Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20945 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20945 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il 26/07/1990
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Catania, con sentenza del 21 novembre 2024, ha confermato la sentenza, ex art. 442 cod. proc. pen., del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania di condanna di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, commesso in Belpasso il 7 luglio 2019, alla pena ritenuta di giustizia con applicazione della confisca della somma di euro 86.980,00 rinvenuta nella disponibilità del COGNOME.
I fatti nelle conformi sentenze di merito sono stati descritti nel modo seguente. Nel corso di una perquisizione presso l’ appartamento sito in INDIRIZZO, ove COGNOME conviveva con la compagna NOME COGNOME, erano stati rinvenuti: due involucri di sostanza stupefacente del tipo cocaina per un peso lordo di circa 5 grammi; la somma di euro 86.980,00 suddivisa in plurime mazzette, occultate in parte in un sacchetto di carta riposto in una mensola e in parte nel cassettone dell’avvolgibile; tre bilancini di precisione intrisi di cocaina e due macchinari per il sottovuoto; due macchinari per il conteggio delle banconote; circa 200 grammi di sostanza da taglio del tipo lidocaina; n. 17 sacchetti strappati; un’agenda contenente indicazioni di cifre, tipologia di sostanza stupefacente e nominativi di acquirenti.
Avverso la sentenza ha COGNOME proposto ricorso, l’imputato a mezzo del difensore formulando quattro motivi.
2.1 GLYPH Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla affermazione della penale responsabilità. Secondo il difensore non sarebbe stata provata la finalità illecita della detenzione della droga, tenuto conto che COGNOME aveva riferito di essere abituale assuntore di cocaina e che il denaro rinvenuto non poteva essere considerato profitto del reato di detenzione di sostanze stupefacenti in contestazione. Prima ancora prosegue il difensore- non vi erano elementi per ritenere che la droga fosse riferibile a Longo, in quanto l’abitazione, ove era stata rinvenuta, era abitata anche dalla convivente.
2.2 GLYPH Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata derubricazione nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90. A tal proposito, il difensore osserva che il quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuto era del peso lordo di soli 5 grammi, che la droga era detenuta per uso personale e che le modalità dell’azione delittuosa deponevano per la sua occasionalità.
2.3 GLYPH Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio ed in particolare al rigetto delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena. Il difensore osserva che, qualora il fatto fosse stato riqualificato nella fattispecie di cu all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, la pena avrebbe potuto essere sospesa. L’incensuratezza, il comportamento processuale e la estraneità del ricorrente avrebbero dovuto indurre i giudici di merito a riconoscere le circostanze attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena.
2.4 GLYPH Con il quarto motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla statuizione della confisca della somma di denaro. La Corte non avrebbe motivato in ordine al nesso tra la somma di denaro rinvenuta e il reato contestato, consistente nella mera detenzione della droga.
3.11 Procuratore generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto con riferimento all’ultimo motivo relativo alla confisca del denaro in sequestro e deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
2.11 primo motivo, con cui si censura l’affermazione della responsabilità, è inammissibile e, comunque, manifestamente infondato.
Il ricorrente contesta la lettura del dato probatorio da parte della sentenza impugnata, non considerando che il sindacato demandato alla Corte di cassazione, per espressa volontà del legislatore, è circoscritto alla verifica dell’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944). Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l’apprezzamento e la
valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Nel caso di specie il percorso argomentativo delle conformi sentenze di merito appare esente da censure. La Corte di appello, in coerenza con il Tribunale, ha dato rilievo al rinvenimento nell’abitazione del ricorrente della sostanza stupefacente, di copioso materiale per il confezionamento di singole dosi (rappresentato da un rilevante quantitativo di sostanza da taglio e da macchine per la preparazione di involucri sottovuoto) e di appunti manoscritti riportanti indicazioni di nomi con a fianco cifre e numeri di dosi. Alla censura formulata con i motivi di appello per cui il ricorrente era andato ad abitare in quell’alloggio, ignorando che nello stesso fosse detenuta sostanza stupefacente, la Corte ha replicato che COGNOME, pur essendo formalmente residente a Palermo, era di fatto domiciliato nell’abitazione di INDIRIZZO ove viveva con COGNOME e che tutto il materiale rinvenuto era a lui riconducibile.
Il ricorrente, di contro, in maniera generica assume un consumo personale di droga, senza allegare elementi a conforto di tale tesi; omette di confrontarsi con il complesso delle risultanze su indicate, che in maniera non illogica, i giudici di merito hanno ritenuto indicative di una attività di spaccio posta in essere in maniera continuata e organizzata; afferma, in maniera apodittica e generica che la droga sarebbe riconducibile alla compagna, senza addurre, anche in questo caso, elementi tali da scardinare la lettura dei dati probatori offerta dalla Corte di Appello.
Il secondo motivo, con cui si contesta la mancata derubricazione nella fattispecie di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/90, è inammissibile o comunque manifestamente infondato.
In proposito occorre ricordare che, ai fini del riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, il giudice è tenuto a valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa) (Sez. 6 n. 29132 del 09/05/2017, COGNOME, Rv. 270562; Sez. 6 n. 38606 dell’08/02/2018, Sefar, Rv. 273823). L’orientamento è stato ribadito dalle
Sezioni Unite, secondo cui il giudice, nell’affermare o negare la tipicità del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, deve dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata a solo alcuni di essi. Con la conseguenza, precisata dal Supremo Collegio, che “il percorso giustificativo deve dar conto non solo dei motivi che logicamente impongono nel caso concreto di valutare un singolo dato ostativo al riconoscimento del più contenuto disvalore del fatto, ma, altresì, di quelli per cui la carica negativa non può ritenersi bilanciata da altri elementi eventualmente indicativi, se singolarmente considerati, della sua ridotta offensività” (Sez U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076-01).
La Corte, in proposito, come già rilevato supra, ha osservato che gli elementi di fatto deponevano per una prolungata e fiorente attività di traffico di sostanze stupefacenti posta in essere dal COGNOME all’interno dell’abitazione e per il suo inserimento in un contesto criminale “di proporzioni considerevoli”.
A fronte di tale motivazione, che, per quanto succinta, richiama le circostanze dell’azione e, in maniera non illogica, le valuta come indicative di un’attività di offensività non modesta, il ricorrente ha sottolineato il quantitativo non particolarmente significativo di sostanza stupefacente rinvenuta nell’occasione, senza considerare gli altri elementi, e ha affermato, in maniera apodittica e solo avversativa, che l’attività di spaccio era occasionale e che parte della sostanza era destinata al suo consumo personale.
3. Il terzo motivo, con cui si censura il trattamento sanzionatorio, è inammissibile.
La Corte ha congruamente motivato le ragioni del diniego delle circostanze ex art. 62 bis cod. pen. con il richiamo alla gravità del reato e al precedente specifico a carico del ricorrente, in conformità del pacifico orientamento per cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice sulla base anche di uno solo degli indicatori di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691) e anche solo sulla base dei precedenti penali (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01). Il mancato accoglimento del motivo inerente alla derubricazione del reato determina l’impossibilità di esaminare la doglianza relativa alla mancata concessione della sospensione condizionale, prospettata dallo stesso ricorrente come subordinata all’accoglimento di tale motivo.
4.11 quarto motivo, incentrato sulla confisca del denaro, è, come detto, fondato.
L’art. 240 cod. pen., per quanto rileva con riferimento al ricorso in esame, prevede la confisca delle cose che costituiscono il profitto del reato, ovvero il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto (ex plurimis: Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 26443601; Sez. 2, n. 53650 del 06/10/2016, COGNOME, Rv. 268854; Sez. 6, n. 33226 del 14/07/2015, RAGIONE_SOCIALE, Rv.264941-01).
In tema di reati inerenti gli stupefacenti tale previsione è ripresa dall’art. 73 comma 7 bis d.P.R. n. 309/90, a norma del quale, nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui all’art. 73 comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.
È pertanto certamente ammessa la confisca del danaro che costituisca provento (cioè profitto) del reato di vendita di sostanze stupefacenti, quando tale sia il reato per cui si procede. In ragione del principio per cui, ai fini dell confisca, è necessario sussista un nesso di diretta derivazione del profitto rispetto al reato oggetto del giudizio, la giurisprudenza di legittimità è concorde nell’escludere, invece la confiscabilità, ex art. 240 cod. pen. e 73 comma 7 bis dpr 309/1990, delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità dell’imputato nelle ipotesi in cui il reato per cui viene pronunciata condanna sia la mera detenzione di sostanze stupefacenti e non anche pregresse condotte di vendita a cui siano eventualmente ricollegabili dette somme (da ultimo Sez. 4, n. 20130 del 19/04/2022, COGNOME, Rv. 283248; Sez. 4, n. 40912 del 19/09/2016, Ka, Rv. 267900, in motivazione; Sez. 2, n. 41778 del 30/09/2015, COGNOME, Rv.265247, in motivazione).
In relazione al reato di (sola) detenzione di sostanza stupefacente, di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, può procedersi alla confisca del danaro, trovato in possesso dell’imputato e ricorrano le condizioni per la confisca in casi particolari, prevista dall’art. 240-bis cod. pen. (applicabile in forza del rinvio ad esso operato dall’art. 85-bis d.P.R. n. 309 del 1990), ovvero si tratti di denaro, beni o altra utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.
Venendo al caso oggetto del ricorso, si osserva che nel capo di imputazione
è contestata al ricorrente la mera detenzione di sostanza stupefacente rinvenuta nel corso della perquisizione domiciliare nell’alloggio da lui occupato.
Vero è che nella descrizione del fatto contestato nella imputazione vi è
anche un richiamo al rinvenimento, nel corso della perquisizione, di alcuni fogli di carta in cui era annotata una sorta di contabilità dello spaccio. Tuttavia tale
richiamo è operato, anche nella formulazione letterale, come indicazione di circostanza dell’azione rilevante al fine di documentare la illiceità della
detenzione e la destinazione alla vendita della sostanza rinvenuta. Si deve, pertanto, ritenere che la condanna sia stata pronunciata solo in relazione alla
detenzione della sostanza stupefacente e non anche in relazione a pregresse vendite che nel caso di specie non sono state contestate.
La Corte di appello ha motivato il mantenimento della statuizione relativa alla confisca rilevando che le circostanze deponevano per una fiorente attività
di spaccio, senza tenere conto che nel caso di specie era stata contestata solo la detenzione e non anche una pregressa attività di spaccio.
Conclusivamente la sentenza deve essere annullata limitatamente alla statuizione della confisca del danaro in sequestro, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania che nel nuovo giudizio dovrà verificare se sussistano i presupposti per la confisca della somma di denaro ai sensi dell’art. 240 bis cod. pen.
Ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen. deve essere dichiarata la irrevocabilità della sentenza in ordine alla affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione della confisca del danaro in sequestro e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di Appello di Catania. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine alla affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Così deciso in Roma il 30 aprile 2025
Il Consigliere stensore
GLYPH
Il Presid