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Confisca denaro e spaccio: quando è illegittima?

Un uomo viene condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio e resistenza a pubblico ufficiale. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26270/2024, annulla la confisca del denaro trovato in suo possesso. La Corte stabilisce un principio fondamentale: in assenza di una condanna per vendita, la mera detenzione di droga non giustifica la confisca denaro, poiché manca la prova che la somma sia il provento diretto del reato contestato.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro e Detenzione di Stupefacenti: La Cassazione Fissa i Paletti

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 26270 del 2024, interviene su un tema delicato e frequente: la confisca denaro in relazione ai reati di droga. La decisione stabilisce un principio di garanzia fondamentale: non si può confiscare automaticamente il denaro trovato in possesso di una persona accusata di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio se non si prova che quella somma è il diretto provento del reato. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello per due reati: detenzione di sostanze stupefacenti per finalità di spaccio (in una forma di lieve entità) e resistenza a pubblico ufficiale. Oltre alla pena detentiva, i giudici di merito avevano disposto la confisca di una somma di denaro rinvenuta nella sua disponibilità.

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra il reato di spaccio e quello di resistenza.
2. L’illegittimità della confisca del denaro, sostenendo che, essendo l’accusa di mera detenzione e non di vendita, mancava il nesso tra il denaro e il reato contestato.

La Questione del Reato Continuato

Sul primo punto, la Cassazione ha respinto il ricorso. Secondo i giudici, per configurare un reato continuato non è sufficiente una generica tendenza a delinquere o una semplice vicinanza temporale e spaziale tra i reati. È necessaria la prova di un’unica programmazione criminale, deliberata ab origine. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la resistenza a pubblico ufficiale non fosse parte di un piano prestabilito, ma piuttosto il frutto di un “autonomo e improvviso impulso” dell’imputato di sottrarsi al controllo delle forze dell’ordine. Pertanto, i due reati sono stati considerati episodi distinti.

L’Analisi della Confisca Denaro e la Decisione della Corte

Il punto focale della sentenza riguarda il secondo motivo di ricorso, che la Corte ha invece accolto. La questione era se fosse legittima la confisca denaro per un reato di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio, specificamente per l’ipotesi lieve prevista dal comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. 309/90.

La Suprema Corte ha chiarito che in questi casi la confisca può avvenire solo ai sensi dell’art. 240, comma 1, del codice penale. Questa norma permette di confiscare le cose che costituiscono lo strumento, il prodotto, il profitto o il prezzo del reato. La confisca estesa (prevista dall’art. 240-bis c.p.), che si applica a beni di cui il condannato non sa giustificare la provenienza, è espressamente esclusa per il reato di spaccio di lieve entità.

Le Motivazioni

Il ragionamento della Corte è lineare e garantista. Poiché l’imputato è stato condannato per la detenzione di droga finalizzata allo spaccio, e non per averla venduta, viene a mancare il nesso causale diretto tra il reato accertato e il denaro trovato. In altre parole, la pubblica accusa non ha dimostrato che quel denaro fosse il “provento” di una specifica attività di cessione di stupefacenti. La semplice disponibilità di contanti, pur in un contesto sospetto, non è sufficiente a provare che quella somma sia il frutto del crimine per cui si è stati condannati.

La Corte ribadisce che l’oggetto della confisca deve essere esclusivamente il provento del reato per il quale è intervenuta una condanna, e non quello di altre ipotetiche condotte illecite non accertate nel processo. Di conseguenza, non potendo qualificare il denaro come prezzo o prodotto del reato di detenzione, la sua confisca è stata ritenuta illegittima.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione rafforza un importante principio di legalità e di prova. La confisca denaro non può essere una misura automatica in caso di reati legati alla droga. È onere dell’accusa dimostrare il collegamento diretto tra la somma sequestrata e l’attività criminale specifica oggetto della condanna. Per la sola detenzione, anche se finalizzata allo spaccio, questo collegamento non può essere presunto. La Corte ha quindi annullato la sentenza limitatamente alla confisca, ordinando la restituzione del denaro all’avente diritto.

È sempre possibile confiscare il denaro trovato addosso a chi è accusato di detenzione di droga a fini di spaccio?
No, la sentenza chiarisce che non è automatico. È necessario dimostrare che quel denaro è il provento, il prezzo o il prodotto diretto di un’attività di spaccio, e non solo che la persona lo possedeva mentre deteneva la sostanza.

Cosa si intende per ‘reato continuato’ tra detenzione di droga e resistenza a pubblico ufficiale?
Si intende che entrambi i reati sono stati commessi in esecuzione di un unico piano criminale. In questo caso, la Corte ha stabilito che la resistenza non era pianificata, ma un impulso improvviso per sfuggire al controllo, quindi ha escluso il reato continuato.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la confisca?
La Corte ha annullato la confisca perché l’imputato è stato condannato per ‘detenzione a fini di spaccio’ e non per ‘vendita’. Di conseguenza, non c’era la prova che il denaro trovato fosse il risultato di una cessione di droga, mancando il nesso diretto tra il reato contestato e la somma di denaro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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