Confisca denaro: la Cassazione conferma la legittimità anche con patteggiamento
La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, affronta un tema di grande rilevanza pratica: la legittimità della confisca denaro ritenuto sproporzionato rispetto ai redditi leciti, anche quando la condanna deriva da una sentenza di applicazione pena, meglio nota come patteggiamento. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale nella lotta all’accumulazione di ricchezza illecita, confermando che l’accordo sulla pena non costituisce uno scudo contro le misure patrimoniali ablative.
Il caso in esame: ricorso contro patteggiamento e confisca
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso una sentenza di applicazione pena emessa dal GIP del Tribunale. L’imputato contestava due aspetti principali del provvedimento: la qualificazione giuridica del reato e la misura della confisca disposta a suo carico. Oltre alla sostanza stupefacente, era stata infatti confiscata una somma di denaro, poiché ritenuta di provenienza ingiustificata.
Il ricorrente sosteneva, in sintesi, l’illegittimità di tale provvedimento, ma la Suprema Corte ha respinto le sue argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile e fornendo importanti chiarimenti sulla portata dell’istituto della confisca.
La decisione della Corte sulla confisca denaro
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato sotto ogni profilo. In primo luogo, ha precisato che in una sentenza di applicazione pena non sussistono i presupposti per contestare la qualificazione giuridica del reato, cristallizzata dall’accordo tra le parti. È, tuttavia, sulla questione della misura patrimoniale che la Corte si sofferma con maggiore attenzione.
La legittimità della confisca ex art. 240-bis c.p.
Il punto centrale della decisione riguarda la confisca della somma di denaro. I giudici di legittimità hanno stabilito che la motivazione della sentenza impugnata era immune da censure. La confisca non riguardava solo il profitto diretto del reato (la sostanza stupefacente), ma si estendeva a una somma di denaro considerata sproporzionata rispetto alle fonti lecite di guadagno del ricorrente.
Questa misura trova il suo fondamento normativo nell’articolo 240-bis del codice penale, noto come ‘confisca allargata’ o ‘per sproporzione’. Tale norma consente di aggredire i patrimoni di cui il condannato non è in grado di giustificare la legittima provenienza e che risultano di valore sproporzionato rispetto al suo reddito o alla sua attività economica.
Le motivazioni
La Corte ha spiegato che il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile perché le argomentazioni del ricorrente non erano valide. Per quanto riguarda la sentenza di patteggiamento, non è possibile contestare la qualificazione giuridica del reato in sede di Cassazione. Relativamente alla confisca, la motivazione del giudice di merito era solida e ben argomentata. La decisione di confiscare il denaro era giustificata dalla palese sproporzione tra la somma trovata in possesso dell’imputato e le sue fonti di reddito ufficiali e lecite. Pertanto, l’applicazione dell’articolo 240-bis del codice penale era pienamente corretta. L’accordo sulla pena non preclude l’applicazione di questa specifica misura patrimoniale, che ha una finalità preventiva e di contrasto all’arricchimento illecito.
Le conclusioni
In conclusione, l’ordinanza riafferma con forza un principio consolidato: la sentenza di patteggiamento, pur essendo il risultato di un accordo processuale, non impedisce l’applicazione della confisca per sproporzione. Quando un soggetto viene condannato per determinati reati e possiede beni o denaro di valore sproporzionato e di cui non può dimostrare la provenienza lecita, tali beni possono essere confiscati. Questa pronuncia sottolinea come gli strumenti di aggressione ai patrimoni illeciti siano efficaci e applicabili anche nei contesti dei riti alternativi, garantendo che il sistema giudiziario possa colpire non solo la persona del reo, ma anche i frutti delle sue attività criminali.
È possibile contestare la qualificazione giuridica di un reato in Cassazione dopo un patteggiamento?
No, il provvedimento stabilisce che in relazione a una sentenza di applicazione pena (patteggiamento) non sussistono i presupposti per contestare la qualificazione giuridica del reato.
Perché è stata confermata la confisca del denaro?
La confisca del denaro è stata confermata perché la somma è stata ritenuta sproporzionata rispetto alle fonti lecite di guadagno del ricorrente, giustificandone il sequestro ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo che il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46507 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46507 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/04/2024 del GIP TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata;
ritenuto che il ricorso è infondato, avente ad oggetto sentenza di applicazione pena in relazione alla quale non sussistono i presupposti per contestare la qualificazione giuridica del reato, mentre, per quanto concerne la confisca, si rileva che la motivazione è immune da censure avendo ad oggetto, oltre alla sostanza stupefacente, anche una somma di denaro ritenuta sproporzionata rispetto alle fonti lecite di guadagno del ricorrente e, quindi confiscata ex art. 240-bis cod. pen.;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 novembre 2024
Il Consigliere este COGNOME
re COGNOME
La Presidente