LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca denaro detenzione stupefacenti: la Cassazione

La Corte di Cassazione annulla la confisca di denaro disposta nei confronti di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La sentenza chiarisce che per la confisca denaro detenzione stupefacenti è necessario provare un nesso diretto tra la somma e il reato contestato, non essendo sufficiente una mera presunzione. Il semplice possesso di contanti non li qualifica automaticamente come ‘profitto del reato’ di detenzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca denaro detenzione stupefacenti: serve la prova del nesso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in materia di reati legati agli stupefacenti: la legittimità della confisca denaro detenzione stupefacenti. Con questa decisione, la Suprema Corte stabilisce che non è sufficiente trovare del denaro in possesso di una persona accusata di detenzione di droga per poterlo confiscare automaticamente. È necessario, invece, che il giudice fornisca una motivazione rigorosa che dimostri il legame diretto tra quel denaro e l’attività illecita contestata.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale di Firenze. Un uomo veniva condannato a tre anni di reclusione e 12.000 euro di multa per il reato di acquisto e detenzione a fine di spaccio di un’ingente quantità di cocaina. Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, il giudice disponeva la confisca di una somma di 2.500 euro trovata in possesso dell’imputato.

Il Ricorso e la questione sulla confisca denaro detenzione stupefacenti

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, contestando unicamente la parte della sentenza relativa alla confisca del denaro. Il motivo principale del ricorso era la totale carenza di motivazione del provvedimento. Secondo il legale, il GIP aveva presunto, senza alcuna prova, che la somma fosse riconducibile all’attività di spaccio. Si sottolineava, inoltre, che all’imputato era stata contestata solo la detenzione a fine di spaccio e non specifici episodi di cessione. Mancava, quindi, la prova di un “nesso di pertinenzialità” tra il denaro sequestrato e il reato accertato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza limitatamente alla confisca. La Corte ha rinviato il caso al GIP del Tribunale di Firenze per un nuovo esame sul punto, da condursi da un diverso magistrato. La decisione si fonda sulla manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione del primo giudice.

Le Motivazioni: quando è illegittima la confisca denaro detenzione stupefacenti

Il cuore della sentenza risiede nella rigorosa analisi dei presupposti per la confisca. La Cassazione ha chiarito diversi principi fondamentali:

1. Distinzione tra Detenzione e Cessione: Il reato contestato era la detenzione di stupefacenti, non la vendita. Il denaro, per sua natura, non può essere il “profitto” del reato di detenzione. Può, al limite, essere il profitto di precedenti e separate attività di spaccio, ma queste non erano state contestate all’imputato. Pertanto, confiscare quel denaro come profitto del reato di detenzione è un errore giuridico.

2. Necessità del Nesso di Pertinenzialità: Per poter disporre la confisca ordinaria (ai sensi dell’art. 240 c.p.), il giudice deve dimostrare con elementi concreti il legame diretto tra il bene (il denaro) e il reato per cui si procede. Una motivazione basata su mere presunzioni, come “il denaro era detenuto presso l’abitazione dove si trovava la base dello spaccio”, non è sufficiente.

3. Confisca Allargata (art. 240-bis c.p.): La Corte ha osservato che un’altra via per la confisca avrebbe potuto essere quella “allargata” o per sproporzione. Questa misura, però, richiede presupposti specifici: la condanna per determinati reati (tra cui la detenzione di stupefacenti), la sproporzione tra i beni posseduti e il reddito dichiarato, e l’impossibilità per l’interessato di giustificarne la provenienza lecita. Nel caso di specie, il GIP non aveva svolto alcuna indagine o motivazione su questi aspetti.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: i provvedimenti ablativi, come la confisca, non possono basarsi su automatismi o presunzioni. Il giudice ha l’obbligo di motivare in modo puntuale e rigoroso, dimostrando il legame effettivo tra il bene e il reato. Nel contesto della confisca denaro detenzione stupefacenti, il semplice rinvenimento di contanti addosso a un soggetto indagato non basta a giustificarne l’acquisizione da parte dello Stato, se non viene provato che quella somma è il diretto provento dell’attività illecita contestata nel capo d’imputazione.

È possibile confiscare il denaro trovato addosso a una persona accusata solo di detenzione di droga a fini di spaccio?
No, non se il denaro viene qualificato come “profitto del reato”. La Cassazione chiarisce che il denaro non può essere considerato il profitto del reato di detenzione. Potrebbe essere il provento di precedenti cessioni, ma queste devono essere specificamente contestate e provate.

Perché la motivazione del giudice di primo grado sulla confisca è stata ritenuta insufficiente?
Perché era contraddittoria, illogica e basata su mere presunzioni. Il giudice non ha dimostrato il nesso di pertinenzialità tra la somma di denaro e il reato di detenzione, né ha verificato se sussistessero i presupposti per altri tipi di confisca, come quella per sproporzione prevista dall’art. 240-bis del codice penale.

Quali sono i presupposti per la confisca del denaro in casi di detenzione di stupefacenti?
La confisca del denaro come profitto del reato (art. 240 c.p.) è possibile solo se si dimostra un legame diretto tra il denaro e l’attività illecita contestata (ad esempio, la cessione). In alternativa, può essere disposta la confisca “allargata” (art. 240-bis c.p.), ma solo se si prova una sproporzione tra i beni posseduti e il reddito del condannato e quest’ultimo non è in grado di giustificarne la provenienza lecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati