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Confisca denaro e droga: motivazione obbligatoria

La Corte di Cassazione ha annullato la confisca di denaro disposta nei confronti di un individuo condannato per detenzione di stupefacenti a seguito di patteggiamento. La Suprema Corte ha stabilito che la confisca del denaro è illegittima se il giudice non fornisce una motivazione specifica che dimostri come quella somma costituisca il profitto del reato. Nel caso di semplice detenzione, non essendoci stata una cessione, non si può presumere l’esistenza di un profitto, rendendo la misura ablativa ingiustificata e disponendo la restituzione della somma.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro per Droga: Senza Prova del Nesso, i Soldi Vanno Restituiti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 850/2024) ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reati di droga e misure patrimoniali: la confisca denaro trovato in possesso di una persona accusata di detenzione di stupefacenti non è automatica. Il giudice ha l’obbligo di motivare in modo specifico il perché quella somma sia da considerarsi profitto del reato. In assenza di tale motivazione, la confisca è illegittima e il denaro deve essere restituito. Approfondiamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal G.i.p. del Tribunale di Taranto. Un soggetto era stato condannato per il reato di detenzione di stupefacenti, riqualificato nella fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Oltre alla pena concordata, il giudice aveva disposto la confisca di una somma di 350 euro sequestrata all’imputato.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per Cassazione, contestando unicamente la legittimità della confisca. La difesa ha sostenuto che, per il reato contestato (mera detenzione), la legge consente la confisca solo se il denaro rappresenta il prezzo o il profitto del reato. Nel caso di specie, il giudice non aveva fornito alcuna spiegazione sul perché i 350 euro dovessero essere considerati tali, limitandosi a disporne l’acquisizione da parte dello Stato.

La Decisione della Corte di Cassazione e la confisca denaro

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che, in un procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento), il giudice che dispone la confisca denaro deve giustificare la sua decisione.

Nel caso specifico, il giudice di Taranto aveva implicitamente presunto che la somma sequestrata costituisse il profitto del reato. Tuttavia, questa presunzione non era supportata da alcun elemento concreto né da una spiegazione logico-giuridica. Il reato contestato era la detenzione di stupefacenti, non la loro cessione. Sebbene potessero esserci indizi che la droga fosse destinata alla vendita, un profitto non poteva essersi ancora concretizzato, poiché non era avvenuta alcuna cessione né era stata pattuita una promessa di vendita.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella distinzione tra la detenzione e la cessione di sostanze stupefacenti. Il profitto di un reato è un vantaggio economico direttamente derivante dalla sua commissione. Nel reato di spaccio, il profitto è il guadagno ottenuto dalla vendita. Nel reato di mera detenzione, invece, un profitto non è configurabile, in quanto l’azione illecita si ferma al possesso della sostanza.

La Corte ha specificato che per poter confiscare il denaro, il giudice avrebbe dovuto dimostrare, con una motivazione adeguata, il collegamento diretto tra la somma e un’attività di spaccio (anche pregressa). Non potendo farlo, e dato che il reato contestato era solo la detenzione, la misura ablativa era priva del suo presupposto legale. La mancanza totale di motivazione ha reso la confisca illegittima, portando al suo annullamento.

Conclusioni

La sentenza n. 850/2024 rafforza un importante baluardo di garanzia per l’imputato. La confisca di beni non può essere una conseguenza automatica della condanna, ma deve essere rigorosamente ancorata ai presupposti di legge e supportata da una motivazione esplicita e logica da parte del giudice. Questo principio è ancora più stringente quando si tratta di reati che, come la detenzione di stupefacenti, non implicano necessariamente la produzione di un profitto. La decisione della Cassazione, annullando la confisca e ordinando la restituzione del denaro, ripristina la corretta applicazione della legge, impedendo che una misura patrimoniale si trasformi in una sanzione ingiustificata.

È sempre possibile la confisca del denaro trovato in possesso di chi detiene stupefacenti?
No, non è sempre possibile. Secondo la sentenza, la confisca del denaro è legittima solo se viene dimostrato che esso costituisce il prezzo o il profitto del reato. Per il reato di sola detenzione, non è configurabile un profitto, quindi la confisca non è consentita a meno che non ci sia una motivazione specifica che colleghi il denaro ad attività di spaccio.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la confisca in questo caso specifico?
La Corte ha annullato la confisca perché il giudice di primo grado non ha fornito alcuna motivazione per giustificarla. Il giudice ha implicitamente presunto che il denaro fosse profitto del reato, ma non ha spiegato come, dato che il reato contestato era la mera detenzione e non un’avvenuta cessione di droga.

Cosa significa “annullamento senza rinvio” in questo contesto?
Significa che la Corte di Cassazione ha annullato la parte della sentenza relativa alla confisca in modo definitivo, senza bisogno di un nuovo giudizio sulla questione. Ha quindi ordinato direttamente la restituzione immediata del denaro all’avente diritto, chiudendo la vicenda su quel punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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