Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20952 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20952 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
• sul ricorso ptòposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il 04/10/1983
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO DI BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio limitatamente alla confisca della somma di euro 830, con i provvedimenti conseguenziali
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Bari, in data 1 dicembre 2020, all’esito di rito abbreviato, aveva dichiarato COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 per illecita detenzione di n.6 bustine di cellophane contenenti marijuana del peso complessivo lordo di gr. 6,69. Con recidiva reiterata. In Bari il 17 aprile 2019.
NOME COGNOME propone ricorso censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione dell’art. 99 cod. pen. e correlativo vizio di motivazione per illogicità mancanza della stessa in merito al riconoscimento della recidiva reiterata.
Secondo la difesa, la sentenza difetta dell’analisi dei fatti oggetto dei procedimenti per cui il COGNOME ha riportato condanna, segnatamente di un’analisi inerente alla devianza di cui i reati commessi sono il segno, alla qualità dei comportamenti, al margine di offensività delle plurime condotte, che vada al di là del mero riscontro formale dell’esistenza di precedenti.
Inoltre, considerato che il reato oggetto del presente procedimento è connotato da un disvalore sociale e da una portata lesiva concreta minore rispetto a quelli che sono annoverati nel certificato penale, in base ai parametri stabiliti dall’art. 99 cod. pen., trattandosi di delitto meno grave dei precedenti, non può essere qualificato e connotato come fatto di maggior riprovevolezza e pericolosità, ragion per cui la recidiva reiterata si sarebbe dovuta escludere.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 240 cod. pen. in ordine alla conferma dell’avvenuta confisca della somma di danaro rinvenuta in possesso dell’imputato.
La Corte territoriale, secondo la difesa, ha affermato che «la mazzetta di denaro in parola venne rinvenuta all’interno dei pantaloni calzati dall’imputato in particolare assieme alla sostanza illecita de qua e al foglietto riportante contabilità», in contrasto con le risultanze processuali, giacché della complessiva somma di C 960,00 confiscata all’imputato, solo C 130,00 erano stati rinvenuti nella tasca dei suoi pantaloni, nel mentre ulteriori C 830,00 erano rinvenuti nel corso di una successiva perquisizione effettuata presso la sua abitazione, dunque non potevano essere direttamente collegati allo stupefacente illecitamente detenuto dal COGNOME.
Alla luce della qualificazione della condotta come detenzione a fini di spaccio e non già come cessione, si invoca il principio secondo il quale «In relazione al reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, può procedersi alla confisca del danaro, trovato in possesso dell’imputato, solo quando ricorrano le condizioni generali previste dall’art. 240 cod. pen., ossia allorquando il denaro possa essere considerato profitto o prezzo del reato. Ne discende che, perché possa disporsi la confisca, è necessario che sussista un collegamento éziologico tra il denaro e il reato, nesso non ravvisabile con riguardo al delitto di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, non potendo il denaro in detto caso ritenersi, di per sé, profitto dell’attività illecita posta in essere» (Sez. 6, n. 45525 del 26/10/2022; Sez. 6, n.18344 del 12/04/2022).
La riqualificazione della condotta ai sensi del comma 5 pregiudica comunque tale tipologia di misura ablativa.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla confisca della somma di euro 830, con i provvedimenti conseguenziali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte ha condiviso il giudizio del Tribunale di riconoscere tale circostanza aggravante in ragione dei numerosi e gravi precedenti da cui il COGNOME risultava gravato all’epoca dei fatti, tali da far ritenere il nuovo reato espressione di progressione criminosa e di un’accentuata pericolosità sociale.
Le doglianze difensive si fondano su due assunti, ossia l’obbligo di motivazione sulla natura dei precedenti penali e la necessità che il nuovo reato non sia espressivo di minor disvalore rispetto ai precedenti, che non trovano conforto nel testo normativo, né nella giurisprudenza di legittimità.
Il secondo motivo di ricorso è fondato, con la precisazione che segue.
Nelle sentenze di merito si fa esclusivo riferimento al sequestro della somma di .euro 130 rinvenuta, all’esito di perquisizione personale, nelle ta sche dei pantaloni ‘del COGNOME, ma nel verbale del 17 aprile 2019 risulta sottoposta a sequestro la complessiva somma di euro 960,00.
Il provvedimento impugnato fa riferimento alla confisca del denaro in sequestro, in quanto ‘provento dell’attività illecita’.
Avendo la Corte territoriale confermato la confisca del denaro in sequestro «trattandosi di somme evidentemente riconducibili allo spaccio», la censura è fondata in quanto, trattandosi di condanna per detenzione illecita di stupefacente, è applicabile solo l’ipotesi particolare di confisca di cui all’art. 240 bis cod pen., in forza del rinvio a esso operato dall’art. 85 bis d.P.R. n.309/1990, inserito dall’art. 6, comma 5, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 (decreto che ha abrogato la disposizione in materia di ipotesi particolari di confisca di cui all’art. 12 sexies d.l. n.306/1992, conv. con modif. dalla legge 7 agosto 1992, n. 356) (Sez.6, n.47677 del 24/10/2023, Cheick, n.m.; Sez. 4, n. 20130 del 19/04/2022, COGNOME, Rv. 283248 – 01).
Giova, in ogni caso, sottolineare che nel caso di specie il reato di detenzione di stupefacenti è stato qualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, T.U. Stup. e che la modifica introdotta all’art. 85 bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 dall’art. 4, comma 3-bis dl. 15 settembre 2023, n. 123 (introdotto dalla legge di conversione 13 novembre 2023, n. 159), che ha incluso anche la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, T.U. Stup. fra i delitti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240 bis cod. pen., si
applica retroattivamente entro i limiti dettati dall’art. 200, comma 1, cod. pen., sicché, ai fini della individuazione del regime applicabile, deve aversi riguardo alla legge in
vigore al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado. Nel caso concreto, trattandosi di sentenza di primo grado pronunciata il 1 dicembre 2020, neppure tale
ipotesi di confisca sarebbe stata applicabile nel caso in esame.
3. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla confisca della somma di denaro in sequestro, con restituzione
all’avente diritto.
P. Q. M .
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca della somma di euro novecentosessanta, disponendone la restituzione all’avente diritto.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così è deciso, 13/05/2025
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