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Confisca denaro e spaccio: quando non è legittima

La Corte di Cassazione ha annullato la confisca di una somma di denaro trovata nell’abitazione di un soggetto condannato per detenzione di stupefacenti. La sentenza stabilisce che per procedere alla confisca del denaro, non è sufficiente presumere che esso derivi da un’generica attività di spaccio, ma è necessario dimostrare un nesso causale diretto con il reato specifico per cui è stata emessa la condanna. In assenza di tale prova, la confisca denaro è illegittima.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro e Reati di Droga: la Cassazione Fissa i Paletti

La lotta al traffico di stupefacenti passa anche attraverso misure patrimoniali aggressive, come la confisca denaro ritenuto provento di attività illecite. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5500/2024) ha ribadito un principio fondamentale: per confiscare una somma di denaro, non basta che questa sia trovata in possesso di un soggetto condannato per droga, ma è indispensabile provare un legame diretto tra quel denaro e lo specifico reato contestato. Vediamo nel dettaglio il caso e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e Sequestro di Denaro

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Genova, che aveva applicato una pena a un individuo per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (nello specifico, 25 ovuli di cocaina/crack). Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, il Tribunale aveva disposto la confisca sia della droga sia di una somma di quasi 2.400 euro, rinvenuta nell’abitazione dell’imputato.

La difesa ha impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione, contestando unicamente la legittimità della confisca della somma di denaro. La tesi difensiva era chiara: il Tribunale non aveva dimostrato che quel denaro fosse il provento specifico del reato di detenzione per cui l’imputato era stato condannato.

Il Principio della Cassazione sulla Confisca Denaro

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza limitatamente alla confisca del denaro e rinviando il caso al Tribunale di Genova per un nuovo giudizio sul punto. I giudici supremi hanno sottolineato che può essere oggetto di confisca solo il prodotto o il profitto del reato per cui è intervenuta una condanna, e non di altre ipotetiche condotte illecite.

Il Tribunale di merito aveva giustificato la confisca affermando che la somma fosse “riconducibile all’attività di spaccio”, dato che l’imputato non aveva un’occupazione lavorativa che potesse giustificarne il possesso. Secondo la Cassazione, questo ragionamento è errato. Esso collega il denaro a una generica e non provata attività di spaccio, ma non al reato specifico di detenzione contestato. Per il reato di detenzione, il denaro non costituisce né un profitto diretto né il prezzo dell’illecito.

Le Motivazioni Giuridiche: Nesso Causale tra Reato e Profitto

La sentenza approfondisce la distinzione cruciale tra profitto, prodotto e prezzo del reato. Ai sensi dell’art. 240 del codice penale, la confisca è obbligatoria per le cose che costituiscono il prezzo del reato. Tuttavia, per il reato di detenzione di stupefacenti, il denaro trovato non è automaticamente il profitto, poiché il vantaggio economico non deriva dalla semplice detenzione, ma da un’eventuale e successiva cessione.

Per poter confiscare il denaro come ‘prezzo’ del reato di detenzione, l’accusa avrebbe dovuto provare che quella somma era il corrispettivo ricevuto da terzi specificamente per l’attività di detenzione, una circostanza molto particolare e non emersa nel caso di specie. La Corte ha chiarito che non si possono confiscare somme che potrebbero essere il ricavato di precedenti cessioni non contestate o destinate a futuri acquisti di droga. Deve esistere un collegamento eziologico diretto e provato tra il denaro e il reato per cui si procede. Mancando questa prova, la confisca denaro diventa illegittima.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza un importante principio di garanzia nel diritto penale. La mera presenza di denaro contante, anche se in possesso di una persona senza un lavoro stabile e condannata per un reato di droga, non è di per sé sufficiente a giustificarne la confisca. L’autorità giudiziaria ha l’onere di dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, che quella specifica somma è il frutto diretto del reato per il quale è stata pronunciata la condanna. In caso contrario, si configurerebbe una sanzione patrimoniale basata su un sospetto e non su una prova, violando i principi fondamentali del nostro ordinamento.

Il denaro trovato in casa di una persona condannata per detenzione di stupefacenti può essere sempre confiscato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la confisca del denaro è legittima solo se viene provato un collegamento diretto e immediato tra la somma e lo specifico reato di detenzione per cui è avvenuta la condanna. Non è sufficiente che il denaro sia genericamente ‘riconducibile all’attività di spaccio’.

Qual è la differenza tra ‘profitto’ e ‘prezzo’ del reato ai fini della confisca?
Il ‘profitto’ è il vantaggio economico che deriva direttamente dal reato commesso. Nel caso della detenzione di droga, il denaro non è un profitto diretto. Il ‘prezzo’ è il corrispettivo ricevuto per commettere il reato. Il denaro può essere considerato ‘prezzo’ solo se si dimostra che è stato pagato da terzi per la detenzione della sostanza.

Perché la Corte ha annullato la sentenza solo riguardo alla confisca del denaro?
La Corte ha annullato la sentenza solo in quella parte perché il motivo del ricorso riguardava unicamente la legittimità della confisca del denaro. La condanna per il reato di detenzione di stupefacenti non è stata messa in discussione e rimane valida. Il caso è stato rinviato al Tribunale di Genova per un nuovo giudizio solo su questo punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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