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Confisca denaro e patteggiamento: motivazione d’obbligo

La Corte di Cassazione ha annullato la confisca di denaro e di un borsello disposta in una sentenza di patteggiamento per il reato di detenzione di stupefacenti. La Corte ha stabilito che il giudice è sempre tenuto a fornire una congrua motivazione che giustifichi il nesso tra i beni confiscati e il reato contestato, anche in caso di accordo sulla pena. In questo caso, la motivazione era totalmente assente, rendendo illegittima la misura di sicurezza patrimoniale.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro e Patteggiamento: La Cassazione Esige una Motivazione Adeguata

Con la sentenza n. 23521/2025, la Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale nel diritto penale: la confisca del denaro nell’ambito di una sentenza di patteggiamento. La decisione ribadisce un principio fondamentale: anche quando c’è un accordo sulla pena, il giudice non può agire come un mero ratificatore, ma deve motivare in modo specifico e puntuale ogni misura di sicurezza applicata, come la confisca. Il caso in esame riguardava la detenzione di sostanze stupefacenti e ha offerto alla Suprema Corte l’opportunità di chiarire i limiti e le condizioni per sottrarre beni all’imputato.

I Fatti del Caso

Un individuo, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, otteneva una sentenza di patteggiamento per il reato di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. La pena concordata era di due anni, dieci mesi e venti giorni di reclusione, oltre a una multa di 12.000 euro. Il giudice, oltre ad applicare la pena, disponeva la confisca di tutti i beni in sequestro, inclusa una somma di 1.900 euro e un borsello trovati nell’abitazione dell’imputato, ad eccezione dei telefoni cellulari.

La difesa ricorreva in Cassazione, lamentando l’illegalità di tale confisca. Il motivo principale del ricorso era la totale assenza di motivazione nella sentenza: il giudice non aveva spiegato perché quel denaro e quel borsello dovessero essere considerati corpo del reato o profitto derivante dall’attività illecita contestata, che era la sola detenzione e non la cessione di droga.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha affermato che la sentenza di patteggiamento che applica una misura di sicurezza, come la confisca, è sempre ricorribile per cassazione se la motivazione è carente o assente, specialmente quando la misura non era parte integrante dell’accordo tra le parti.

I giudici hanno evidenziato una “vera e propria carenza grafica della motivazione”, sottolineando come il provvedimento impugnato non contenesse alcuna argomentazione a sostegno della confisca. Questo vizio, secondo la Corte, rende illegittima la misura.

Le Motivazioni: la distinzione tra detenzione e cessione ai fini della confisca del denaro

Il punto centrale delle motivazioni della Cassazione risiede nella distinzione tra il reato di “cessione” e quello di “detenzione” di sostanze stupefacenti. La giurisprudenza consolidata ritiene che, nel caso di cessione (spaccio), il denaro trovato in possesso dell’imputato possa essere considerato profitto del reato e quindi confiscato. Il nesso tra il denaro e il reato è, in questo caso, più facilmente presumibile.

Tuttavia, quando l’accusa è di sola detenzione a fini di spaccio, questo automatismo viene meno. Il denaro non può essere automaticamente considerato profitto del reato, poiché la condotta contestata è preparatoria e non si è ancora tradotta in una vendita. In tale scenario, la confisca del denaro è consentita solo se ricorrono le condizioni previste da normative specifiche, come l’articolo 240bis del codice penale (confisca allargata o per sproporzione), che richiede però una dimostrazione del tutto diversa e più complessa. Nel caso di specie, mancava qualsiasi giustificazione che collegasse la somma di 1.900 euro e il borsello alla specifica condotta di detenzione contestata.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza il principio di legalità e il dovere di motivazione del giudice, anche nei procedimenti speciali come il patteggiamento. La confisca del denaro non può essere una clausola di stile o un’appendice automatica della condanna, ma deve essere supportata da un ragionamento logico-giuridico che ne dimostri i presupposti. Per chi è accusato di sola detenzione di stupefacenti, questa decisione rappresenta un’importante tutela: il semplice possesso di denaro non è sufficiente a giustificarne la confisca, ma è necessario che l’accusa (e poi il giudice nella sua motivazione) provi il legame diretto e specifico con l’attività illecita.

È possibile disporre la confisca del denaro in una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma il giudice ha l’obbligo di fornire una motivazione congrua che spieghi il nesso tra il denaro e il reato contestato. Non è sufficiente un ordine generico di confisca di quanto in sequestro, specialmente se tale misura non era parte esplicita dell’accordo di patteggiamento.

Perché la motivazione sulla confisca è stata considerata carente in questo caso?
Perché la sentenza impugnata presentava una “vera e propria carenza grafica della motivazione”, ovvero non conteneva alcuna ragione o argomentazione che giustificasse il motivo per cui il denaro e il borsello sequestrati dovessero essere confiscati. Il giudice si è limitato a disporla senza spiegarne il fondamento giuridico.

Quale differenza c’è tra “detenzione” e “cessione” di droga ai fini della confisca del denaro?
La differenza è fondamentale. In caso di “cessione” (spaccio), il denaro può essere più facilmente considerato profitto del reato. In caso di sola “detenzione” a fini di spaccio, invece, non c’è questo automatismo. Il denaro trovato può essere confiscato solo se si dimostra un nesso specifico con l’attività criminale o se ricorrono i presupposti di altre norme, come la confisca per sproporzione (art. 240bis c.p.), che non erano state invocate né provate nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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