Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32873 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
In nome del Popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Sent. Sez. 6   Num. 32873  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/09/2025
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME NOME
– Presidente –
Sent.n.sez.1031/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
UP – 23/09/2025
R.G.N. 17888/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa in data 12 marzo 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette  le  conclusioni  del  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  AVV_NOTAIO  Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di annullare la sentenza impugnata con  riferimento  alla  confisca  del  denaro,  con  rinvio  al  Giudice  per  le  indagini preliminari del Tribunale di Firenze per nuovo esame.
RITENUTO IN FATTO
 Con  la  sentenza  impugnata  il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del Tribunale di Firenze ha applicato a NOME COGNOME ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., riconosciute le attenuanti generiche e applicata la diminuente per il rito, la pena di tre anni di reclusione ed euro 12.000 di multa per il reato di acquisto e
detenzione a fine di spaccio di ottanta ovuli di cocaina, del peso complessivo di grammi 155,79, commesso in Firenze in data 4 febbraio 2025.
Il giudice ha, altresì, disposto la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e a quelle di custodia cautelare in carcere, ha ordinato la confisca e la distruzione della sostanza stupefacente e la confisca della somma di danaro in sequestro.
AVV_NOTAIO, difensore dell’imputato, ha proposto ricorso avverso tale sentenza e ne ha chiesto l’annullamento quanto alla confisca della somma di danaro.
Con unico motivo di ricorso, il difensore ha dedotto la carenza di motivazione su questo punto.
Il  Giudice  per  le  indagini  preliminari,  infatti,  nell’accogliere  la  richiesta  di applicazione della pena su richiesta delle parti, ha disposto la confisca della somma di euro 2.500 in sequestro, senza motivare in alcun modo o, comunque, motivando in modo manifestamente illogico.
Il Giudice, infatti, ha ritenuto in via meramente presuntiva che la somma di danaro sequestrata fosse riconducibile all’attività di spaccio del ricorrente, senza alcuna  prova  in  merito;  l’imputato,  peraltro,  vive  con  la  madre,  titolare  di  un regolare contratto di lavoro.
Il ricorrente è, inoltre, imputato della sola detenzione di sostanza stupefacente a fine di spaccio e nessuna condotta di cessione gli sarebbe stata contestata. Difetterebbe, dunque, la prova della relazione di asservimento tra la somma di danaro sequestrata e il reato accertato, che dimostri la probabilità della reiterazione dell’attività illecita e la pericolosità della res .
L’unica forma di confisca applicabile per il reato di detenzione di sostanza stupefacente a fine di spaccio, peraltro, sarebbe quella c.d. allargata di cui all’art. 240bis cod. pen., ma nessuno dei presupposti di questa fattispecie ricorrerebbe nel caso di specie.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 5 settembre 2025,  il  Procuratore  generale,  NOME  COGNOME,  ha  chiesto  di  annullare  la sentenza impugnata con riferimento alla confisca del denaro, con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze per nuovo esame sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto.
 Con  unico  motivo  di  ricorso,  il  difensore  ha  dedotto  la  carenza  e, comunque,  la  manifesta  illogicità  della  motivazione  quanto  alla  confisca  della somma di danaro.
3. Il motivo è fondato.
Occorre  preliminarmente  rilevare  che  il  ricorso  è  ammissibile,  in  quanto l’eccepita illegalità della confisca, non concordata dalle parti, rientra nell’ambito della impugnabilità con ricorso per cassazione delle sentenze di applicazione della pena delineato dall’art. 448, comma 2bis cod. proc. pen.
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, la sentenza di patteggiamento  che  abbia  applicato  una  misura  di  sicurezza  è  ricorribile  per cassazione nei soli limiti di cui all’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen., ove la misura sia stata oggetto dell’accordo tra le parti, diversamente essendo ricorribile per vizio di motivazione ai sensi della disciplina generale prevista dall’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep.  2020, Savin, Rv. 279348 01).
E’, dunque, ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento che, sull’accordo delle parti, abbia disposto la confisca del denaro quale profitto del reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente, trattandosi di misura di sicurezza illegale ex art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen., in quanto applicata in violazione dei presupposti e limiti stabiliti dalla legge (Sez. 6, n. 2762 del 19/12/2023, dep. 2024, Rv. 285899 – 01, in motivazione, la Corte ha precisato che il danaro nella disponibilità dell’indagato non costituisce profitto riveniente dal reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente e neppure può ritenersi diversamente collegato alla sua commissione).
4. Il motivo è, altresì, fondato.
Il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Firenze  ha,  infatti, motivato la  confisca,  rilevando  che  «il  denaro  era  detenuto  presso  l’abitazione dove si trovava la base dello spaccio, o comunque   lo aveva con sé durante l’attività  criminosa» e che «l’indagato non ha detto alcunché sulla sua provenienza, che si deve qualificare come profitto del reato».
Questa motivazione è, tuttavia, intrinsecamente contraddittoria, in quanto non chiarisce quale tipo di confisca sia stata disposta e non dimostra la sussistenza dei presupposti di legge per procedere all’ablazione della somma predetta.
Ove, infatti, il denaro sia stato ritenuto profitto del reato contestato, come sembrerebbe  indicare  il  riferimento  all’art.  240  cod.  pen.,  il  giudice  non  ha precisato  quali  elementi  siano  dimostrativi  del  nesso  di  pertinenzialità  tra  la
somma di denaro sequestrata e il reato, posto che la contestazione riguarda il reato di acquisto e di detenzione della sostanza stupefacente e non già la sua cessione a fine di spaccio.
Ove, invece, la confisca sia stata disposta ai sensi dell’art. 240bis cod. pen., come sembrerebbe indicare il riferimento operato nella motivazione alla mancata giustificazione della provenienza lecita della somma di danaro sequestrata, manca in radice la motivazione sulla sproporzione tra il denaro e la condizione economica del ricorrente.
4.1. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti previsto dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, può procedersi alla confisca del denaro trovato in possesso dell’imputato soltanto quando sussiste un nesso di pertinenzialità fra questo e l’attività illecita di cessione contestata; ne consegue che non sono confiscabili le somme che, in ipotesi, costituiscono il ricavato di precedenti diverse cessioni di droga e sono destinate ad ulteriori acquisti della medesima sostanza, non potendo le stesse qualificarsi né come «strumento», né quale «prodotto», «profitto» o «prezzo» del reato (Sez. 6, n. 55852 del 17/10/2017, COGNOME, Rv. 272204 – 01).
La  somma  rinvenuta  nella  disponibilità  dell’imputato,  infatti,  anche  ad ammettere che sia provento di spaccio di sostanze stupefacenti, non costituirebbe il  profitto del reato in contestazione, ma di altre, pregresse, condotte illecite di cessione di droga.
Difetta, dunque, il nesso pertinenziale tra il reato ascritto all’imputato e la somma di danaro rinvenuta nella sua disponibilità, che non può essere confiscata, ai sensi dell’art. 240 cod. pen., in quanto tale disposizione consente l’ablazione esclusivamente del profitto del reato per il quale l’imputato è stato condannato e non di altre condotte illecite, estranee alla declaratoria di responsabilità ( ex plurimis : Sez. 4, n. 40912 del 19/09/2016, Ka, Rv. 267900- 01, in motivazione; Sez. 2, n. 41778 del 30/09/2015, COGNOME, Rv. 265247-01, in motivazione).
Parimenti, in relazione al reato di illecita detenzione di sostanza stupefacenti, non è applicabile la confisca, diretta e, in mancanza, per equivalente, delle cose che costituiscono il profitto o il prodotto del reato prevista dall’art. 73, comma 7bis , d.P.R. n 309 del 1990, in quanto non sussiste il necessario nesso tra il denaro oggetto  di  ablazione  e  il  reato  di  mera  detenzione  per  cui  è  affermata  la responsabilità ( ex plurimis : Sez. 4, n. 20130 del 19/4/2022, Donato, Rv. 283248 – 01).
4.2. In relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, il denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato può, dunque, essere sottoposto
a confisca solo nel caso in cui ricorrano le condizioni previste all’art. 240bis cod. pen., applicabile in ragione del rinvio operato dall’art. 85bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 ( ex plurimis : Sez. 4, n. 20130 del 19/4/2022, Donato, Rv. 283248 – 01; Sez. 6, n. 18344  del 12/04/2022,  Bass, non massimata);  condizioni di applicabilità,  che,  nel  caso  di  specie,  dovranno  essere  verificate  dal  giudice  di merito.
Alla stregua di tali rilievi, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla confisca della somma di danaro, rinviando, per nuovo giudizio sul punto, al Tribunale di Firenze, Sezione del Giudice per le indagini preliminari, in diversa composizione soggettiva.
P.Q.M.
Annulla  la  sentenza  impugnata  limitatamente  alla  disposta  confisca  della somma di denaro e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, al Tribunale di Firenze, Sezione Gip, in diversa composizione soggettiva.
Così deciso il 23/09/2025. Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME