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Confisca denaro: quando è legittima e come provarla

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per detenzione di stupefacenti, confermando la confisca denaro trovato in suo possesso. La Corte ha stabilito che, in assenza di una giustificazione plausibile sulla provenienza lecita della somma, la confisca è legittima, specialmente se le condizioni economiche dell’imputato (nullatenente e disoccupato) sono incompatibili con tale possesso. Il ricorso è stato respinto perché le contestazioni erano di merito e non di legittimità, e la documentazione a sostegno non era stata correttamente prodotta in giudizio.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro: L’Onere della Prova Ricade sull’Imputato

La confisca denaro è una misura ablativa di grande impatto, spesso applicata in contesti di reati legati agli stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri di legittimità di tale provvedimento e sui limiti del ricorso in sede di legittimità. Il caso analizzato riguarda un soggetto che, condannato per detenzione di sostanze stupefacenti, si è visto confiscare non solo la droga ma anche una somma di denaro, ritenuta profitto di attività illecite.

I Fatti del Caso

Un individuo ricorreva per cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di patteggiamento per il reato di detenzione di stupefacenti. L’oggetto principale della contestazione non era la condanna in sé, ma la misura accessoria della confisca di una somma di denaro rinvenuta in suo possesso. Il giudice di primo grado aveva disposto la confisca sulla base degli articoli 240 e 240 bis del codice penale, oltre che dell’articolo 85 bis del Testo Unico Stupefacenti (D.P.R. 309/1990). La motivazione risiedeva nel fatto che l’imputato, risultando nullatenente e disoccupato, non aveva fornito alcuna giustificazione plausibile sulla provenienza lecita del denaro, rendendolo verosimilmente il profitto di precedenti attività di spaccio.

I Motivi del Ricorso e la questione della Confisca Denaro

L’imputato ha basato il suo ricorso su due motivi principali:
1. Violazione dell’art. 240 c.p.: Sosteneva che la confisca fosse illegittima poiché gli era stata contestata la mera detenzione di stupefacenti e non un’attività di spaccio.
2. Vizio di motivazione: Affermava di aver fornito la prova della provenienza lecita della somma, rendendo la motivazione del giudice carente e illogica.

Il ricorrente, in sostanza, cercava di dimostrare che il denaro non era collegato ad attività illecite e che il giudice di merito aveva errato nel non considerare le prove da lui fornite.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali sulla confisca denaro e sui limiti del giudizio di legittimità. I giudici hanno innanzitutto sottolineato che le doglianze formulate dal ricorrente si collocavano sul piano del merito, ovvero miravano a una rivalutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione. Il compito della Corte è infatti quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non di riesaminare le prove.

Nel caso specifico, la motivazione del giudice di primo grado è stata ritenuta congrua e priva di vizi. Il giudice aveva correttamente evidenziato l’incompatibilità tra il possesso di una somma di denaro e la condizione economica dell’imputato (nullatenente e disoccupato), deducendone logicamente la provenienza illecita.

Un punto decisivo è stata la questione della prova. Il ricorrente sosteneva di aver prodotto documentazione attestante l’origine lecita del denaro. Tuttavia, la Corte ha osservato che di tale documentazione non vi era traccia nella sentenza impugnata, né era stata allegata al ricorso. La Cassazione non può consultare gli atti del fascicolo processuale per verificare l’effettiva presentazione di prove, soprattutto quando il ricorso, come in questo caso, è basato su un presunto vizio di motivazione (art. 606, lett. e, c.p.p.) e non su un errore di diritto.

Le Conclusioni

La decisione riafferma un principio fondamentale: in materia di confisca denaro legato a reati di stupefacenti, l’onere di dimostrare la provenienza lecita della somma grava sull’imputato. Se quest’ultimo non fornisce una giustificazione convincente e supportata da prove, e le sue condizioni economiche sono incompatibili con il possesso di tale denaro, la confisca è legittima. Inoltre, l’ordinanza ribadisce che il ricorso per cassazione non è la sede per introdurre nuove valutazioni di fatto o per lamentare la mancata considerazione di prove non correttamente prodotte e documentate nei gradi di merito. La mancata allegazione delle prove al ricorso stesso impedisce alla Suprema Corte qualsiasi verifica, portando all’inammissibilità dell’impugnazione e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando può essere disposta la confisca del denaro trovato in possesso di una persona accusata di spaccio?
La confisca del denaro è legittima quando l’imputato non fornisce una giustificazione plausibile sulla sua provenienza e le sue condizioni economiche (es. essere nullatenente e disoccupato) risultano incompatibili con il possesso di tale somma, facendola ritenere verosimilmente profitto di attività illecite.

Cosa deve fare l’imputato per evitare la confisca del denaro?
L’imputato deve fornire prove concrete e documentate che attestino la provenienza lecita della somma di denaro. Tale prova deve essere presentata nel corso del giudizio di merito, poiché non è possibile introdurla per la prima volta in Cassazione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le contestazioni sollevate non riguardavano violazioni di legge, ma tentavano di ottenere un riesame dei fatti, attività preclusa alla Corte. Inoltre, il ricorrente non ha allegato al ricorso la documentazione che, a suo dire, provava la provenienza lecita del denaro, impedendo alla Corte qualsiasi verifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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