Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12227 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12227 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 17/10/2023 del Tribunale di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME, che ha concluso insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 17 ottobre 2023, il Tribunale di Milano ha applicato, a norma dell’art. 444 e ss. cod. proc. pen., a NOME COGNOME, la pena di due anni di reclusione e di 8.000 euro di multa, per il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/90, previa concessione delle attenuanti generiche, ritenute equivalenti alla contestata recidiva, e della diminuente per il
rito. Ha inoltre ordinato, ai sensi degli art. 240 e 240-bis cod. pen., per quanto di specifico interesse in questa sede, la confisca del denaro sequestrato all’imputato, precisando che le somme costituiscono provento del reato o comunque sono di importo incompatibile con le condizioni economiche del medesimo.
Il reato oggetto della sentenza impugnata si riferisce alla illecita detenzione, all’interno della propria abitazione, di 1.148 grammi di hashish e di 571 grammi di marijuana, ed è stato accertato il 28 agosto 2023.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 240 e 240-bis cod. pen, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata sussistenza dei presupposti per l’applicazione della confisca del denaro ai sensi degli art. 240 e 240-bis cod. pen.
Si deduce che il Tribunale ha omesso di indicare in sentenza l’importo della somma di denaro da sottoporre a confisca e di motivare in ordine alle ragioni poste a fondamento di tale misura, nonostante le puntuali giustificazioni fornite dall’imputato in sede di convalida d’arresto.
Si premette che l’applicazione della confisca non era oggetto dell’accordo tra imputato e pubblico ministero. Si evidenzia, poi, che l’imputato aveva spiegato, già nell’interrogatorio di convalida, che la somma di 6.400,00 euro in contanti rinvenuta in una busta da lettera nella sua abitazione faceva parte di un prestito ricevuto dalla madre al fine di acquistare una casa, e che, a riprova della veridicità di queste affermazioni, è stata fornita, sempre in quella sede, prova documentale della fissazione di un appuntamento col AVV_NOTAIO per stipulare il rogito di lì a pochi giorni. Si conclude che, sulla base di questi elementi, non può ritenersi raggiunta la prova della correlazione tra la somma indicata e il reato commesso, né può ritenersi accertata l’incompatibilità della disponibilità di detto importo con le condizioni economiche dell’imputato, in considerazione dell’ammontare del denaro, dell’attività lavorativa svolta dal medesimo e dell’aiuto economico ricevuto dalla madre.
Si allegano al ricorso, a sostegno delle censure, in particolare: a) l’annotazione di servizio della polizia giudiziaria relativa alle operazioni di perquisizione e sequestro; b) il verbale dell’udienza di convalida; c) documentazione concernente l’appuntamento presso il AVV_NOTAIO per l’acquisto di una casa e relativa nota spese; d) la busta paga.
Il difensore del ricorrente ha presentato memoria nella quale ripropone gli argomenti esposti nel ricorso.
In particolare, sottolinea che il denaro non può ritenersi provento del reato, perché nella specie è contestata una condotta di detenzione illecita e non una condotta di spaccio, e che il reddito mensile percepito di 1.800,00 euro, nonché l’aiuto economico ricevuto dalla madre escludono l’incompatibilità del denaro rinvenuto con le condizioni economiche del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito precisate.
In termini generali, occorre innanzitutto precisare quale è l’ambito delle censure ammissibili in questa sede.
Secondo un principio enunciato dalle Sezioni Unite, la sentenza di patteggiamento che abbia applicato una misura di sicurezza è ricorribile per cassazione nei soli limiti di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., ove la misura sia stata oggetto dell’accordo tra le parti, diversamente essendo ricorribile per vizio di motivazione ai sensi della disciplina generale prevista dall’art. 606 cod. proc. (così Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin, Rv. 279348-01).
Nella specie, la confisca non ha costituito oggetto dell’accordo delle parti, e, quindi, in relazione ad essa, in applicazione del principio appena riportato, sono proponibili tutte le doglianze incluse nel catalogo di cui all’art. 606 cod. proc. pen., e, quindi, anche quelle relative al vizio di motivazione.
Ciò posto, deve innanzitutto escludersi che la somma indicata nel ricorso come illegittimamente confiscata possa essere ritenuta provento del reato, a norma dell’art. 240 cod. pen., perché il fatto delittuoso contestato, e posto a base della sentenza di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., è integrato da una condotta di illecita detenzione di sostanza stupefacente, di per sé non immediatamente produttiva di profitti o, comunque, di ricavi.
E in questo senso risulta costantemente orientata la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, il denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato può essere sottoposto a confisca solo nel caso in cui ricorrano le condizioni previste all’art. 240-bis cod. pen., applicabile in ragione del rinvio operato dall’art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ma non anche a norma dell’art. 240 cod. pen., non sussistendo il necessario nesso tra il denaro oggetto di ablazione e il reato di mera detenzione per cui è affermata la responsabilità (cfr., tra le tante, Sez. 4, n. 20130 del 19/04/2022, COGNOME, Rv. 283248-01, e Sez. 3, n. 7074 del 23/01/2013, COGNOME, Rv. 253768-01).
Addirittura, secondo una recentissima decisione, sarebbe ammissibile il ricorso per cassazione anche avverso la sentenza di patteggiamento che, sull’accordo delle parti, abbia disposto, ai sensi dell’art. 240 cod. pen., la confisca del denaro quale profitto del reato con riguardo al delitto di illecita detenzione, e non di cessione, di sostanza stupefacente, trattandosi di misura di sicurezza illegale ex art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. in quanto disposta in violazione dei presupposti e dei limiti stabiliti dalla legge per la sua applicazione (così Sez. 6, n. 2762 del 19/12/2023, dep. 2024, COGNOME, in corso di massimazione).
La somma indicata nel ricorso come illegittimamente confiscata potrebbe invece essere ritenuta, in linea di principio, confiscabile per sproporzione, a norma dell’art. 240-bis cod. pen., richiamato, in materia di disciplina concernente gli stupefacenti, dall’art. 85-bis d.P.R. n. 309 del 1990, siccome il fatto delittuoso contestato, e posto a base della sentenza di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., è stato qualificato a norma dell’art. 73, comma 4, d.P.R. cit.
Tuttavia, come già efficacemente precisato in giurisprudenza, in tema di patteggiamento, la sinteticità della motivazione tipica del rito non può estendersi all’applicazione della misura di sicurezza della confisca, sicché il giudice che dispone l’ablazione obbligatoria di denaro o di beni ai sensi dell’art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356 (oggi art. 240-bis cod. pen.), ha l’obbligo di motivare sia sulle ragioni per cui non ritiene attendibili giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o dei beni confiscati, sia sull’esistenza di una sproporzione tra i valori patrimoniali accertati ed il reddito dell’imputato o la sua effettiva attivi economica (così, per tutte, Sez. 1, n. 17092 del 02/03/2021, COGNOME Daniel, Rv. 281358-01).
Nella specie, la sentenza impugnata si è limitata ad affermare che il denaro deve essere confiscato in quanto si tratta «di provento di reato o comunque di importi incompatibili con le condizione economiche del prevenuto, come dallo stesso illustrate in sede di convalida dell’arresto».
L’imputato, però, nell’interrogatorio in sede di convalida, aveva fornito puntuali e documentate allegazioni in ordine alla legittima provenienza del denaro sottoposto a confisca. Precisamente, l’attuale ricorrente, mentre ha ammesso che la somma di 1.600,00 euro rinvenuta in un barattolo era provento di precedente attività di spaccio, ha dichiarato che la somma di 6.400,00 euro custodita in una busta gli era stata consegnata dalla madre per l’acquisto di un appartamento, ed ha prodotto documenti attestanti l’appuntamento per la stipula del rogito dal AVV_NOTAIO, nonché la relativa nota spese. Ha inoltre aggiunto di lavorare e di / 1
guadagnare uno stipendio di 1.800,00 euro mensile, come da busta paga prodotta anch’essa in sede di interrogatorio.
A fronte di queste circostanziate e documentate dichiarazioni, evidenzianti l’origine lecita della somma di 6.400,00 euro, il Tribunale, per disporre la confisca di tale numerano, avrebbe dovuto spiegare in modo puntuale perché le allegazioni difensive sono da ritenere inattendibili o comunque inidonee ad impedire l’ablazione. Argomentando invece in termini generali, e non confrontandosi con le puntuali e documentate allegazioni dell’attuale ricorrente in ordine alla legittima provenienza del denaro di cui era richiesta la restituzione, il medesimo Tribunale è incorso in una rilevante lacuna motivazionale.
Alla fondatezza delle censure, per le ragioni precedentemente indicate, segue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla confisca della somma di 6.400,00 euro.
Ferma restando l’inammissibilità di una qualificazione della somma appena indicata come provento del reato, il Giudice di rinvio valuterà se la medesima liquidità possa ritenersi di provenienza non giustificata e sproporzionata al reddito dell’imputato, procedendo ad una puntuale disamina delle allegazioni della difesa.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca della somma di euro 6.400,00 e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Milano in diversa composizione personale.
Così deciso in data 26/01/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente