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Confisca denaro e detenzione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di patteggiamento limitatamente alla confisca di una somma di denaro. Il caso riguardava un soggetto accusato di sola detenzione di stupefacenti, a cui erano stati confiscati 3.700 euro. La Corte ha stabilito che, per la confisca denaro ai sensi dell’art. 240 c.p., è necessario un nesso di derivazione diretta tra il denaro e il reato contestato. Poiché la mera detenzione non produce un profitto, tale confisca era illegittima. Tuttavia, la Corte ha rinviato il caso al Tribunale per valutare l’applicazione della nuova ‘confisca per sproporzione’ (art. 85-bis d.P.R. 309/90), applicabile retroattivamente in quanto misura di sicurezza.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro per Detenzione di Stupefacenti: Quando è Legittima?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22678 del 2024, torna su un tema di grande attualità e complessità: la confisca denaro trovato in possesso di chi è accusato di detenzione di sostanze stupefacenti. La pronuncia offre chiarimenti fondamentali sulla differenza tra la confisca del profitto del reato e la cosiddetta ‘confisca per sproporzione’, soprattutto alla luce delle recenti modifiche legislative. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Messina. Un imputato, accusato del reato di detenzione di sostanze stupefacenti (art. 73, comma 4, d.P.R. 309/90), si vedeva applicare una pena detentiva e pecuniaria. Oltre a ciò, il giudice disponeva la confisca di una somma di 3.700,00 euro, sequestrata all’imputato, ritenendola provento dell’attività di spaccio.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, contestando proprio la legittimità della confisca. La tesi difensiva era chiara: il reato contestato era la mera detenzione e non lo spaccio. Pertanto, mancava il cosiddetto nesso di pertinenzialità tra il denaro e il reato per cui era stata applicata la pena. Anche ammettendo che il denaro provenisse da precedenti vendite, non poteva essere considerato profitto del reato di detenzione contestato nel procedimento.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla confisca denaro

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione sulla confisca del denaro. Tuttavia, non ha disposto la semplice restituzione della somma, ma ha rinviato la questione al Tribunale di Messina per una nuova valutazione.

La Corte ha distinto due possibili basi giuridiche per la confisca del denaro in questi casi: la confisca ‘classica’ del profitto del reato (art. 240 c.p.) e la ‘confisca per sproporzione’ o ‘allargata’ (art. 240-bis c.p., richiamato in materia di stupefacenti dall’art. 85-bis d.P.R. 309/90).

La Confisca del Profitto del Reato (Art. 240 c.p.)

La Cassazione ribadisce un principio consolidato: la confisca del profitto è possibile solo se esiste un nesso di derivazione causale diretto e immediato tra il reato oggetto del giudizio e la somma di denaro. Nel caso di specie, il reato contestato era la detenzione di stupefacenti, una condotta che, di per sé, non genera un profitto economico. Il profitto deriva dalla cessione (spaccio), che però non era stata contestata all’imputato. Pertanto, la confisca disposta dal GIP ai sensi dell’art. 240 c.p. era illegittima.

La Nuova Frontiera della Confisca per Sproporzione

Qui la sentenza si fa particolarmente interessante. La Corte evidenzia che una recente modifica legislativa (D.L. 123/2023) ha esteso l’ambito di applicazione della confisca per sproporzione anche ai reati di lieve entità in materia di stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90).

Questa forma di confisca ha presupposti diversi: non richiede la prova che il bene sia profitto del reato, ma si basa su tre elementi:
1. Una condanna (o un patteggiamento) per uno dei reati-spia previsti dalla legge.
2. La disponibilità di denaro o beni per un valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta.
3. La mancata giustificazione della lecita provenienza di tali beni da parte del condannato.

La Cassazione chiarisce che la confisca per sproporzione ha natura di misura di sicurezza patrimoniale e non di sanzione penale. Questa distinzione è cruciale perché, secondo l’art. 200 c.p., le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al momento della loro applicazione. Ciò significa che possono essere applicate retroattivamente a fatti commessi prima dell’entrata in vigore della norma che le introduce, purché tale norma sia vigente al momento della sentenza di primo grado.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra i due tipi di confisca. Era errato applicare la confisca del profitto del reato (art. 240 c.p.) perché la condotta di detenzione non genera profitto. Tuttavia, al momento dell’emissione della sentenza di primo grado (7 febbraio 2024), era già in vigore il nuovo testo dell’art. 85-bis d.P.R. 309/90, che permette la confisca per sproporzione anche per il reato contestato all’imputato.

Il giudice di primo grado, quindi, avrebbe dovuto valutare se sussistessero i presupposti per quest’altra tipologia di confisca: ovvero, verificare se la somma di 3.700 euro fosse sproporzionata rispetto ai redditi dell’imputato e se quest’ultimo fosse in grado di giustificarne la lecita provenienza. Poiché questa valutazione non era stata fatta, la Cassazione ha annullato la confisca con rinvio, incaricando il Tribunale di Messina di compiere questo accertamento alla luce dei principi enunciati.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per la gestione della confisca denaro nei procedimenti per reati di droga. Si conferma che non è possibile una confisca ‘automatica’ del denaro trovato su chi detiene stupefacenti, se non viene contestato e provato lo spaccio. Al contempo, si apre la porta all’applicazione della confisca per sproporzione, anche retroattivamente, a condizione che la legge sia in vigore al momento della decisione. Questo sposta l’onere della prova: non è più solo l’accusa a dover dimostrare il nesso tra denaro e reato, ma è anche il condannato a dover giustificare la provenienza lecita di beni sproporzionati rispetto al proprio reddito.

È possibile confiscare denaro a una persona condannata solo per detenzione di stupefacenti e non per spaccio?
No, non è possibile applicare la confisca del profitto del reato (art. 240 c.p.) perché la mera detenzione non genera un profitto economico. Tuttavia, è possibile valutare l’applicazione della confisca per sproporzione se il denaro è di valore sproporzionato rispetto al reddito del condannato e non ne viene giustificata la lecita provenienza.

Che cos’è la confisca per sproporzione?
È una misura di sicurezza patrimoniale che permette di confiscare denaro, beni o altre utilità di cui un condannato per specifici reati ha la disponibilità, se il loro valore è sproporzionato al suo reddito e se non ne giustifica la legittima provenienza. Non è necessario provare che tali beni siano il diretto profitto del reato per cui si è stati condannati.

Una nuova legge che introduce la confisca per sproporzione può essere applicata a reati commessi prima della sua entrata in vigore?
Sì. Secondo la Corte, la confisca per sproporzione è una misura di sicurezza e non una sanzione penale. In base all’art. 200 c.p., le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al momento della loro applicazione (cioè al momento della sentenza di primo grado), e quindi possono avere efficacia retroattiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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