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Confisca denaro: quando la motivazione è obbligatoria

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza limitatamente alla confisca denaro disposta nell’ambito di un patteggiamento per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La Corte ha stabilito che la motivazione del giudice di primo grado era insufficiente, in quanto non dimostrava il nesso causale tra il denaro sequestrato e il reato, soprattutto in assenza della contestazione dell’aggravante della finalità di profitto. È stato ribadito che ogni provvedimento di confisca deve essere supportato da una motivazione concreta e non basato su mere presunzioni.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca denaro: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di Motivazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel diritto penale: la confisca denaro, anche nell’ambito di un patteggiamento, non può essere automatica o basata su semplici supposizioni. Il giudice ha il dovere di spiegare con precisione perché ritiene che una somma di denaro sia il frutto di un’attività illecita. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Il Patteggiamento e la Confisca Contestata

Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale di Udine. Un uomo era stato condannato a una pena di un anno e dieci mesi di reclusione e 10.000 euro di multa per aver favorito l’immigrazione clandestina, trasportando un cittadino straniero privo di documenti.

Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, il GIP aveva disposto la confisca di quasi seimila euro trovati in possesso dell’imputato, ritenendo che quella somma fosse il profitto del reato, ovvero il compenso ricevuto per il trasporto.

Il Ricorso in Cassazione: Perché la Confisca Denaro Era Illegittima?

La difesa ha impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione, contestando unicamente la legittimità della misura di sicurezza patrimoniale. L’argomento centrale era semplice ma potente: il provvedimento di confisca mancava di una solida base giuridica e fattuale.

In particolare, la difesa ha evidenziato che all’imputato non era mai stata contestata l’aggravante specifica della finalità di profitto (prevista dall’art. 12, comma 3-ter, lett. b) del D.Lgs. 286/1998). Senza questa contestazione, il semplice trasporto di una persona irregolare non è, di per sé, una condotta che genera un profitto economico. Di conseguenza, mancava il cosiddetto nesso eziologico tra il reato commesso e il denaro sequestrato.

Le Motivazioni della Cassazione: L’Obbligo di Motivare la Confisca

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza limitatamente alla confisca e rinviando il caso a un nuovo giudice. Le motivazioni della decisione sono di grande interesse e chiariscono due aspetti cruciali.

In primo luogo, la Corte ha specificato che quando una misura di sicurezza come la confisca non è oggetto dell’accordo di patteggiamento tra le parti, essa può essere impugnata per vizi di motivazione, secondo le regole generali.

In secondo luogo, e questo è il cuore della sentenza, i giudici hanno censurato la motivazione del GIP, definendola una mera petizione di principio e un’affermazione apodittica. Il giudice di merito si era limitato a concludere che il denaro fosse il corrispettivo del trasporto basandosi sulla dichiarazione del passeggero, senza però indicare alcun elemento concreto che supportasse tale conclusione. Questo tipo di ragionamento presuntivo non è sufficiente a giustificare un provvedimento così incisivo come la confisca.

La Cassazione ha richiamato il proprio orientamento consolidato, secondo cui il giudice che dispone la confisca (specialmente quella facoltativa) ha l’obbligo di motivare in modo approfondito le ragioni della sua decisione, spiegando da quali elementi specifici ha desunto il collegamento tra i beni e il reato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza le garanzie individuali contro provvedimenti ablatori non adeguatamente fondati. Stabilisce chiaramente che non si può presumere la provenienza illecita di una somma di denaro solo perché una persona è stata condannata per un reato. La confisca denaro richiede una prova, o quantomeno un apparato logico-argomentativo robusto, che dimostri il legame diretto con l’attività criminale contestata. In assenza di una contestazione formale della finalità di profitto, questo onere motivazionale diventa ancora più stringente. La decisione serve da monito per i giudici di merito: la confisca non è un accessorio automatico della condanna, ma una misura che deve essere sempre giustificata con rigore e trasparenza.

È sempre possibile confiscare il denaro trovato in possesso di una persona condannata per un reato?
No. La confisca del denaro è possibile solo se viene dimostrato un nesso eziologico, cioè un legame di causa-effetto, tra la somma di denaro e il reato commesso. Il giudice deve fornire una motivazione specifica e basata su elementi concreti, non su mere presunzioni.

In un patteggiamento, se la confisca non è parte dell’accordo, può essere contestata?
Sì. La sentenza stabilisce che se la misura di sicurezza (come la confisca) non è stata oggetto dell’accordo tra le parti, può essere impugnata in Cassazione per vizio di motivazione, secondo le regole generali previste dall’art. 606 del codice di procedura penale.

Cosa significa che la motivazione di un provvedimento è “apodittica” o una “petizione di principio”?
Significa che il giudice ha affermato una conclusione (in questo caso, che il denaro era il profitto del reato) senza fornire alcuna prova o un ragionamento logico a supporto, dandola per scontata. Questo costituisce un difetto di motivazione che rende illegittimo il provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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