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Confisca denaro detenzione stupefacenti: i limiti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7445/2024, ha annullato la confisca del denaro disposta nei confronti di un soggetto condannato per detenzione di stupefacenti di lieve entità. La Corte ha stabilito che, se la contestazione riguarda unicamente la detenzione e non la cessione, il denaro non può essere considerato ‘profitto del reato’ e, pertanto, la sua confisca è illegittima. La decisione chiarisce i limiti di applicabilità della misura ablativa in questi casi.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro Detenzione Stupefacenti: Quando è Illegittima?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha tracciato una linea netta sui limiti della confisca del denaro nei casi di detenzione di sostanze stupefacenti. La pronuncia chiarisce che se l’accusa è limitata alla sola detenzione e non alla cessione (spaccio), il denaro rinvenuto non può essere automaticamente considerato ‘profitto del reato’ e, di conseguenza, non può essere confiscato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Roma. Un individuo veniva condannato per il reato di illecita detenzione di cocaina, un’ipotesi attenuata prevista dall’articolo 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Oltre alla pena concordata, il Tribunale disponeva la confisca della sostanza stupefacente e, punto cruciale della vicenda, anche la confisca e l’acquisizione al patrimonio dello Stato di una somma di denaro trovata in possesso dell’imputato.

Il Ricorso per Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando esclusivamente la legittimità della confisca della somma di denaro. Il motivo del ricorso era chiaro e diretto: mancava il cosiddetto ‘nesso di pertinenzialità’ tra la condotta contestata (la semplice detenzione) e il denaro sequestrato. Secondo la difesa, né l’articolo 240 del codice penale sulla confisca ordinaria, né le norme speciali in materia di stupefacenti potevano giustificare tale provvedimento, poiché non era stata provata alcuna attività di spaccio da cui quel denaro potesse provenire.

La Confisca del Denaro e la Distinzione tra Detenzione e Cessione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: il denaro può essere considerato ‘profitto’ del reato solo se deriva da un’attività di cessione di sostanze stupefacenti. Se, come nel caso di specie, la contestazione riguarda esclusivamente la detenzione per uso personale o comunque senza prova di spaccio, il denaro non rappresenta il ricavato dell’attività illecita. La sua confisca, pertanto, diventa illegittima in quanto priva di fondamento giuridico.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni precise. In primo luogo, ha definito ‘apparente’ la motivazione del Tribunale, in quanto non spiegava adeguatamente le ragioni fattuali e giuridiche a sostegno della misura ablativa.

In secondo luogo, ha richiamato precedenti sentenze che distinguono nettamente tra ‘prezzo’ e ‘profitto’ del reato. Il denaro può essere il profitto ricavato dalla cessione di droga, ma non può esserlo se l’unica condotta contestata è la detenzione. Mancando la prova di un’attività di spaccio, viene meno il presupposto logico e giuridico per qualificare quel denaro come provento di reato.

Infine, la Cassazione ha escluso anche l’applicabilità della cosiddetta ‘confisca per sproporzione’ (prevista dall’art. 240-bis c.p.). Al momento della sentenza di primo grado, la legge (art. 85-bis d.P.R. 309/1990) escludeva esplicitamente questa forma di confisca per il reato di lieve entità. Sebbene una modifica legislativa successiva abbia cambiato le carte in tavola, tale modifica non poteva essere applicata retroattivamente al caso in esame.

Conclusioni

La sentenza in commento rafforza un importante principio di garanzia. La confisca del denaro non è una misura automatica in caso di reati legati agli stupefacenti. È necessario che l’accusa dimostri un collegamento diretto tra il denaro e l’attività illecita di spaccio. In assenza di tale prova, e se la contestazione si limita alla mera detenzione, il sequestro e la successiva confisca di somme di denaro risultano illegittimi. Per questo motivo, la Corte ha annullato la sentenza sul punto, rinviando gli atti al Tribunale di Roma per un nuovo giudizio limitatamente alla questione della confisca del denaro.

È sempre possibile confiscare il denaro trovato a una persona accusata di detenzione di stupefacenti?
No. Secondo la sentenza, la confisca del denaro è legittima solo se viene provato che esso rappresenta il profitto di un’attività di cessione (spaccio). Se l’accusa riguarda esclusivamente la detenzione, non si può presumere che il denaro sia di provenienza illecita e quindi la sua confisca non è permessa.

Perché il denaro non è stato considerato ‘profitto del reato’ in questo caso?
Il denaro non è stato considerato ‘profitto del reato’ perché la condotta contestata all’imputato era unicamente la detenzione di sostanza stupefacente, e non la sua vendita. Il profitto, in questo contesto, deriva dall’atto di cedere la droga in cambio di denaro, un’attività che non era stata provata né contestata.

La confisca ‘per sproporzione’ si può applicare ai reati di lieve entità legati agli stupefacenti?
Al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado, la legge escludeva espressamente l’applicazione della confisca per sproporzione (art. 240-bis c.p.) per il reato di detenzione di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). Sebbene la legge sia stata successivamente modificata, tale modifica non ha effetto retroattivo sul caso specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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