Confisca Denaro Illecito: Quando la Mancata Prova di Origine è Decisiva
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di confisca denaro illecito, chiarendo le condizioni che la rendono legittima. La decisione sottolinea come, in determinate circostanze, l’onere di dimostrare la provenienza lecita delle somme di denaro ricada direttamente su chi ne ha la disponibilità. Analizziamo nel dettaglio questa pronuncia per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: Il Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale. La sentenza impugnata aveva disposto la confisca di una determinata somma di denaro. Il ricorrente ha sollevato due motivi di ricorso, entrambi incentrati sulla presunta illegittimità della misura ablatoria, sostenendo che fosse infondata.
La Decisione della Corte sulla Confisca Denaro Illecito
La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati ‘manifestamente infondati’, dichiarando di conseguenza il ricorso stesso inammissibile. Secondo gli Ermellini, la decisione del GIP era correttamente motivata. La Corte ha confermato che la confisca denaro illecito in questo specifico contesto è una misura pienamente legittima, anche in assenza di un precedente sequestro preventivo. La condanna del ricorrente è stata quindi confermata, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni Giuridiche della Pronuncia
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione e nell’applicazione combinata di due norme fondamentali: l’art. 85-bis del d.P.R. 309/90 (Testo Unico Stupefacenti) e l’art. 240-bis del codice penale (Confisca in casi particolari). La Cassazione ha evidenziato che la motivazione della confisca era corretta perché si basava sul presupposto normativo che inverte l’onere della prova. Non è l’accusa a dover dimostrare l’origine illecita del denaro, ma è il soggetto che lo possiede a doverne provare la provenienza lecita. La mancata fornitura di tale prova rende la confisca una conseguenza diretta e legittima.
Un altro punto cruciale chiarito dall’ordinanza è che la confisca non deve essere necessariamente preceduta da un sequestro preventivo. Si tratta di due istituti distinti: il sequestro è una misura cautelare, mentre la confisca è una misura sanzionatoria definitiva. La sua applicazione, quindi, non dipende dall’adozione di precedenti misure cautelari sui beni.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
La pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. L’insegnamento pratico che se ne trae è netto: chiunque si trovi in possesso di somme di denaro di cui non è in grado di giustificare la legittima provenienza, specialmente in contesti legati a specifici reati, rischia di subirne la confisca. Questo principio rappresenta un potente strumento di contrasto all’accumulazione di ricchezza di origine criminale, semplificando l’azione dello Stato nel recupero di capitali illeciti. La decisione ribadisce che la trasparenza sull’origine dei propri beni è un dovere la cui inosservanza può avere conseguenze patrimoniali molto gravi.
È sempre necessario un sequestro preventivo prima che il giudice possa disporre la confisca di una somma di denaro?
No, l’ordinanza chiarisce che la confisca disposta ai sensi dell’art. 85-bis d.P.R. 309/90 e 240-bis c.p. non richiede un precedente sequestro preventivo dei beni, in quanto si tratta di una misura sanzionatoria autonoma.
Su chi ricade l’onere di provare la provenienza del denaro in casi di confisca come quello esaminato?
L’onere della prova ricade sulla persona a cui il denaro è stato confiscato. È quest’ultima che deve dimostrare in modo convincente la provenienza lecita delle somme in suo possesso.
Qual è la conseguenza se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, come stabilito in questo caso, la condanna definitiva del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34126 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34126 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POMPEI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/04/2025 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
• OSSERVA
Ritenuto che i due motivi di ricorso, entrambi sulla disposta confisca delle somme di denaro, sono manifestamente infondati in quanto risulta correttamente motivato il gWO presupposto – in base al rinvio operato dalla previsione dell’art. 85-bis d.P.R. n. 309/90 all’art. 240-bis cod. pen. – relativo alla mancata prova della provenienza lecita delle somme in questione e non necessitando un precedente sequestro preventivo a riguardo;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ammende. in favore della Cassa delle
Così deciso il 26.9.2025