaina) destinata alla vendita. L’imputato sceglieva la via del patteggiamento, accordandosi con il Pubblico Ministero per una pena di cinque anni e quattro mesi di reclusione e 26.000 euro di multa. Il Tribunale, accogliendo la richiesta, emetteva la sentenza di applicazione della pena ma, contestualmente, disponeva anche la confisca di una somma di quasi 25.000 euro, posta sotto sequestro a carico dell’imputato e della sua convivente.

L’Oggetto del Ricorso in Cassazione

L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, non contestando la pena concordata, ma esclusivamente la statuizione relativa alla confisca del denaro. Secondo la difesa, tale misura era illegittima per due motivi principali:
1. Non era stata oggetto dell’accordo di patteggiamento.
2. Mancava un nesso di pertinenzialità tra la somma sequestrata e il reato contestato.

La Decisione della Suprema Corte sulla confisca denaro

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso, dividendone l’analisi in due passaggi logici.

Ammissibilità del Ricorso e Limiti del Patteggiamento

In primo luogo, i giudici hanno riconosciuto che il ricorso era, in linea di principio, ammissibile. Le sentenze di patteggiamento hanno limiti di impugnabilità molto stretti, ma questi non valgono per le statuizioni che, come la confisca in questo caso, non facevano parte dell’accordo tra le parti. Pertanto, la porta per un esame nel merito sembrava aperta.

La Questione della Confisca Allargata (e la sua irrilevanza)

La Corte ha anche notato un potenziale e significativo errore di diritto commesso dal Tribunale. La confisca era stata applicata sulla base di una norma (art. 85-bis del d.P.R. 309/1990) che, all’epoca dei fatti, non ne permetteva l’applicazione per i reati di lieve entità in materia di stupefacenti, come quello ravvisato nel caso di specie. Tale limitazione è stata rimossa solo successivamente. Nonostante questo vizio di legge, la Corte non ha potuto annullare la confisca.

Le Motivazioni: La Carenza di Interesse ad Agire

Il punto cruciale della decisione, che ha portato a dichiarare inammissibile il ricorso, risiede in una considerazione preliminare: la mancanza di interesse ad agire del ricorrente. È stato lo stesso imputato, nelle sue difese, a sostenere che la somma di denaro sequestrata non fosse sua, ma della sua convivente, e che derivasse dalla vendita di due automobili di lusso. Con questa affermazione, il ricorrente ha, di fatto, ammesso di non essere il titolare del denaro. Di conseguenza, secondo la costante giurisprudenza, chi non è proprietario di un bene non ha l’interesse giuridico necessario per contestarne la confisca. L’eventuale annullamento della misura, infatti, non andrebbe a beneficio del ricorrente, ma di un terzo soggetto (la convivente), che non era parte del giudizio di cassazione.

Le Conclusioni: L’Importanza della Titolarità del Bene

La sentenza ribadisce con forza che le impugnazioni non sono uno strumento astratto di controllo della legalità, ma servono a tutelare un interesse concreto e personale. Per poter contestare la confisca denaro o di qualsiasi altro bene, è un prerequisito essenziale dimostrare di essere il legittimo proprietario o titolare di un diritto reale su di esso. Dichiarare che il bene appartiene ad altri, anche come strategia difensiva, si rivela un’arma a doppio taglio che può precludere la possibilità di far valere le proprie ragioni in sede di impugnazione.

È possibile impugnare una parte della sentenza di patteggiamento non concordata tra le parti?
Sì, la Corte ha affermato che i limiti alla ricorribilità della sentenza di patteggiamento non si applicano alle statuizioni che non erano parte dell’accordo tra accusa e difesa, come nel caso della confisca del denaro in questa vicenda.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile nonostante un potenziale errore di diritto sulla confisca?
Perché la Corte ha ritenuto prevalente e assorbente una questione preliminare: la mancanza di ‘interesse ad agire’. Il ricorrente, avendo dichiarato che il denaro apparteneva alla sua convivente, ha implicitamente ammesso di non essere il titolare del bene e, quindi, di non avere un interesse concreto e personale a contestarne la confisca.

Chi può contestare la confisca di un bene?
Secondo quanto stabilito dalla sentenza, solo chi può vantare la titolarità del bene confiscato ha l’interesse giuridico necessario per impugnare il provvedimento. Non si può agire in giudizio per tutelare il diritto di un’altra persona che non è parte del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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