LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca denaro: non automatica per detenzione droga

Un uomo è stato condannato per detenzione di cocaina, trovata in casa insieme a materiale per lo spaccio e oltre 86.000 euro. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di detenzione, ma ha annullato la confisca del denaro. La Corte ha chiarito che, in caso di condanna per mera detenzione e non per spaccio, il denaro non può essere considerato profitto diretto del reato e la sua confisca non è automatica, richiedendo una motivazione specifica su un nesso non dimostrato nel caso di specie.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca del denaro e detenzione di droga: il nesso va provato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di reati legati agli stupefacenti: la confisca del denaro rinvenuto nell’abitazione di un soggetto condannato per detenzione di droga. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: se la condanna riguarda la mera detenzione e non un’attività di spaccio provata, la confisca della somma di denaro non è automatica e richiede una dimostrazione rigorosa del suo legame con l’attività illecita.

I fatti: droga, attrezzatura da spaccio e un’ingente somma di denaro

Il caso ha origine da una perquisizione effettuata presso l’abitazione in cui un uomo conviveva con la sua compagna. Durante l’operazione, le forze dell’ordine hanno rinvenuto non solo una modesta quantità di cocaina (circa 5 grammi), ma anche un quadro indiziario ben più ampio. Nell’appartamento sono stati trovati:

* Una somma in contanti di quasi 87.000 euro.
* Tre bilancini di precisione e due macchinari per il sottovuoto.
* Due macchine conta-banconote.
* Circa 200 grammi di lidocaina, una sostanza comunemente usata per ‘tagliare’ la droga.
* Un’agenda con nomi, cifre e tipologie di sostanze, riconducibile a una contabilità dello spaccio.

Sulla base di questi elementi, l’uomo è stato condannato in primo grado e in appello per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73 del d.P.R. 309/90.

La condanna e il ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando diversi aspetti della sentenza d’appello. In sintesi, la difesa sosteneva che:

1. Non era stata provata la finalità di spaccio, dato che l’imputato era un consumatore abituale.
2. Il reato avrebbe dovuto essere riqualificato come fatto di lieve entità (comma 5 dell’art. 73), considerata la piccola quantità di droga trovata.
3. Era stata negata ingiustamente la concessione delle attenuanti generiche.
4. La confisca della somma di denaro era illegittima, poiché la Corte non aveva motivato il nesso tra il denaro e il reato di detenzione contestato.

La Cassazione ha dichiarato inammissibili i primi tre motivi, confermando la responsabilità penale dell’imputato. I giudici hanno ritenuto che gli elementi raccolti (attrezzatura, sostanza da taglio, agenda) fossero sufficienti a delineare un’attività di spaccio organizzata e continuativa, escludendo sia l’ipotesi del solo uso personale sia la lieve entità del fatto.

Le motivazioni della Corte sulla confisca del denaro

Il punto centrale e innovativo della sentenza riguarda il quarto motivo di ricorso, che è stato accolto. La Corte ha annullato la sentenza limitatamente alla statuizione sulla confisca del denaro, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

La motivazione della Cassazione si basa su una distinzione giuridica netta. L’art. 240 del codice penale permette la confisca del “profitto” del reato. Nel caso della vendita di stupefacenti, il denaro incassato è chiaramente il profitto e quindi può essere confiscato. Tuttavia, nel caso in esame, la condanna era per la mera detenzione di sostanza stupefacente, non per la vendita.

Il reato di detenzione, di per sé, non genera un profitto economico. Pertanto, il denaro trovato insieme alla droga non può essere automaticamente considerato profitto di quel reato specifico. Per poter procedere alla confisca, è necessario che il giudice dimostri un nesso di derivazione diretta tra il denaro e pregresse e provate attività di spaccio, oppure che ricorrano i presupposti di altre forme di confisca, come quella per sproporzione (art. 240-bis c.p.), che richiede di dimostrare che il condannato non può giustificare la provenienza del denaro rispetto al proprio reddito.

Conclusioni: la distinzione tra detenzione e spaccio ai fini della confisca

Questa sentenza riafferma un principio di garanzia fondamentale: non può esserci confisca senza una prova rigorosa del legame tra il bene sequestrato e il reato per cui si è stati condannati. Il solo fatto di trovare una grossa somma di denaro insieme a una piccola quantità di droga non è sufficiente a giustificarne la confisca, se l’accusa formale e la condanna riguardano unicamente la detenzione. La Corte d’Appello dovrà ora riesaminare il caso, verificando se esistono i presupposti per confiscare quella somma sulla base di prove concrete di un’attività di vendita o di una sproporzione patrimoniale ingiustificata, oneri probatori che non erano stati assolti nella precedente decisione.

È sempre possibile confiscare il denaro trovato insieme alla droga?
No. Secondo la sentenza, se la condanna è solo per “mera detenzione” di stupefacenti, la confisca del denaro non è automatica. È necessario provare che quel denaro sia il profitto di una specifica e pregressa attività di vendita di droga, oppure che ricorrano altre condizioni di legge come la sproporzione tra il denaro e i redditi leciti della persona.

Perché la condanna per il reato di detenzione di droga è stata confermata?
La condanna è stata confermata perché, al di là della quantità di droga rinvenuta, i giudici hanno considerato l’intero contesto probatorio (bilancini, macchine per sottovuoto, sostanza da taglio, agenda con nomi e cifre) come un indicatore inequivocabile di un’attività di spaccio organizzata e non occasionale, ritenendo quindi infondate le tesi della difesa sull’uso personale o sulla lieve entità del fatto.

Cosa succede ora riguardo alla somma di denaro sequestrata?
La Corte di Cassazione ha annullato la parte della sentenza che ordinava la confisca e ha rinviato il caso a un’altra sezione della Corte di Appello. Quest’ultima dovrà effettuare un nuovo giudizio limitatamente a questo punto, verificando se, sulla base delle prove, sussistono i presupposti giuridici per disporre la confisca del denaro ai sensi dell’art. 240 bis del codice penale o di altre norme applicabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati