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Confisca denaro per droga: il nesso va provato

La Corte di Cassazione ha analizzato un caso di detenzione di stupefacenti, confermando la condanna ma annullando parzialmente la confisca denaro. Una somma trovata nell’abitazione dell’imputato è stata restituita perché non è stato provato un nesso diretto con l’attività di spaccio. La sentenza sottolinea che, per il reato di detenzione, il denaro può essere confiscato come profitto solo se vi è un collegamento causale certo e non presunto con l’illecito.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro e Detenzione di Droga: Quando è Legittima?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20952/2025, affronta un tema cruciale in materia di reati legati agli stupefacenti: i limiti e le condizioni per la confisca denaro trovato in possesso di un soggetto accusato di detenzione a fini di spaccio. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale: per sequestrare somme di denaro come profitto del reato, è indispensabile dimostrare un collegamento diretto e causale con l’attività illecita, non essendo sufficiente una mera presunzione.

I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e Sequestro di Denaro

Il caso ha origine dalla condanna di un uomo per detenzione a fini di spaccio di circa 6,69 grammi di marijuana, suddivisa in sei bustine. La condanna, emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, includeva l’aggravante della recidiva reiterata. Durante le operazioni, venivano sequestrate due somme di denaro: 130 euro trovati nelle tasche dei pantaloni dell’imputato insieme alla sostanza e ulteriori 830 euro rinvenuti nel corso di una successiva perquisizione presso la sua abitazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Errata applicazione della recidiva: La difesa sosteneva che i giudici non avessero motivato adeguatamente perché il nuovo reato, di per sé meno grave dei precedenti, dovesse essere considerato un’espressione di maggiore pericolosità sociale.
2. Illegittimità della confisca denaro: Il punto centrale del ricorso riguardava la confisca dell’intera somma di 960 euro. La difesa ha argomentato che, mentre i 130 euro trovati addosso all’imputato potevano avere un legame con la droga, gli 830 euro scoperti in casa non potevano essere automaticamente considerati provento di spaccio, mancando un nesso eziologico diretto con il reato di detenzione.

La Decisione della Corte sulla Confisca Denaro

La Suprema Corte ha rigettato il primo motivo, ritenendo corretta la valutazione dei giudici di merito sulla pericolosità sociale dell’imputato e sulla sua progressione criminale.

Tuttavia, ha accolto il secondo motivo, annullando la sentenza limitatamente alla confisca della somma di 830 euro. La Corte ha chiarito che, nel caso di detenzione a fini di spaccio, il denaro rinvenuto non può essere considerato ipso facto profitto del reato. A differenza della cessione, dove il denaro è il corrispettivo della vendita, nella detenzione questo legame non è automatico.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha fondato la sua decisione su un’attenta analisi dell’articolo 240 del codice penale. Per poter procedere alla confisca del denaro come profitto del reato, è necessario che sussista un collegamento causale (o nesso eziologico) tra il denaro e l’attività illecita. Nel caso di specie, questo nesso poteva essere presunto per i 130 euro trovati insieme alla droga, ma non per gli 830 euro rinvenuti in un luogo diverso, l’abitazione, e in un momento successivo.

I giudici hanno specificato che la qualificazione giuridica del fatto come detenzione (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990) è determinante. Trattandosi di un reato di pericolo, che punisce la potenzialità della condotta, la confisca del denaro è possibile solo se si dimostra che quelle somme sono il risultato di precedenti e specifiche attività di spaccio. In assenza di tale prova, il denaro non può essere confiscato come profitto del reato contestato. La Corte sottolinea la differenza con l’ipotesi della confisca per sproporzione (art. 240-bis c.p.), che opera su presupposti diversi e non è stata applicata nel caso di specie come confisca diretta del profitto.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: non sono ammesse confische basate su mere congetture. Per la confisca denaro in contesti di detenzione di stupefacenti, l’accusa ha l’onere di provare che le somme sequestrate sono direttamente riconducibili all’attività di spaccio. Il semplice ritrovamento di denaro, anche se ingente, presso l’abitazione di un soggetto indagato non è sufficiente a dimostrarne la provenienza illecita e a giustificarne l’acquisizione da parte dello Stato come profitto del reato.

È sempre possibile confiscare il denaro trovato in casa di una persona arrestata per detenzione di stupefacenti?
No. La sentenza chiarisce che il denaro trovato in un luogo diverso da quello del fermo (es. l’abitazione) può essere confiscato come profitto del reato solo se viene fornita la prova di un collegamento diretto e specifico con l’attività di spaccio. La sola detenzione di droga non è sufficiente a creare questa connessione.

Quale prova è necessaria per giustificare la confisca denaro nel reato di detenzione di droga?
È necessario dimostrare un ‘nesso eziologico’ tra il denaro e il reato. Questo significa che l’accusa deve provare che quelle somme specifiche sono il ricavato di precedenti episodi di spaccio, non potendo essere considerate automaticamente il profitto della mera detenzione contestata.

Perché la Corte ha confermato l’aggravante della recidiva pur annullando parte della confisca?
La valutazione sulla recidiva e quella sulla confisca si basano su presupposti diversi. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero motivato correttamente la pericolosità sociale dell’imputato basandosi sui suoi numerosi e gravi precedenti penali, giustificando così la recidiva, a prescindere dalla questione specifica sulla provenienza del denaro sequestrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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