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Confisca denaro: legittima senza prova del reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro la confisca di un’ingente somma di denaro. La decisione si fonda sulla manifesta infondatezza del ricorso e sulla mancata dimostrazione della provenienza lecita delle somme, in applicazione della normativa sulla confisca speciale in materia di stupefacenti (art. 85-bis d.P.R. 309/1990).

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro: la Cassazione Conferma la Linea Dura sull’Origine Illecita

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di misure patrimoniali: la confisca denaro è legittima quando l’imputato non riesce a fornire una giustificazione plausibile sulla sua provenienza lecita. Questo orientamento, consolidato dall’applicazione di norme specifiche come l’art. 85-bis del d.P.R. 309/1990, rende sempre più difficile per chi detiene ingenti somme di contante sfuggire alle maglie della giustizia, anche quando non vi è una prova diretta che quel denaro sia il profitto di un singolo reato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza del GIP del Tribunale di Torino, che aveva disposto la confisca di una notevole somma di denaro trovata nella sua disponibilità. L’imputato, condannato per reati legati agli stupefacenti, contestava la legittimità della misura ablatoria, sostenendo l’assenza di un nesso diretto tra il denaro e l’attività illecita.

La Decisione della Corte sulla Confisca del Denaro

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La motivazione di tale decisione è duplice: da un lato, il ricorso è stato giudicato “generico e manifestamente infondato”, poiché non contestava in modo specifico le argomentazioni della decisione impugnata. Dall’altro, la Corte ha confermato la piena legittimità della confisca applicata dal giudice di merito.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi delle norme che giustificano la confisca denaro in ipotesi particolari. La Corte ha evidenziato come la decisione del GIP fosse ben motivata, basandosi sull’assenza totale di redditi leciti da parte del ricorrente che potessero giustificare il possesso di una tale quantità di contante. Questo elemento, di per sé, rappresenta il presupposto per l’applicazione della cosiddetta “confisca allargata” o “per sproporzione”, prevista dall’art. 240-bis del codice penale e, per i reati di droga, dal più specifico art. 85-bis del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990).

La Corte ha precisato un punto cruciale: ai fini di questa particolare forma di confisca, è indifferente che la somma di denaro costituisca il prezzo, il provento o il profitto diretto del reato per cui si procede. Ciò che rileva è la sproporzione tra il bene posseduto e la capacità reddituale del soggetto, unita alla sua condanna per determinati tipi di reato. La norma, modificata di recente dal D.L. n. 123/2023, era già in vigore al momento della commissione del fatto (1 marzo 2024), rendendo l’argomentazione del ricorrente priva di fondamento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Dimostra che il possesso di ingenti somme di denaro, in assenza di una spiegazione credibile e documentata sulla loro origine lecita, costituisce un forte indizio di provenienza illecita, sufficiente a giustificarne la confisca in presenza di una condanna per reati gravi, come quelli legati al traffico di stupefacenti. Per i cittadini, il messaggio è chiaro: la trasparenza e la tracciabilità delle proprie finanze sono essenziali. Per gli operatori del diritto, la pronuncia conferma la potenza degli strumenti di aggressione ai patrimoni illeciti, che prescindono dalla necessità di provare il collegamento diretto tra il singolo bene e il singolo reato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto generico e manifestamente infondato, in quanto non contrastava in modo specifico le motivazioni della decisione impugnata, la quale aveva giustificato la confisca sulla base dell’assenza di redditi leciti del ricorrente.

Qual è il fondamento giuridico della confisca del denaro in questo caso?
La confisca si basa sull’art. 85-bis del d.P.R. n. 309 del 1990 (Testo Unico Stupefacenti) e sull’art. 240-bis del codice penale, che prevedono una forma di confisca speciale per beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza lecita.

È necessario dimostrare che il denaro confiscato sia il profitto diretto del reato contestato?
No, la Corte ha chiarito che, per la confisca in ipotesi particolari come questa, è irrilevante stabilire se la somma di denaro costituisca il prezzo, il provento o il profitto del reato. È sufficiente la mancata giustificazione della sua provenienza lecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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