Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26821 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26821 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2024 del GIP TRIBUNALE di VARESE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Varese il 6.2.2024 ha applicato ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. a NOME (e ad altri coimputati) la pena concordata con il P.M. in relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, qualificato come violazione dell’art. 73, commi 4 e 5 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso il 27.9.2023; per quanto in questa sede rileva, ha disposto la confisca del denaro in sequestro.
Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite difensore, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione per erronea qualificazione giuridica del fatto e per avere erroneamente ritenuto che il denaro in sequestro costituisse provento dell’attività di spaccio di droga.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla confisca del denaro.
Il motivo sulla qualificazione giuridica del reato è manifestamente infondato, essendo noto che, in sede di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in un accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità (con riferimento all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, cfr. Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272619), come nel caso.
Il motivo avverso la disposta confisca del denaro è, invece, fondato.
È insegnamento tradizionale della Corte di legittimità quello secondo il quale «È illegittima la confisca del denaro disposta ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. pen. con riguardo al reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, non essendo tale denaro il profitto dell’attività illecita posta essere» (così, infatti, ex plurimis, Sez. 3, n. 7074 del 23/01/2013, COGNOME, Rv. 253768; in continuità con la risalente pronunzia di Sez. 6, n. 11722 del 10/04/1990, COGNOME, Rv. 185156, secondo cui «In caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., il denaro sequestrato ad imputato di reato concernente gli stupefacenti può essere oggetto di confisca soltanto se costituisca il corrispettivo di condotta criminosa di spaccio o d’altra natura per la quale sia stata pronunciata condanna. Ne consegue che,
qualora l’imputato sia stato ritenuto colpevole esclusivamente di detenzione a fine di spaccio con riguardo soltanto alla quantità di stupefacente sequestratogli, mentre sia sfuggita alla contestazione e, quindi, all’accertamento giudiziale ogni eventuale pregressa attività di cessione, cui ricondurre, quale corrispettivo, la somma sequestrata, la confisca della somma stessa non può essere disposta»).
Ebbene, nel caso in disamina la contestazione non riguarda il reato di spaccio di stupefacenti, bensì quello di illecita detenzione di droga, di talché appare erroneo il richiamo del Tribunale all’art. 240 cod. pen. per giustificare la confisca del denaro rinvenuto in possesso dell’imputato, che non può presentare alcun nesso di pertinenzialità con il reato oggetto di imputazione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca del denaro e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Varese. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso il 12 giugno 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente